Prologo: Progetto Meganoide
Dalla cima della collina, Joe Shimamura ed i Cyborg 00 guardarono in silenzio l’immensa sfera di fuoco che si espandeva nel cielo. Il tuono, l’onda di calore e lo spostamento d’aria li investirono nonostante la grande distanza. Il loro amico Gandaru, il monaco tibetano noto come “il Messia d’Oriente”, aveva incontrato la sua nemesi. I suoi tre fratelli cyborg si erano fusi in un solo essere. Esteriormente, si trattava di un uomo dallo stesso aspetto di Gandaru, ma la calotta cranica era sormontata da un contenitore trasparente che ospitava un cervello dall’aspetto vagamente umano, ma sovrumano nelle capacità e disumano negli intenti. La parte buona di quell’essere era Gandaru. All’interno del missile in volo, Gandaru aveva chiesto perdono a Dio per l’operato dei suoi fratelli, mentre la sua replica malvagia si ritraeva terrorizzata. Gandaru si era avvicinato e l’aveva stretta a sé. La fusione propagò un’onda psicocinetica che ebbe l’effetto di un’atomica tascabile. Il Professor Gilmoure intuì l’accaduto.
“Professore, Gandaru era a bordo di quel missile…….” disse Joe
“Il Fantasma Nero è stato distrutto dalla sua parte buona. Non siamo stati noi, alla fine” rispose l’anziano scienziato.
“Professore, abbiamo vinto, finalmente?” chiese Albert Heinrich.
Il Professore esitò un’istante prima di rispondere.
Albert lo notò.
“Sembrerebbe di sì……”
Nello stesso istante, in una base sotterranea degli Spettri Neri situata in un punto imprecisato dell’isola di Terranova, i computer del Progetto Meganoide ricevettero il loro codice esecutivo. All’interno della sua capsula di vetro, un cervello positronico completamente privo di memoria e coscienza ricevette i complessi schemi mentali dei tre gemelli. Avrebbe dovuto farlo perdendo solo un po’ di precisione, ma i test sul cervello positronico non erano stati ultimati. Era difficile dire cosa sarebbe accaduto nel caso si fosse tentato il transfer prima. Era difficile dire con certezza quale intelletto il cervello ricevente avrebbe effettivamente ospitato.
Il Progetto Meganoide aveva una leader designata. Una donna cyborg dal corpo perfetto, che in quel momento era sdraiata in un sarcofago di cristallo al centro del laboratorio. La sua pelle nuda era bianca come marmo. I suoi capelli rossi erano folti, lisci e lucenti. Il gioiello al centro della sua fronte si illuminò ed i suoi occhi blu si spalancarono, duri ed intensi, percependo la luce multicolore degli strumenti. Il sarcofago si aprì silenziosamente e la donna, vestita solo dei suoi lunghi capelli rossi, ne uscì e fissò intensamente la capsula di vetro del cervello positronico, animato da un ronzante bagliore bronzeo. La coscienza della donna si risvegliò. Il suo primo pensiero fu per il suo nome. Era nata adulta. Lo conosceva già. Lo sentì pronunciare dentro la sua mente da una voce remota.
“Koros”
Quella parola fu l’interruttore che la attivò. L’essenza dello Spettro nero era in quel cervello positronico. Per prima cosa, quel cervello aveva bisogno di un nuovo corpo.
“Professor Gilmoure, le nostre strade si dividono qui”
“Dottor Haran, si ricordi che la Commissione ha proibito i suoi esperimenti”
“Questo è vero, Professor Gilmoure, grazie a lei!”
“Dottor Haran, io ho già percorso quella strada. Ho già commesso quegli errori. Ho rovinato la vita di nove ragazzi trattandoli come vittime sacrificali sull’altare del falso progresso. Lei ha un grande talento, Dottor Haran……..mi ricorda come ero un tempo. Io vorrei che lei parlasse con i cyborg della mia squadra, che acoltasse le loro storie…..”
“Lei ha solo realizzato quelle tecnologie, senza abbracciare grandi sogni, ed ora vuole alleggerirsi la coscienza impedendo ad altri di “sbagliare”, come dice lei. Lei ha sbagliato per primo, quindi non mi giudichi!”
“Dottor Haran, si ricordi che l’essere umano non migliora solo perché gli si aumentano le prestazioni artificialmente. Non identifichi il progresso solo con la tecnologia!”
“Già, aspettiamo i comodi dell’evoluzione, e magari fra un milione di anni saremo migliori. Ed intanto continuiamo a soffrire, invecchiare, rimbecillire e morire solo perché Dio, o il destino o chissà cos’altro ha voluto così! Continuiamo a confortarci reciprocamente nella nostra rassegnazione da pecore. Io non lo accetto, sono stanco dei limiti dell’essere umano! Professore, abbiamo a portata di mano le tecnologie per superarli…..”
“Dottor Haran, ribadisco che queste ricerche adesso sono proibite. Cosa intende fare?”
“Non devo parlarne più con lei!” sbottò il Dottor Haran.
Il Professor Glimoure lo guardò allontanarsi, perplesso.
Il Dottor Haran salì in macchina, sbattè la portiera e partì.
Joe e Françoise si avvicinarono al Professore.
“Non se la prenda per quel fanatico, Professore” gli disse Joe.
“Peccato, però. Quell’uomo è un vero genio”
“Non ha equilibrio” disse Françoise “Parla come se fosse un messia. Ha dimenticato di essere un uomo come gli altri. Se il Fantasma Nero avesse fatto a lui ciò che ha fatto a noi e a molti altri…….”
“Ciò che io ho fatto a voi…….” La interruppe il Professore “In fondo forse ha ragione…ho davvero il diritto di giudicarlo?”
“Professore, non rivanghi il passato che ci siamo lasciati alle spalle.” replicò Françoise “Avete agito bene. Se nessuno combatte questi modi di pensare, il Fantasma Nero potrebbe tornare sotto altro nome.”
“Françoise ha ragione” aggiunse Joe “Vi siete riscattato dal vostro passato, e continuerete a riscattarvi ogni volta che vi batterete contro il modo di pensare che genera uomini come i Fantasmi Neri”
Quando il Dottor Haran rientrò nella sua stanza d’albergo ed accese la luce, ebbe modo di sobbalzare dalla paura.
“Chi siete!?” gridò alla donna in abito da sera comodamente seduta in poltrona.
“Calmatevi e…….se siete armato, non uccidetemi per favore……perdereste la vostra grande occasione”
“Come siete entrata! Che volete…..” il dottor Haran era in collera, al punto che Koros ritenne opportuno addolcire i toni.
“Perdonatemi, Dottor Haran, e permettetemi di presentarmi. Non sono una squillo. Il mio nome è Koros, ed ho il controllo di un’azienda che forse avrete sentito nominare…..la Neurobyte Mars Corporation”
“Ed ha l’abitudine di condurre le sue trattative con metodi così furtivi?”
“Dottor Haran, questa procedura non ortodossa è giustificata dall’enormità della posta in gioco……….noi abbiamo bisogno del suo genio, abbiamo interesse a farle completare le sue ricerche….”
Il Dottor Haran entrò e chiuse la porta.
“Come posso fidarmi di una sconosciuta?”
“Sarà sufficiente che venga a trovarci direttamente alla nostra sede di Toronto, Dottor Haran.”
“Se siete così ben informati su di me, saprete anche che queste ricerche sono state vietate”
“Certo, ma solo nelle università, e la commissione che le ha bandite non ha giurisdizione su Marte. Se però un privato le finanziasse su Marte, con la debita discrezione……….non ci sarebbero problemi”
“Cosa guadagnerei ad aiutarla?”
“Tutto quello che l’ingratitudine e l’invidia dei suoi colleghi non le hanno permesso di avere qui, sulla Terra…….ed anche di più…….Dottor Haran…….. i miei obiettivi non sono solo economici, sapete? Anche io sono alla ricerca di una razza superiore. Non sono solo un’amministratrice d’azienda…”
“Che altro siete?”
Koros si alzò fissandolo e si avvicinò sinuosa come un cobra.
“Una donna che ha il coraggio e la passione per abbracciare i suoi sogni, dottor Haran”
Lo disse poggiandogli morbidamente una mano sulla spalla e tenendo le labbra rosse ad un tiro di bacio. Il suo profumo era inebriante come una droga.
Ivan si svegliò e pianse. Dormiva da dieci giorni, ormai. Françoise entrò nella stanza senza accendere la luce. Con la sua vista potenziata, non le occorreva. Vide il piccino galleggiare nell’aria sopra la culla grazie alla telecinesi. Il bimbo percepì la presenza della ragazza, e fluttuò verso di lei. Françoise lo prese in braccio e si sedette, continuando a cullarlo. Ivan le parlò, senza usare la voce. Françoise tenne gli occhi chiusi. Sentì la manina del bimbo stringerle la punta dell’indice. La mano di Ivan era delicata come una piuma. Pace e calore invasero l’animo di Françoise, che aprì gli occhi e non si meravigliò quando si rese conto di essere seduta nell’ozio di un grande prato color smeraldo, vicino ad un fresco ruscello argentato. In lontananza, nella campagna che si stendeva a perdita d’occhio, distinse un campanile. La giornata era splendida. Era la campagna francese, intorno al paese ove, ragazzina, aveva spesso trascorso le vacanze estive. In quel paesino all’orizzonte c’era la casa dei suoi nonni, e, se l’avesse raggiunto, avrebbe rivisto i suoi genitori e suo fratello….ma sapeva che quell’immagine era uno dei suoi ricordi, ed era Ivan ad averlo scelto come sfondo per il loro incontro extrasensoriale. Françoise gli permetteva di farlo. Era felice di rivivere quelle esperienze. Ivan aveva aperto gli occhi e la guardava.
“Ivan, perché siamo qui?”
Il piccolo taceva.
“Ivan……perché non dici nulla….non farmi preoccupare, cosa c’è?”
“Françoise…….ho paura…….”
“Di cosa, Ivan?”
“I Gemelli………per un istante li ho percepiti”
Françoise si sentì gelare.
“Dio mio, Ivan…….perché non ci hai avvertito subito?”
“Stavo dormendo, Françoise……..ho paura, mammina, li ho sentiti fusi in una sola mente…orribile….”
“Ma…..come puoi esserne sicuro……stavi dormendo…….se fosse solo un sogno?”
“Temo di no” disse una tenorile voce di adulto con pacata dolcezza.
Françoise alzò lo sguardo.
Un giovane monaco calvo in abito talare buddhista la guardava con affetto.
Per lo stupore Françoise articolò le sillabe di quel nome con difficoltà.
“Gandaru!!……G-Gandaru……..come….cosa…..sei davvero tu?….sei vivo…..cosa succede….parlami!!”
Françoise si alzò in piedi e camminò verso di lui, investendolo con un torrente di domande, alle quali il giovane monaco non rispose.
Gandaru continuava a guardarla dolcemente.
Poi, silenziosamente, le lacrime scesero sul viso del giovane monaco, che le diede le spalle e si allontanò.
Françoise fece per seguirlo, chiamandolo, ma all’improvviso il cerchio di luce del sole si fece abbagliante e si espanse fino a coprire tutto il cielo. La ragazza impiegò alcuni istanti per adattare i suoi occhi cibernetici alla variazione di luce e, quando vi riuscì, vide la stanza di Ivan. La luce era stata accesa. Chiamò Gandaru ad alta voce un’ultima volta, con le lacrime agli occhi, ma il ragazzo che la guardava dalla soglia, con la mano ancora sull’interruttore della luce, era Joe.
Il campanello della residenza Tachibana suonò.
Il maggiordomo aprì la porta con deferenza e chiese chi dovesse annunciare.
La donna in abito da sera nero e stola di visone bianca come la sua pelle aspirò un po’ di fumo dal bocchino della sigaretta e con una mano si ravviò delicatamente l’estremità della treccia sciolta di capelli rossi che teneva appoggiata sulla spalla destra. La sua voce era cortese, ma fredda.
“Sono Koros, direttrice operativa della Neurobyte Mars Corporation, e l’uomo che mi accompagna è il Presidente Venner. Abbiamo un’appuntamento con il signor Tachibana.”
“Prego, signori. Vi faccio strada.”
Salirono al piano superiore e percorsero un lungo corridoio.
Incontrarono una ragazza di circa venticinque anni, dalla chioma bionda e dal fisico perfetto. Beauty Tachibana faceva davvero onore al suo nome. Le sue lunghe gambe divaricate sui tacchi a spillo rossi tenevano piacevolmente in tensione la minigonna dello stesso colore. Le mani premute contro i fianchi sottolineavano le dolci curve della sua vita sottile, inguainata in un corpetto rosso che copriva una camicetta di seta bianca dalle lunghe maniche a sbuffo. L’espressione accigliata di Beauty rese vana la cortesia formale del suo saluto. Koros sorrise in modo lievemente beffardo all’antipatia di quella che considerava una bellona senza cervello. La divertiva anche il fatto che il loro progetto sarebbe stato finanziato proprio da chi avrebbe dovuto pentirsene: gli abitanti umani della Terra. Creature che la logica della selezione naturale aveva scelto per l’estinzione.
Beauty aveva un’antipatia istintiva per Koros. Aveva cercato di dissuadere suo padre, un uomo bonario per certi versi, ma facile da convincere ogni volta che gli si facesse intravedere un buon affare, ed in quel momento la Neurobyte gliene aveva fatti intravedere parecchi. La compagnia di navigazione aerospaziale Tachibana, detta “Beauty Company” porpio in suo onore, avrebbe avuto l’esclusiva dei collegamenti con la colonia di Marte, un mercato vergine e destinato ad una grande espansione. In cambio, avrebbe dovuto acquistare azioni della Neurobyte. Tutto perfettamente legale. Tutto troppo bello per essere vero, pensava Beauty, che, contrariamente all’opinione di Koros, sotto le sue apparenze svampite ragionava, ed era anche sospettosa. Quella Neurobyte era saltata fuori all’improvviso. Non le piaceva. A suo padre sì, invece, ed era lui a dover decidere.
Andò in camera sua, si tolse le scarpe, si sdraiò sul letto e rimase a fissare un punto del soffitto, senza vederlo.
Non le piaceva quella gente ma, per il momento, non poteva fare altro che tenere d’occhio la situazione.
L’agente Garrison Tokida assunse un’espressione pensosa quando lesse il rapporto inviato all’Interpol dalla squadra del Professor Gilmoure. Lo Spettro Nero era stato sconfitto con un‘attacco diretto. Era chiaro però che non tutta la sua organizzazione fosse stata distrutta. Alcune installazioni secondarie dovevano essere ancora attive. In effetti, però, era strano che i tre gemelli non avessero previsto una simile eventualità. Garrison ne aveva discusso con il Professore. Un’esercito deve sempre tenere presente la possibilità di una sconfitta. Se non può arrestare il nemico, deve renderne vana la vittoria impedendogli di controllare il territorio che ha invaso attraverso azioni di guerriglia. A questo scopo, deve organizzare una struttura segreta che entri automaticamente in azione secondo piani prestabiliti e continui la guerra con altri metodi. Era strano, per non dire impossibile, che un’organizzazione come il Fantasma Nero, espertissima di tutto ciò che è militare, non avesse pensato ad una struttura “stay-behind”. Garrison sorseggiò con calma il suo the e si lisciò i baffi candidi.
Mentre la squadra del Professor Gilmoure si concedeva un periodo di meritato riposo e manutenzione, l’Interpol, con l’aiuto delle forze armate dei paesi interessati, avrebbe distrutto i resti dello Spettro Nero. In caso di ulteriori strutture segrete, il Cyborg 001, quel prodigioso bimbo cyborg le avrebbe segnalate, come aveva sempre fatto.
Tuttavia, mentre batteva alla tastiera le ultime direttive per le operazioni in corso, Garrison ripensò all’eventualità che neppure 001 riuscisse a smascherare un’eventuale piano di ricostituzione dello Spettro Nero. Le capacità di 001 riuscivano a spingersi su tutta la superficie della Terra. Soltanto la superficie della Terra, però………….ma se il il piano di ricostruzione fosse stato portato nello spazio? Garrison pensò alla colonia su Marte. Poi pensò al Professor Gilmoure. Decise che gliene avrebbe parlato.
Lo Shuttle della “Beauty Company” adagiò il suo carrello metallico sulla terza piattaforma dello spazioporto di Von Braun City. Haran Banjo guardò dal finestrino il lontano profilo della capitale della colonia di Marte. Da lontano, le guglie futuristiche di quella nuova forma di architettura parevano gli enormi pezzi di una partita a scacchi interrotta da due giganti millenni prima. La piattaforma circolare, ricavata all’interno di un cratere meteorico, pareva un’isola in un mare di sabbia rossastra ondulata dal vento. Il cielo era limpido, a causa del clima secco di Marte. La piattaforma scese sotto il livello del suolo mentre due enormi portelli a scorrimento sigillarono il cratere. Una passerella tubolare aderì alla fiancata dello shuttle, permettendo alla famiglia Haran di scendere sulla banchina. Koros li stava aspettando, attorniata da un gruppo di uomini in doppiopetto nero, cortesi ma taciturni. Avevano gli occhi nascosti da occhiali a specchio.
Koros strinse la mano al Dottor Haran, a sua moglie Eyla e a Ded, il fratello di Banjo. Quando fu il momento di stringere quella di Banjo, i loro sguardi si incontrarono come il filo di due spade. Banjo non vedeva di buon occhio quel trasferimento su Marte. Non gli piaceva l’atteggiamento fanatico che il Dottor Haran aveva via via assunto nei confronti dei suoi studi, e soffriva per il modo in cui lui e la sua famiglia venivano trascurati. Era sospettoso riguardo a Koros, e non gli piaceva il fatto che suo padre avesse passato ultimamente con lei quasi tutto il suo tempo……..sicuramente più di quanto ne passasse con sua madre…..e per giunta Koros era bellissima……. Banjo era arrabbiato per il fatto di essere portato quasi a sospettare di suo padre ed anche delle sue ricerche. Quel Gilmoure…….aveva ostacolato le ricerche di suo padre solo per invidia professionale? Appariva la spiegazione più ovvia, e lui, come figlio del Dottor Haran, non avrebbe dovuto dubitarne……ma il cambiamento che aveva notato in suo padre gli faceva percepire una svolta fanatica in quelle ricerche che parevano aver tolto importanza a tutto. Il fatto poi che quello strano personaggio femminile fosse comparso proprio al momento giusto lo insospettiva ancora di più. Suo padre era stato comunque irremovibile. Con o senza di loro, si sarebbe trasferito su Marte.
Koros percepì nella stretta di mano di Banjo un’energia indomabile. Si sorprese di se stessa, rendendosi conto di essersi chiesta per un’istante come si sarebbe sentita tra le sue braccia. Non le era mai capitato di……..Senza fare nulla, quel maledetto ragazzo era riuscito a farla vergognare di sè. Koros si rese conto che Banjo sarebbe potuto diventare un serio problema per i nuovi Fantasmi Neri: i Meganoidi.
“Stai calma Françoise”
La voce di Joe, dolce e profonda, le fece provare il desiderio di abbracciarlo, ma in presenza del Professore e della squadra si trattenne.
Françoise guardò il Professore con i suoi occhi azzurri, resi lucidi dalla commozione. Le sue mani, che teneva raccolte in grembo, tremavano leggermente mentre torturavano il fazzoletto.
“Dimmi Françoise, Gandaru non ti ha detto nulla?”
“Nulla, Professore. Mi guardava in silenzio, piangendo”
“Ivan, quell’immagine mentale non l’hai creata tu, vero?”
“Professore” replicò Ivan “Crede che mi metterei a fare scherzi del genere?”
“Allora come la spieghi?”
“E’ un pensiero inviato da qualcuno”
“Da Gandaru?”
“O da qualcuno che vuole ingannarci, anche se sono certo di avere percepito la stessa aura psichica che ho sempre percepito in Gandaru. Se è stata simulata, si tratta di un lavoro eccellente”
Piunma intervenne, preoccupato.
“Professore, se Gandaru è sopravvissuto, è possibile che anche………”
“Sì, 008”
“Ivan, hai detto di aver percepito anche i tre gemelli. Sei certo anche di questo?”
“Sì, Professore”
I cyborg 00 si resero conto che il loro scioglimento sarebbe stato rinviato.
Il Professor Gilmoure parlò senza esitazioni nella voce.
“007”
Bretagna si fece avanti, con la sua espressione vagamente ironica.
“Sì, Professore”
“Prendi immediatamente contatto con l’agente Garrison Tokida. Fallo con il suo codice persoinale di priorità. Dobbiamo immediatemente concordare con lui le misure da adottare.”
“Professore, prepariamo il Dolphin?” chiese Geronimo
“Affermativo, 005. Dobbiamo vederci chiaro”
Atto primo: Koros si dichiara
“Vieni, Banjo! La cena è pronta. Tuo fratello Ded è già a tavola.”
La dolce e profonda voce da contralto di Eyla Haran si rivolse al ragazzo dal profilo aquilino e dai capelli scomposti che osservava pensoso l’orizzonte di Marte.
Haran Banjo sobbalzò leggermente per la sorpresa.
“Oh, madre, sei tu……io…”
“Sei sempre distratto ultimamente. Ti sei innamorato?”
“Eh?!”
Banjo parve visibilmente imbarazzato. Abbassò lo sguardo appoggiandosi il palmo della mano destra sulla nuca.
“No……io……”
Sorrise debolemente, mentre alzava lo sguardo fino ad incontrare gli occhi cerulei e la chioma bionda di sua madre. Eyla Haran dimostrava meno dei suoi quarantacinque anni. Agli occhi di Banjo era bellissima.
“Perché sei sempre così pensoso ultimamente, Banjo?”
“E’ a causa di papà”
“Ancora con quella storia?”
“Stasera mangerà con noi?”
Banjo vide un’ombra passare sul volto di sua madre.
“No, purtroppo…….le sue ricerche sono così importanti…….”
Banjo parve infiammarsi.
“Più di noi?”
Eyla lo guardò con affetto, ma anche con fermezza. Sapeva che c’era del vero, nelle parole di suo figlio. Anche lei si sentiva trascurata, a volte. Era difficile essere la moglie di un genio, di un uomo che abbraccia progetti molto grandi.
“Banjo, non essere ingrato. Tuo padre ha dei doveri, le sue ricerche….”
“Certo, le sue ricerche……..parla di migliorare l’uomo, di portarlo ad esprimere grandi potenzialità e trascura la sua famiglia….che miglioramenteo può venirne? Dimmi, mamma, cosa pensi di quella donna che collabora con lui, quel cyborg……….Koros mi pare si chiami”
“Una scienziata eccezionale”
“Ed un’esaltata….”
“Non dire così, figlio mio”
Eyla lo abbracciò. Banjo ricambiò il suo abbraccio.
“Mamma, io non accetto il fatto che papà trascuri una donna come te…..”
“Oh, grazie!” Eyla rise un poco “Vieni, andiamo!”
“Papà, non devi! Non fidarti di quell’arpìa”
Beauty perse visibilmente il controllo.
“Io sono il capo, ragazzina!” replicò suo padre.
“Certo, ed io non capisco niente……..”
“Se non ti sta bene puoi cercarti un altro lavoro!”
“Ma sì…..tanto c’è Koros che ti sta vicino. Non devi vendere loro la nostra compagnia!”
“Ma diventerei l’azionista di un impero! E poi Koros è una donna così…….”
“Affascinante? Credi davvero che…..”
“Beh, sai……sono rimasto solo da quando tua madre……ecco, sono padre ma non più marito e, sai com’è….da cosa nasce cosa”
“E tu pensi di poter far colpo su di lei? Avrà trent’anni meno di te, papà. Quella mira solo al tuo pacchetto azionario”
“Non dire così, bambina mia. C’è una certa differenza di età, lo ammetto, ma io sono un tipo giovanile, ho il fascino dell’uomo maturo, certi giorni sembro un ragazzino………”
“Ti rendi conto che potrebbe essere tua figlia?”
“L’amore colmerebbe la differenza di età…..”
“L’amore di chi? Non certo il suo”
“Tu non puoi capire, Beauty……”
“Già” sbottò Beauty “Le bionde non hanno cervello! Ascolta, papà: non credi che sarebbe meglio analizzare a fondo la loro offerta? Prendere informazioni a loro insaputa? Quella gente mi fa paura. Sono misteriosi, macinano troppo denaro. Tutte le loro attività sono su Marte. Non abbiamo mai visto nulla con i nostri occhi, e come se non bastasse le loro ricerche sono dirette dal dottor Haran, quel cibernetico le cui ricerche erano state proibite. Ricordi quel Gilmoure, quello a capo del pool di Cyborg che hanno sempre combattuto con il Fantasma Nero? E’ stato lui ad opporsi al dottor Haran. La comunità scientifica lo aveva bandito e, guarda caso, la tua Koros lo ha subito preso sotto la sua ala protettrice. Ed ora vuol fare altrettanto con te.”
“Quel Gilmoure è una figura controversa, come sai” ribattè il signor Tachibana “e non si sa bene dove li abbia pescati i suoi cyborg. Io so che se non approfittiamo dell’offerta della Neurobyte qualcun altro lo farà. Se lo farò io, la nostra azienda diverrà un’impero, e non ci rinuncerò solo per le tue paure. Beauty, lo sto facendo anche per te! Tieni bene a mente che se non imparerai che gli affari sono affari, e che bisogna rassegnarsi ad un mondo in cui non tutto è giusto, non potrai amministrare un’azienda. Gli idealisti non sanno far soldi”
Beauty lo guardò.
Si rese conto dell’inutilità di semplici rimostranze verbali e decise di agire.
“Papà, voglio seguire quest’affare con te!”
“Così mi piaci, bambina mia!”
“Fammi andare su Marte. Voglio vedere con i miei occhi le attività della Neurobyte per poterti riferire. Voglio trattare io con loro!”
“E va bene! Visita le loro strutture e parla con loro. Poi ritorna e riferiscimi. Farai esperienza e ti tranquillizzerai. Vuoi partire subito?”
Il signor Tachibana riacquistò la sua solita bonomia.
“Prima vorrei prendermi qualche giorno per studiare bene le loro offerte”
“Va bene, prenditi pure due o tre giorni, cara.”
“Okay, papy. Inizio subito. Ciao!”
Il saluto di Beauty mascherava il piano che si faceva strada nella sua mente.
Suo padre era stato imbambolato da Koros. Beauty stentava a riconoscerlo. Quell’arpìa voleva usare suo padre. Intanto, involontariamente o meno, era riuscita a metterli l’uno contro l’altro. Beauty si rese conto di aver bisogno di prove per convincere suo padre. Si rese conto di non poterle raccogliere da sola, ma a chi avrebbe potuto rivolgersi? Un’investigatore privato? O forse…..quel Gilmoure e la sua squadra………loro erano esperti in crimini cibernetici……..chissà che non sospettassero anche loro della Neurobyte.
“Eureka!” pensò Beauty.
Reika Sanyo entrò nella sala da biliardo della sede dell’Interpol.
La villa sulla collina era una copertura, e certi lussi avrebbero dovuto renderla più convincente.
Il colonnello Garrison Tokida era concentratissimo nell’esecuzione di qualche suo colpo magistrale. Reika attese che la boccia venisse scoccata ed i rimbalzi a catena si stabilizzassero in una nuova configurazione del gioco prima di parlare.
“Colonnello….”
“Parla, ragazza”
Reika sorrise, splancando un poco i suoi dolci occhi castani.
“Il Professor Gilmoure per lei, in videoconferenza, colonnello. Pare ci siano novità importanti”
“Arrivo subito”
Il Professor Gilmoure vide l’immagine di Garrison sull schermo al plasma.
“Professore! Felice di sentirla! Mi dica”
“Salve, Garrison. Volevo comunicarle che la signorina Tachibana ha chiesto di vedermi. Mi raggiungerà domani sera”
Negli occhi di Garrison brillò un lampo di comprensione.
“Intende dire Beauty Tachibana?”
“Proprio lei. Ha chiesto il mio aiuto. Pare proprio che la faccendo riguardi Koros ed il Dottor Haran”
“Professore, vorrei che al colloquio prendesse parte uno dei nostri agenti. Posso inviare la signorina Sanyo?”
“Certamente”
“Ah, Professore. Abbiamo verificato le coordinate del rilevamento telepatico di 001. Corrispondono a quelle di un laboratorio sotterraneo nell’isola di Terranova. La struttura era totalmente sepolta, ma, grazie ad un tunnel istantaneo di 006, siamo penetrati facilmente. Era quasi vuoto, ma l’esame microscopico della scientifica ha rivelato una recente rimozione delle attrezzature. La signorina Sanyo le farà avere copia del dossier. Per il momento è tutto. Credo che qualcuno voglia salutarla”
Il viso gioviale di Chang sostituì quello di Garrison.
“Professore!”
“Oh, Chang!”
“State tutti bene?”
“Oh si, certo”
“Come ve la siete cavata in cucina?”
“003 ci ha salvato”
“Ah, che brava! Ci vediamo presto, Professore!”
Lo schermo divenne nero.
L’auto si fermò di fronte alla villa del Professor Gilmoure e spense i fari. La ragazza slanciata ne scese lisciandosi la sottana con le mani e per un’istante fece vagare il suo sguardo sulla cupola del cielo stellato. Inspirò piacevolmente l’aria di mare, si scostò dal volto una ciocca di lunghi capelli castani e si diresse verso la veranda con passo elastico. I suoi stivali fecero crepitare la ghiaia del cortile. La luce della luna era insolitamente intensa.
Chang Chan-Ko scese a sua volta, feliec di essere di nuovo a casa.
Sotto la veranda, un uomo dalla corporatura gigantesca li attendeva immobile. La ragazza distinse il rosso dell’uniforme, ma non il viso, a causa della pelle scura. Doveva trattarsi del pellerossa o di quell’africano capace di respirare sott’acqua. Salì i tre scalini di legno ed alzò lo sguardo sul volto dell’uomo. Era il pellerossa, che le parlò in tono cortese.
“Buonasera! La signorina Reika Sanyo?”
“Sì, signore” replicò Reika con un’inchino di cortesia.
“Felice di conoscerla. Il mio nome è Geronimo. Avete un’appuntamento con il Professor Gilmoure, se non erro.”
“Sì, signor Geronimo”
Geronimo le sorrise.
“Lasci stare il “signor”, signorina Sanyo. Sono Geronimo e basta. Prego, entri! Le faccio strada”
“Bravo Geronimo! Prima le signorine!” sottolineò Chang.
“Chang! Bentornato!”
Reika percepì affetto sincero nella voce del gigante che poggiò amichevolmente le sua grandi mani sulle spalle del piccolo cinese. Aveva creduto che i cyborg potessero essere solo freddi uomini-macchina, ed invece…..
Geronimo le aprì cavallerescamente la porta, e Reika fece il suo ingresso nell’ampio soggiorno.
Una ragazza bionda in uniforme rossa, stivali neri e foulard giallo la salutò cortesemente.
“Buonasera! Lei dev’essere la ballerina!” esclamò Reika.
“Proprio così!” replicò Françoise con un sorriso.
“E siete anche più carina di come vi descrive il vostro dossier”
“Grazie, miss Sanyo. Siete carina anche voi. Vi dona quella piccola arma nel reggicalze”
Reika arrossì un poco.
“Come ha fatto? E’ invisibile ai raggi X….”
“Dovrebbe schermare anche il rumore che fa sfregando contro la seta della biancheria intima, miss Sanyo”
Reika la osservò per un’istante, con approvazione.
Francoise le sorrise.
“Abbiamo superato il suo piccolo test, miss Sanyo?”
“Sì, mademoiselle Arnoul. Siete una squadra preparata. Ce ne sarà bisogno”
Françoise si volse verso una delle porte.
“Tutto a posto 004! Entra pure.”
Albert Heinrich aprì ed entrò. Françoise lo presentò.
“Questo è 004, Albert Heinrich….la signorina Sanyo dell’Interpol”
Albert guardò Reika fissamente, lasciandosi sfuggire un complimento, evento raro con 004. Françoise lo notò.
“Piacere…” rispose Reika, colpita dall’espressione di quel tedesco dall’età indefinibile. Nella sua voce vibrò una leggerissima nota di timidezza. Albert le porse la sua mano metallica e Reika la strinse. Il metallo era duro e freddo, ma la stretta delicata e gentile. Reika ritrasse la mano dolcemente, rendendosi conto di aver prolungato il contatto un poco più a lungo del necessario.
“Il piacere è tutto mio…..” replicò Albert.
A Françoise spiacque intromettersi. Un colpo di fulmine? Magari…..che gioia sarebbe stata per Albert…….ma non era quello il momento.
“Ehm……il Professor Gilmoure la attende miss Sanyo”
“Eh….oh……sì……vengo…..” rispose, scuotendosi un poco, con un delicato rossore sul viso.
Albert in quell’istante riassaporò ciò che aveva quasi dimenticato…….sognare la felicità.
Quando giunse anche Beauty, era notte fonda, ormai. Ora strana per una riunione; ma se la questione era la possibilità di una ricostruzione del Fantasma Nero, non potevano esistere orari inappropriati. Il Professor Gilmoure guardò la silhouette di Françoise stagliarsi in abiti borghesi contro la luce azzurra del grande schermo al plasma. La chioma bionda di Francoise, soffusa di luce turchina , pareva una cascata di acqua azzurra illuminata dall’aurora. Joe era seduto in poltrona, in giacca e cravatta, e sorseggiava un whisky con calma. Pareva pensoso. Osservava Françoise. In quell’istante gli parve bella come non mai. Reika Sanyo guardava la luna. La luce d’argento di quella che per gli antichi greci era Demetra scintillò sulle labbra lucidate di Reika mentre si curvavano in un lieve sorriso di fronte alla belleza del mare e della scogliera. Pensò a quell’uomo dal volto senza età e dallo sguardo profondo……Albert, alla luna, al mare e……
“Che stai facendo, Reika?” disse a se stessa “Ricordati che sei in missione”
Ma il suo cuore le ricordava che era una donna.
Il piccolo monitor sulla scrivania del professore si accese con un piccolo segnale acustico.
Apparve il volto di Geronimo.
“La signorina Beauty Tachibana per lei, professore. Risulta ok alla scansione” disse il pellerossa.
“Falla passare”
Sentirono bussare.
“Avanti!” disse il professore.
Beauty Tachibana entrò, facendo sfolgorare la sua leggendaria bellezza bionda. Fece ticchettare i tacchi a spillo sul parquet e pronunciò un saluto formale, un poco timido.
Il Professore la mise a suo agio.
“Venite avanti, signorina Tachibana. Sono il Professor Gilmoure, e sono felice di fare la sua conoscenza.”
“Ne sono altrettanto lieta” replicò Beauty con una aggraziato cenno del capo.
“Permettetevi di presentarvi il leader della mia squadra, Joe Shimamura”
“Il corridore automobilistico?” esclamò Beauty.
“In persona, signorina Tachibana”
“Chiamami Beauty” fece lei ammiccante. Beauty non perdeva occasione di mostrarsi sensibile alla bellezza maschile.
“Ehm” intervenne il Professore, proseguendo con le presentazioni “La signorina Françoise Arnoux, fidanzata di Joe……”
“Piacere!” esclamò Françoise con un sorriso leggermente adamantino.
Beauty arrossì, pentendosi del suo tentativo di abbordare Joe.
“P-piacere……ahi!” esclamò sommessamente Beauty, quando la stretta di Françoise mise a dura prova le ossa della sua mano.
“……e la signorina Reika Sanyo dell’Interpol”
Reika sorrise soprattutto per non ridere della gaffe di Beauty.
Le due si stinsero la mano e si guardarono per un’istante. Entramebe ebbero una strana impressione. Furono certe che sarebbero divenute amiche ed altrettanto certe che sarebbero divenute rivali.
Beauty fece ondeggiare i suoi lunghi riccioli biondi mentre si volgeva verso il Professor Gilmoure salutandolo con deferenza.
Lo scienziato ricambiò il saluto e venne al punto.
“Signorina Tachibana, credo di poter immaginare la ragione della sua visita sulla base del solo legame che potrebbe motivarla: le ricerche del dottor Haran.”
Beauty si sedette.
Tutti le rivolsero la loro attenzione.
“E’ così” disse con gravità.
Nella penombra elettronica del laboratorio, Koros mostrò al dottor Haran la teca cilindrica trasparente che ne occupava il centro. Si trovavano nei sotterranei del dipartimento ricerche sull’intelligenza artificiale della Neurobyte. Sospesa su gangli connessi al fondo del cilindro, la massa gibbosa di un cervello composto di parti organiche connesse da interfacce bioelettroniche galleggiava pigramente nella soluzione nutritiva trasparente che lo preservava dal decadimento. La luce bronzea irradiata dalla teca parve abbronzare il volto pallido di Koros. I suoi occhi algidi fremevano fanatici, e la sua voce da contralto vibrò mentre, con un ampio gesto della mano, mostrò la sua adorata creatura al severo scienziato dalla fronte spaziosa e dal mento affilato che si trovava al suo fianco.
“Ecco la nostra creatura senziente, Dottor Haran”
Con espressione critica, ma anche ammirata, il Dottor Haran Sozo si strofino delicatamente il mento ben rasato con la punta dell’indice e del pollice destro.
“Vedo che avete utilizzato interfacce quantiche per far interagire le parti organiche. C’è già una mente, lì dentro”
“E’ così”
“A chi appartiene?”
“Ad un’intelletto che ha abbracciato sogni grandiosi, e che è stato perseguitato solo perché cercava di realizzare il sogno di una nuova umanità superiore”
“Non siate evasiva, Koros. Di chi state parlando?”
“Dei più grandi costruttori di Cyborg mai vissuti”
“Parlate del Fantasma Nero?”
“Parlo della fusione di tre grandi menti perseguitate dal nostro avversario di sempre, dall’uomo che, incapace di emulare chi gli è superiore, usa le sua conoscenze per scatenargli contro politici mediocri. Parlo di Gilmoure, l’uomo che doveva a loro la sua carriera e che se ne è liberato col pretesto di salvare il mondo. Parlo dello stesso uomo che ha cercato di liberarsi anche di lei, e ci sarebbe riuscito se foste rimasto solo. Ma il nostro ideale è più forte, Dottor Haran”
Koros gli aveva stretto al mano, mentre gli parlava.
Gli aveva avvicinato le labbra alla bocca.
Haran Sozo respirò nuovamente il suo profumo.
“Koros, io………”
“Sì?”
“Io posso perfezionare quel cervello e dotarlo di un corpo. Posso creare un cyborg dai poteri mentali enormi. Un cervello che ci consentirà di fare progressi quali non abbiamo mai sognato……..creeremo un messia…..”
La gioia invase il volto di Koros. Non la gioia serena che potrebbe provare un cuore puro. Era la gioia ardente di un’esaltata.
“Quale sarà il suo nome, dottor Haran?”
“Chiamami Sozo, da ora in poi…..il nome sarà quello che avevo già scelto, perché ho già progettato la creatura che tu vuoi”
Koros era senza parole.
“Lei…..tu……avevi già pensato di……..dimmi il nome del tuo progetto, ti prego”
Le labbra di Koros si avvicinarono ancora.
Haran Sozo si rese conto che sua moglie non avrebbe mai potuto capirlo come stava facendo Koros. Eyla era solo una moglie, Koros una dea…….
“L’essere superiore che ci permetterà di realizzare la nuova razza si chiamerà Don Zaucker”
“Oh, sì…………”
La distanza fra le loro labbra si annullò.
Interludio – La notte brava di Banjo ed Aiza
“Andiamo, Banjo!”
La voce allegra di Gally, la ragazza di Ded, lo raggiunse strappandolo alla sua concentrazione.
Banjo guardò la sua immagine riflessa nello specchio del bagno e si ravviò per l’ennesima volta i capelli con il pettine. Si sentiva leggero, lontano dalle preoccupazioni legate alla crisi fra i suoi genitori. Anche su Marte il sabato sera era il sabato sera ed un ragazzo impegnato a rendersi irresistibile non poteva avere pensiero più importante. In quei momenti gli pareva persino di esagerare in merito alla crisi che sembrava essere nata fra i suoi genitori. “Forse Ded ha ragione” pensò, impegnato in una delicata operazione laterale con il pettine.
“Allora!” Gally lo raggiunse, spigliata come sempre “Sei peggio di una donna e…….wow! Che bel single!”
Banjo si tirò il bavero della giacca e sfoderò il suo sorriso scintillante.
Quando giunsero in salotto, un moto di meraviglia attraversò il volto sorridente di mamma Haran.
“Banjo! Cosa hai fatto ai capelli? Stai benissimo”
“Beh” replicò Banjo, colto un poco alla sprovvista “Li ho pettinati…..”
Gally e Ded risero.
“Accade così di rado?” chiese Gally alla madre di Banjo, che rise a sua volta.
Banjo si limitò a sorridere e scoccò uno sguardo d’intesa a Ded.
“Si va?” domando a Ded.
“Si va!” replicò lui “Ciao, mamma”
“Arrivederci, signora” disse Gally sorridendo.
“Ciao, mamy” fece Banjo.
“Ciao, e vedi di non cadere in un altro lago”
Banjo non replicò e si avviò.
La settimana precedente un ramo d’albero sospeso sopra un laghetto si era spezzato sotto i piedi di Banjo mentre intonava al chiaro di luna artificiale di Von Braun City una serenata atrocemente stonata a Lisa Rell, una compagna d’accademia di famiglia ricchissima, dato che si trattava di “tirapiedi di Koros”, e di superbia proporzionata al suo reddito. Banjo aveva perso una scommessa e doveva affrontare un’ordalia, come voleva la tradizione. A qualcuno venne quell’idea geniale e Banjo, pena la revoca della qualifica di “vero uomo”, dovette arrampicarsi insieme ad un gruppo di testimoni fin sul tetto di un caseggiato del centro. Avevano già affrontato un’impresa analoga scalando un caseggiato di notte insieme al comandante Minamoto, solo che stavolta avrebbero dovuto farlo da soli. Grazie alle microtelecamere a fibre ottiche avevano individuato la stanza della ragazza, che stava leggendo seduta in vestaglia, e Banjo, arrampicatosi sull’albero, aveva preso ad intonare quell’obbrobrio a pochi passi dalla finestra.
La ragazza urlò, spaventata, e la servitù accorse insieme al padre. Il piano prevedeva la fuga con piccoli deltaplani, in caso di emergenza.
Banjo saltò su un ramo più basso per dileguarsi, ma il legno cedette e lo fece piombare dentro un laghetto ornamentale dove dormivano alcune anatre che presero a starnazzare all’unisono con tutto il loro fiato. Uno dei compagni di Banjo, mentre accorreva, gridò stupidamente il suo nome a voce alta, ed il signor Rell lo udì distintamente. Banjo ed il suo commando si lanciarono dal cornicione. Quando il padre di Lisa si affacciò al parapetto, vide lo stormo di deltaplani descrivere un lungo arco nel cielo e sparire dietro un grattacielo. L’avrebbero fatta franca, se quell’imbecille di Kidogawa non avesse chiamato Banjo per nome.
Banjo era rientrato a casa, fradicio, ignorando che il padre di Lisa aveva già fatto una scenata al telefono a sua madre.
Aprì la porta con cautela senza accendere la luce e cercò di orientarsi al buio verso la sua stanza, ma la luce si accese ugualmente mostrandogli mamma Haran in vestaglia in fondo al corridoio, maestosa come una matrona e con lo sguardo di fuoco.
“Immagino esista una spiegazione logica per tutto quello che è accaduto!” esordì Eyla Haran.
“Sì” aveva ribattuto Banjo, con un sorrisetto sghembo per l’imbarazzo “Ma quale?”
La pantofola di sua madre lo centrò proprio in mezzo agli occhi.
La sua impresa gli costò diverse punizioni in accademia, sia per il fatto in sé che per quello di essersi lasciato sorprendere.
Il problema peggiore fu però quello di affrontare Lisa, offesa per l’accaduto e decisa a chiarire “la loro situazione”. Banjo riuscì a fingersi persino addolorato quando lei lo “respinse” perché “non si sentiva pronta a legarsi sentimentalmente prima della sua realizzazione professionale” , ma non digerì il fatto che il manifesto di invito alla festa di compleanno di Lisa recasse la dicitura “se non fate Haran di cognome, partecipate e divertitevi!”.
“Ti ha scaricato, Haran!” fu il commento divertito dei compagni.
Un simile affronto all’onore di un “vero uomo” equivaleva ad una sfida, e, dato che era il cognome Haran ad essere citato, Ded la raccolse insieme a Banjo.
Ded aveva avuto l’idea di falsificare tre inviti, dato che Gally sarebbe stata della partita. Grazie ai sistemi di decrittazione dei computer dell’Accademia Spaziale, riuscirono anche ad incidere le bande magnetiche per ingannare i lettori all’ingresso. Avrebbero partecipato a quel ricevimento.
La sera fatidica era finalmente giunta.
In macchina, Banjo si rivolse a Ded.
“Ded, ripensandoci, stiamo facendo la cosa giusta?”
“Beh, sì! Non ricordi quel suo manifesto? “Se non siete Haran di cognome”. Bah! Le facciamo vedere noi!”
“Certo che tu” si intromise Gally, rivolgendosi a Banjo “Insidiare un’illibata fanciulla di buona famiglia…….”
“Illibata?” replicò Banjo “Credi sia una santerellina, quella lì?”
“Già” commentò Ded “Comunque, tanto per informarti, ci sarà il fior fiore delle ragazze di Von Braun City, ma, d’altronde, se temi qualcosa……”
“Che questo non sia mai detto!” replicò Banjo “Andiamo!”.
E così fecero. Ded fece lampeggiare la freccia ed entrò nel parcheggio sotterraneo dell’immenso caseggiato. L’attico era al trentesimo piano. Mentre l’ascensore pneumatico accelerava facendo scorrere le cifre digitali del contatore dei piani, ebbero la sensazione di aumentare di peso. Quando si bloccò sul trenta la senzazione si invertì per pochi istanti.
All’ingresso trattennero brevemente il fiato quando strisciarono i pass sui lettori. Due giganti in smoking erano pronti ad occuparsi degli ospiti non invitati, ed apparentemente non ebbero nulla da ridire, dato che l’allarme rimase muto. Uno di lorò però parve fissarli con una certa attenzione, o almeno così parve a Banjo. Banjo entrò nel salone. Lo sfarzo li abbagliò. La veranda si affacciava su un giardino pensile a terrazze aperto sul panorama vertiginoso di Von Braun City e dei suoi mosaici tridimensionali di luce. Ancora più lontane, le sabbie cremisi di Marte incendiate dal crepuscolo si spingevano come un mare ondulato fino alla cupola blu del cielo. Banjo rimase rapito da quella bellezza. L’allegria chiassosa del ricevimento, le risate delle ragazze, la musica parvero tacere per un’istante. Gally riaccese i suoni poggaindogli una mano sul braccio.
“Allora, macho! Ci facciamo sfuggire le ragazze?”
Banjo non se lo fece ripetere.
In pista si scatenò fino quasi ad essere comico e riuscì anche a trovarsi una dama. La ragazza bionda lo notò e si fece avanti sorridendo, dolce ma decisa.
“Balla con me!”
Banjo la vide e si fermò per un’istante.
Ripensò alle parole che Romeo pronunciò vedendo Giulietta per la prima volta.
“Chi è colei che insegna alle stelle a brillare?”
Notò anche una vaga somiglianza con Lisa, ma non le diede importanza.
Poi si scosse e, colto un tantino alla sprovvista da tanta bellezza e determinazione, finì per strafare sottoponendola ad una sorta di imitazione di un tango alla Rodolfo Valentino.
“Tuo fratello è matto!” esclamò Gally mentre ballava.
“Aspetta di conoscere a fondo me!” esclamò Ded, e prese ad imitare Banjo.
Le due coppie non se la cavarono troppo male, dato che tutti fecero cerchio intorno a loro battendo le mani. Banjo era un buon ballerino, e la sua dama una vera acrobata,a modo suo. Durante una pausa, Banjo la invitò ad ammirare il panorama. Lei accettò, e camminò stringendosi a lui.
Trovarono un angolo tranquillo, in un piccolo bosco di sicomori.
Si guardarono in silenzio.
Quella ragazza aveva un volto di bambina, profondi occhi di smeraldo e labbra sottili.
Lei guardò il volto dai lineamenti forti, ma raffinati di Banjo.
“Qual’è il tuo nome?” le chiese Banjo carezzandole i capelli.
Lei arrossì ed abbassò lo sguardo, chiudendo gli occhi dalle lunghe ciglia.
“Aiza” rispose dolce “ed il tuo?”
“Banjo”
Aiza riaprì gli occhi di scatto e lo guardò in viso.
“Haran Banjo?”
“Sì, come hai fatto a…..”
“Quello della serenata?” replicò lei con un’ampio sorriso.
“Beh, sì…….”
“E Lisa ti ha invitato ugualmente?”
“Ehm, a dire il vero sarei qui in incognito….”
“Perché”
“Beh, sai, la condizione per prendere parte al ricevimeto era quella di non fare Haran di cognome ed ho raccolto la sfida……”
Aiza rise di cuore.
“Ti piacciono le sfide, Haran Banjo?”
“Sì, ragazza……..”
Lei si sedette sull’erba. Banjo si sedette accanto a lei.
“E quale altra sfida hai in mente, adesso?” fece lei, melliflua.
Lui le carezzò una guancia.
“Indovina…”
La sentì tremare.
“Banjo, io……..non è per fare sesso che………………oh Banjo………..io non sono una ragazza facile, non so cosa mi sia preso fin dall’istante che ti ho visto….”
Banjo rimase profondamente colpito.
“Aiza, io……..io non cerco una donna facile………quella serenata a Lisa ho dovuto farla solo perché ho perso una scommessa con i compagni d’accademia…..non provo nulla per lei …..”
Due lacrime sileziose solcarono le guance di Aiza.
“Oh, Banjo……..è solo un’infatuazione, non possiamo esserci innamorati l’uno dell’altra così, all’improvviso…….”
Banjo la avvicinò a sé, emozionato.
Le loro labbra si incontrarono da sole.
Una voce da strega interruppe il loro idillio.
“Ah! Per una scommessa! Ed ora ci provi con mia sorella!”
Banjo si alzò di scatto. Lisa lo stava fronteggiando furente.
“Tua sorella?!” esclamò esterrefatto.
Aiza si mise prontamente in mezzo.
“Lisa, maledizione, non fare scenate!”
“Tu, con questo Don Giovanni da strapazzo!”
“Non parlare, tu che ne cambi quattro all’anno!”
“E quell’unico che ti cerchi tu deve essere lui?!”
Banjo si fece avanti, deciso.
“Adesso basta, Lisa. Ho sbagliato a farti quello stupido scherzo, lo ammetto”
“Ti sei nuovamente intrufolato qui di nascosto, Haran Banjo”
“Esatto! Ma ora me ne vado. Sai, quella tua uscita sul cognome Haran non mi è piaciuta. Per questo sono qui. Per scusarmi con te, ma anche per dirti che quella tua offesa è ingiusta”
“Adesso chiamo mio padre ed i sorveglianti, Haran Banjo”
“Ah, sì?”
“Lisa, no!” esclamò Aiza.
“Lascia stare, Aiza.” Le disse Banjo “Vieni con me! Andiamo da mio fratello!”
Banjo prese per mano Aiza e la condusse da Ded.
“Ded, mi hanno beccato!”
“Come hai fatto a farti scoprire”
“Ecco, ti presento la sorella di Lisa” replicò Banjo cingendo con il braccio le spalle di Aiza.
“P-piacere…” balbettò la biondina.
“Ohmmamma!” esclamò Ded.
“Wow! Grande!” esclamò Gally, scuotendo i pugni al colmo dell’entusiasmo,
“A nostra madre penseremo dopo, Ded. Ho con me il segnale per le esercitazioni di soccorso”
“Cos’è?” chiese Aiza incuriosita.
“Ai cadetti meritevoli viene fornito un dispositivo che simula un segnale di soccorso diretto ad uno dei mezzi da esercitazione dei cadetti del primo anno, che devono immadiatamente partire e raggiungere il segnale prelevando chi l ha inviato, come se fosse una vera missione di soccorso” spiegò Banjo.
Ded lo guardò.
“Vuoi usare quello?”
“Sì, quando saremo sul tetto dell’attico! Muoviamoci! Passeremo sotto i tavoli del buffet, poi dietro quelle piante e poi ci arrampicheremo su quella gronda”
“Io vengo con voi!” esclamò Aiza.
“No!” esclamò Banjo “sei pazza?”
“Ascolta, io non abito qui. Mi sono fatta una vita mia e non ho voglia di sorbirmi la scenata di mio padre sul fatto che io sia la “pecora nera” della famiglia. Ero qui solo per vedere Lisa, e, come sempre, siamo riuscite a litigare. Tu no ti liberi di me, Haran Banjo! Mi hai compromesso ed ora mi salvi”
“E va bene, muoviamoci. Arrivano!”
Due giganti in Smoking stavano fendendo la folla danzante, seguiti da Lisa e dal padre di Aiza. I quattro si avvicinarono ad uno dei tavoli del buffet e, spariti sotto il risvolto della tovaglia, presero a camminare freneticamente a gatto verso l’estremità opposta. Gally perse i tacchi a spillo. Se ne accorse solo quando uscì da quel tunnel, scarmigliata e discinta. Sgusciarono dietro ad una corta siepe e presero ad arrampicarsi su per la gronda. Ded e banjo non ebbero difficoltà. Aiza neppure. Gally, scalza ed impedita dall’abito, ne ebbe, invece. Una volta sul tetto, il vento fece ondeggiare i brandelli dei suoi collant.
Banjo estrasse un dischetto metallico dalla tasca interna della giacca e premette un piccolo bottone.
I quattro si appiattirono sul tetto, per rendersi invisibili.
“Ma, Banjo…..se un velivolo dell’Accademia verrà a prelevarci, mio padre si lamenterà con l’accademia e…….”
“No, è un velivolo stealth……..non si accorgerano di nulla”
Sporgendosi un poco dal bordo del tetto, Banjo vide che uno dei due energumeni aveva trovato le scarpe di Gally.
“Sporco feticista!” fu il commento di Gally, seguito da uno starnuto, che la musica coprì.
I due gorilla in smoking si mossero lungo la fila dei tavoli. Dovevano avere intuito tutto.
“Dannazione, che facciamo?” esclamò Ded.
“Beh, battiamoci!” esclamò Banjo, per nulla intimorito dalla stazza degli avversari.
“Ma così finiremo in guai grossi!”
“Lasciate fare a me!” esclamò Gally “Seguimi, Banjo, e stai pronto a colpire!”
Quando il primo dei due energumeni, giunto in cima alla gronda, fece per issarsi sul tetto, si trovò di fronte al viso due delicati piedini di donna scalzi. Su di essi poggiavano due gambe eburnee, incoronate dai pizzi di una sottana ben sollevata e culminanti nel bianco delle mutandine.
Per quel Neanderthal, equivaleva alla visione del paradiso terrestre.
“Ciao, maschio!” esclamò Gally, melliflua.
Un’espressione di soddisfazione bovina si diffuse su quel volto primitivo.
Con un’acrobatico colpo di tallone Banjo gli fece perdre la presa e lo fece cadere sul collega.
Banjo e Gally vennero investiti da una corrente d’aria.
Era lo shuttle di salvataggio.
I quattro non si fecero ripetere l’invito a salire a bordo.
Quando i due Neanderthal, furenti, guadagnarono il tetto, non trovarono nessuno.
Era quasi mattina quando Banjo rientrò in casa.
La luce era già accesa.
Il braccio di sua madre, armato di pantofola, era già levato nel gesto vendicatore.
“Aspetta!” gridò Banjo implorante, e con uno strattone tirò dentro la vereconda e tremante Aiza.
Poi entrò Ded con la sua donzella. Gally sembrava una selvaggia. Era scalza, spettinata e con l’abito distrutto. Nel silenzio che seguì, il suo starnuto risuonò come una campana a morto.
Eyla abbassò lentamente la pantofola e se la rimise al piede.
Si avvicinò ad Aiza, che non osava alzare lo sguardo.
“Mi perdoni signora, io………la scongiuro di permettermi….” disse Aiza con voce flebile.
Eyla guardò suo figlio Banjo e parlò scandendo le parole.
“Stavolta la spiegazione logica la trovi tu, e che sia una logica di ferro…..”
“Ehm, mamma………”
“Sì” fece lei con enfasi, mentre Gally starnutiva un’altra volta.
“Ti….ti presento la mia fidanzata……….”
“Ah!…voi….tu……” Eyla Haran parlò quasi in trance, poi si rivolse ad Aiza “Come ti chiami?”
“Eh…..io…..”
“Coraggio……” fece Eyla con un sorriso strano.
“Il mio none è Aiza………”
“Aiza……..e poi?”
“Aiza…….Aiza Rell!” esclamò Aiza arrossendo.
Eyla spalancò la bocca, si appoggiò il dorso della mano sulla fronte e barcollò.
Per esprimere la sua emozione ricorse a Shakespeare.
“Angeli e ministri di grazia, aiutateci!”
Poi ricaddelentamente all’indietro, in deliquio.
I suoi figli corsero a sorreggerla.
Atto secondo: Partenza per Marte
Quando il Dottor Haran chiuse con cautela la porta dell’appartamento, che non vedeva ormai da dieci giorni, si augurò che sua moglie dormisse già. Tutte le stanze erano buie ed il silenzio assoluto. Senza fare rumore entrò in camera da letto e si tolse la giacca. La luce si accese all’improvviso, ferendogli gli occhi. Sua moglie era a letto, ma perfettamete sveglia.
“Ah, eccoti finalmente! Sei tornato da me! Volevi farmi una sorpresa?!
“Eyla!”
“Ah, sei sorpreso di vedere me nel tuo letto?”
“N-non capisco cosa…..” rispose lui, goffamente. Possibile che sapesse già?
“Davvero?” fece lei, sprezzante.
“Eyla non farmi arrabbiare!” replicò lui, alzando la voce.
“Calma, calma…….credo di potermi far perdonare, visto che sono così poco vestita”
Con un gesto rapido si scoprì e si alzò.
Indossava una camicia da notte trasparente ed il minimo di biancheria intima.
“Allora, ti sono mancata o……..ci ha pensato qualcun’altra?”
“Eyla, cosa dici …..”
“Finiscila di recitare, Sozo. Non convinci nessuno”
“E va bene! Ho un’altra donna, ma……..”
“Koros, immagino”
“Tu non capisci” replicò lui, concitato “Lei mi ha aperto la strada, stiamo creando qualcosa che ci farà superare la misera condizione umana…..parole come moglie, famiglia, parentela non avranno più senso…..anche tu capirai…”
Il tono di voce del Dottor Haran si fece estatico, i gesti frenetici e gli occhi si illuminarono di follia
Di fronte a quel volto trasfigurato dal fanatismo, Eyla indietreggiò inorridita.
“Io……io non credo alle mie orecchie…….Haran Sozo era mio marito, ma tu……..tu non so chi sei….”
“E va bene! Vai al diavolo!”
“Dopo che ti ho dato me stessa, la mia vita e due figli……..la mia tenerezza, il mio amore, i miei anni migliori, il mio sostegno……….vattene da questa casa….”
“D’accordo…….tu, Banjo e Ded capirete, un giorno…..”
“Avresti potuto farti la doccia, prima di venire qui”
“Perché?”
“Almeno ti saresti tolto di dosso il profumo della tua troia”
Haran Sozo non replicò.
Quando Eyla sentì la porta d’ingresso sbattere, si lasciò cadere sul letto, affondò il volto nel cuscino e pianse.
Una figura ammantata di nero era assisa su un trono tecnologico cablato all’anello di apparecchiature di vetro e metallo che lo circondavano. La testa, leggermente china, non era umana, però era antropomorfa. Il volto era una maschera metallica grigioscura che faceva pensare ad un teschio stilizzato, le labbra una semplice linea orizzontale e gli occhi due semicerchi rivolti verso il basso, bianchi e privi di qualsiasi dettaglio. La calotta cranica trasparente rendeva visibile un cervello apparentemente umano nella struttura, ma di massa incomparabilmente superiore. Due grandi mani da robot poggiavano sui braccioli dello scranno, inerti.
Al cospetto di quella cariatide sinistra e funebre, Koros vibrava di timorosa emozione. La sua figura snella dall’attillata veste nera e dai capelli rossi, perfettamente lisci e raccolti in una morbida treccia adagiata sulla spalla sinistra, pareva percorsa da un fremito controllato a stento. Le sue mani dalle dita lunghe ed aggraziate non finivano di tormentare per l’emozione lo scialle viola drappeggiato sulle sue spalle sottili. La sua pelle candida come porcellana faceva risaltare le sue iridi azzurre come ghiaccio ed il trucco sofisticato non riusciva a celare i fremiti algidi che la pervadevano come un fluido.
Un individuo alto e slanciato, con la fronte spaziosa dell’uomo di genio e gli occhi dilatati dal fanatismo, le si avvicinò e le rivolse la parola.
“Stai calma, Koros. Andrà tutto bene.”
“Oh, Sozo! Una nuova era sta per iniziare. Abbiamo creato la forma di vita superiore!”
“Già. Basta con i meccanismi ciechi di Darwin. Ora l’intelletto guiderà l’evoluzione, e lo farà con un’efficienza di cui l’erratica madre natura non sarebbe capace. E saremo noi a decidere. Davanti a noi, in questo momento, siede la mente che ci guiderà. Il cervello perfetto. Ed io ne sono l’artefice grazie a te.”
“Hai speso egregiamente i fondi della Neurobyte Corporation senza fare troppe domande. Tutti hanno apprezzato entrambe le cose. Il nostro tesoriere, Venner, sta già preparando le riserve auree necessarie per la seconda fase del nostro progetto.”
“Adesso completeremo la prima” disse con gravità il Dottor Haran.
Tolse la sicura ad un semplice pulsante e lo premette.
Spie multicolori punteggiarono l’oscurità. Dal cervello sotto la calotta trasparente si sprigionò un alone di luce nebbiosa, accompagnato da un’ovattato sfrigolio. Le dita metalliche si strinsero sui braccioli. Il fenomeno si ripetè altre due volte, poi il volto metallico alzò lo sguardo su di loro.
Il gioiello sulla fronte di Koros si illuminò.
“Don Zaucker……..” disse con voce ebbra di estasi.
Nello stesso istante, sulla terra, un piccolo telepate dormiente percepì la potenza una e trina di quell’intelletto infernale.
“E bravo il nostro playboy!”
Il comandante Minamoto battè significativamente la mano sul rapporto delle gesta dei fratelli Haran, che attendevano sugli attenti di conoscerne le conseguenze.
“Haran Banjo, sei un cadetto capace e creativo. Sei coraggioso ed intraprendente, apprendi bene e senza fatica, fisicamente sei più che idoneo, ma sei anche vittima del tuo spirito inquieto. Non solo non riesci a tenerti i guai lontano, ma anzi, fai molto di più: li porti pure qua dentro, in modo da renderli anche miei! Non bastano le pantofole che ti tira tua madre?”
Banjo ebbe un moto di stupore.
“Comandante, come fa a sapere……”
“Silenzio! Passi l’episodio della serenata, un gesto goliardico verso una compagna di corso un po’ altezzosa che alla fine ha provocato solo la rottura di un ramo e potrebbe anche essere visto come un’utile esercitazione a scapito di persone che, tutto sommato, anch’io trovo antipatiche; ma altro è tornare sul luogo del delitto falsificando i pass con i computer dell’Accademia, scappare con la figlia del padrone di casa, farsi inseguire da guardie private e fare uso di uno shuttle di soccorso. Oltretutto, stavolta hai coinvolto tuo fratello. Haran Ded, da te non me lo sarei aspettato!”
“Comandante” intervenne Banjo “La signorina Rell si è allontanata con me di sua spontanea volontà e ci siamo fidanzati”
“Già, e con una splendida cerimonia. Haran Ded, dimmi, era la tua fidanzata quella che mostrava gambe e mutande ai vigilantes come diversivo per permettere al tuo eroico fratello di fare sfoggio delle sue arti marziali?”
“Ehm, comandante, ecco, sì……” cercò di replicare Ded
“Belle gambe e bella idea quella di mostrarle davanti alla telecamera di una troupe televisiva venuta ad intervistare il padrone di casa. Sai, corre voce che vogliano scritturare la tua fidanzata per una pubblicità di biancheria intima. Insomma, vi rendete conto di cosa avete combinato stavolta? E di cosa ho dovuto inventarmi per salvaguardare il buon nome di questo istituto? Cosa vi ha detto vostra madre?”
“E’ svenuta….” disse Banjo
“Si riprenderà” commentò Minamoto “E’ una donna forte ed ha la pazienza che ci vorrebbe con te. La mia si è esaurita, e stavolta lo dimostrerò ad entrambi. Farete per tre mesi servizio alla città mineraria di Hobertown. Avrete solo sei giorni di franchigia per tutto il periodo. Questo vi servirà di lezione ed anche come copertura. E adesso veniamo alla seconda parte del discorso che devo farvi. Il Colonnello Garrison dell’Interpol ha dei sospetti sulla Neurobyte e sulla vostra amica Koros….”
Gli occhi di Banjo mandarono un lampo.
“Perdonatemi ragazzi, ma………pare che il Professor Gilmoure, il cibernetico a capo della squadra Cyborg 00, abbia motivo di confermare i sospetti in merito ad un collegamento fra le attività della Neurobyte ed una struttura ombra del Fantasma Nero”
“I trafficanti di armi cibernetiche? Ma non erano stati distrutti prrprio dalla squadra di Gilmoure?” chiese Ded.
“La loro struttura operativa sì, ma, forse non tutto…..”
“E qui ci colleghiamo a nostro padre!” esclamò Banjo.
“Proprio così. Credetemi, ragazzi, so che siete emotivamente coinvolti, ma quello che è in gioco è troppo importante. Tutti i normali controlli governativi sulla Neurobyte hanno dato esito negativo, ma, se stiamo parlando del Fantasma Nero, non c’è da stupirsene. Dobbiamo essere elusivi e fingere di non sospettare nulla. La vostra copertura, considerato l’accaduto, sarà credibile.”
Minamoto porse loro due fascicoli.
“Qui ci sono le vostre istruzioni ed i vostri contatti. Non parlatene con nessuno, familiari inclusi. Alcuni membri della squadra di Gilmoure si infiltreranno ad Hobertown a loro volta. Come sapete, gli stabilimenti Neurobyte sorgono alla periferia della città, ed anche i loro laboratori sotterranei. E’ possibile che quelle strutture siano più vaste di quello che crediamo. Dato che la Neurobyte è anche la principale azionista delle miniere, è possibile che non tutti gli scavi e le attività mineriarei siano davvero tali. Dobbiamo scoprire cosa succede lì dentro. Hobertown non è un’ambiente facile. Svolgerete compiti di polizia, ed è probabile che vi tocchi fare i poliziotti sul serio. La polizia locale non ha sospetti, in apparenza, ma è possibile che la Neurobyte si sia comprata qualche funzionario.
In ogni caso, hanno il loro da fare a tenere l’ordine in città. Pare che una parte del lavoro venga svolta da forzati. Non c’è da scherzare, ragazzi. In teoria potreste tirarvi indietro, dato il vostro coinvolgimento emotivo, perciò vi chiedo: posso contare su di voi?”
I due replicarono all’unisono.
“Sì, comandante!”
“Buona fortuna”
Quando Beauty tacque, tutti gli sguardi erano fissi su di lei.
Françoise si volse verso Joe.
“Dio mio, Joe…….”
Joe non parlò. La sua espressione era grave.
Fu il Professor Gilmoure a rompere il silenzio.
“Signorina Sanyo, cosa sappiamo di questa Koros?”
“Troppo poco per arrestarla, Professore” fece Reika con tono allusivo. Le sue labbra avevano una piega compiaciuta, come se avesse già previsto la risposta dell’anziano scienziato.
“E troppo poco per non avere sospetti su di lei”
“Già!” a Reika piaceva la conversazione con uomini intelligenti, di qualunque età fossero.
“009, tu cosa ne pensi?”
“Che la teoria della struttura stay-behind stia cominciando a diventare plausibile”
“E’ quello che penso anche io, Professore” aggiunse Françoise asciutta “e credo che la percezione di 001 sia veritiera, come il contatto con Gandaru…..grazie ad Ivan sento che anche lui è ancora al nostro fianco…..non era un semplice sogno, Professore. Le sue lacrime, la sua sofferenza, sono un’avvertimento”
Beauty guardò Françoise con espressione interrogativa.
“Gandaru…..quel santone?”
“Proprio lui, il Messia d’Oriente” replicò Françoise. Volgendosi verso Beauty, le mostrò tutta la grazia del suo profilo francese.
Beauty pareva incredula.
“Professor Gilmoure, ma cosa……” chiese al Proefssore.
“Non si tratta di leggende. 003 dice il vero. La nostra guerra contro il Fantasma Nero ha avuto anche risvolti mistici di cui i media non hanno parlato………..aspetti che abbiamo dovuto accettare per fede. A tempo debito, vi chiariremo tutto. Per stanotte sarete nostra ospite. Miss Sanyo, mettetevi immediatamente in contatto con il Colonnello Garrison e pregatelo di venire qui”
Il Professore premette un pulsante sulla sua scrivania e parlò.
“004, vieni ed accompagna la signorina Sanyo nella sala radio”
Reika vide entrare Albert che le fece cenno di seguirla.
Nel corridoio, Albert e Reika si guardarono.
Fu Albert e parlare. Non le diede del lei.
“Vieni”
All’improvviso Françoise si portò le mani alle tempie.
“Ivan!”
Françoise uscì di corsa e si precipitò verso la stanza del piccino.
Joe le tenne dietro con la pistola in pugno. Reika ed Albert lo seguirono.
Beauty, benchè disarmata, si mosse a sua volta, ma il Professore la trattenne.
Françoise non ebbe bisogno di accendere la luce, grazie alla sua vista potenziata.
Ivan le volò in braccio. Aveva paura. Quella percezione confusa, ma forte e terribile, lo aveva colto di sorpresa nel sonno e si era manifestata come un’incubo terrificante. Come tutti i bambini in questi casi, aveva chiamato la mamma. Solo, lo aveva fatto telepaticamente, con la persona che, per lui, era una madre. Françoise lo strinse al petto e lo cullò. Il piccolo le si aggrappò alla camicetta con i piccoli pugni. Tremava, ma si tranquillizzò.
“Cosa c’è, piccino, cosa succede?” chiese Françoise.
La risposta telepatica di Ivan risuonò nelle menti di tutti. Beauty e Reika si portarono le mani alle tempie, esterrefatte. Sentirono la voce di un bambino.
“Sono loro, le tre menti…….non so dove, le ho sentite per un solo istante…..ma li ho riconosciuti. Hanno un corpo ora”
Beauty giunse insieme al Professore.
“Cos’è quella voce di bambino che ho sentito?”
“Niente paura, signorina Tachibana. Abbiamo ricevuto tutti una comunicazione telepatica del piccolo Ivan. Lei e Miss Sanyo non ci siete abituate, ma lo farete presto. 003, Ivan ha ripreso a dormire?”
“Sì, Professore”
“Bene, portalo nel mio laboratorio. Voglio fargli un controllo completo. Joe, la Signorina Tachibana sarà nostra ospite, mostrale la sua stanza”
Mentre l’onda dei riccioli d’oro di Beauty pareva amplificare il gesto cortese con cui Joe le indicò la direzione, la voce di Françoise si fece sentire attraverso la trasmittente interna.
“Che non ti venga in mente di fare il cascamorto, e che non si prenda alcuna libertà, la biondona, soprattutto in camera da letto!”
“Va bene, va bene” replicò Joe, reprimendo un sorriso divertito.
Françoise guardò la silhouette di Beauty fluttuare sui tacchi a spillo e la associò a Marylin Monroe. Osservò ben bene il volto di Joe con uno zoom ravvicinato e si rese conto che Joe voleva solo essere gentile. Si sentì gratificata dal fatto di reggere il confronto con un’avversaria tanto temibile e subito dopo si diede della scema per coltivare simili pensieri in un momento del genere. Ivan si mosse nel sonno, affondandole il volto nel seno. Françoise sentì il calore delicato del piccolo e seguì il Professore verso il laboratorio. Da lì, il Professore avrebbe inviato il segnale di riunione a tutti i membri della squadra. Il piano studiato insieme al Colonnello Garrison stava prendendo il via.
Quando Jet si tolse il casco e lo appese al manubrio della moto, vide Françoise sulla veranda.
“Sei bellissima” le disse, senza preamboli.
“Sì, Don Giovanni” rispose lei, con una risata musicale.
“E’ accaduto quello che temevamo?”
“Forse” replicò Françoise, senza aggiungere altro.
“Dimmi, chi è questa Tachibana?”
Françoise assunse un’espressione rassegnata.
“Ah, fra tutte le domande possibili eccone una a caso! Vieni, pare che guardarla faccia bene alla vista…..”
Un poco piccato, ma divertito dalla nota di irritata gelosia di Françoise, segno senz’altro propizio, Jet non si fece ripetere l’invito. Ebbe anche il tempo di estrarre un pettine per dare qualche piccolo colpo di lima al suo fascino d’emergenza.
Una volta entrati, Françoise si volse verso la scala.
“Signorina Tachibana, venga, le presento un membro della nostra squadra”
“Arrivo!” rispose una voce argentina.
Jet fissò lo sguardo sui gradini e vide un tacco a spillo rosso, poi un secondo tenne dietro al primo con mossa aggraziata mentre uno stacco di gambe eburnee che pareva infinito si spiegava in tutta la sua magnificenza seguito dai fianchi e da tutto il resto, fino all’onda d’oro dei capelli. La mandibola del duro dell’West Side si spalancò come un ponte levatoio. Françoise, con filosofica pazienza, gli appoggiò il palmo della mano sotto il mento e gliela richiuse.
Beauty si voltò verso Jet scuotendo la chioma.
“Ciao, rosso!” disse a Jet senza cerimonie.
“Ciao, bionda! Mi chiamano Jet” rispose lui, con il sorriso da duro del West Side.
Françoise cercava di fare del suo meglio per non ridere.
“Ah sì?” fece lei “E perché ti chiamano Jet?”
“Perchè ti chiamano Beauty?”
Pur non essendo equipaggiata con sensori biomedici, Françoise percepì ugualmente un livello di ormoni troppo alto nell’aria.
“Ehm, il Colonnello Garrison ci attende nel laboratoiro insieme al Professore. Il briefing inizierà fra pochi minuti”
“Ok, andiamo” fece Jet, affiancandosi a Beauty.
Joe giunse in quel momento.
“Il classico copione” fece lei “la ragazza di buona famiglia affascinata dal ragazzo di strada”
“Un percorso simile al tuo” osservò Joe divertito, ma si rese conto di aver incautamente premuto il tasto sbagliato quando il tacco a spillo di Françoise gli si conficcò nella caviglia come un’arpione.
Lei lo piantò in asso, incamminandosi impettita ed altera lungo il corridoio.
Joe la seguì , zoppicando leggermente.
Bretagna gli si avvicinò.
“Che succede, 009?”
“Ehm, niente…..una piccola storta…”
I dolci ed accorati accordi del secondo movimento della settima sinfonia di Beethoven, l’“allegretto immortale”, riempivano l’aria di armonia pura e parevano rendere immensa la pista di ghiaccio. Le lame dei pattini di Aiza tracciavano lunghi arabeschi, mentre il suo corpo scolpiva splendide sculture, ora avvicinandosi, ora allontanandosi fino a farsi piccola, ora librandosi in aria durante salti ed avvitamenti, rendendo concreta la sua concentrazione estatica e commossa. La musica raggiunse il culmine facendo volare Aiza sulle sue note, e si avviò verso il finale. Aiza raggiunse il bordo della pista e si sedette. Banjo, Ded e Gally erano rimasti ad ammirarla in silenzio. Aiza si tolse i pattini e si mise le scarpe.
Gally la abbracciò, commossa.
“Eri un’angelo, Aiza”
“Oh, grazie…..” rispose lei, vereconda.
Quando rialzò lo sguardo, vide il volto aquilino di Banjo.
“Eri bellissima” le disse.
“Oh, Banjo….grazie……..io, ditemi ragazzi, come è stato con il comandante Minamoto?”
“Meno difficile del previsto” rispose Banjo.
“Ma neanche tutto liscio: sei mesi alle miniere” aggiunse Ded.
Aiza era sinceramente addolorata.
“Ragazzi, è anche a causa mia che….”
“No” la interruppe Gally “tu non hai fatto nulla di male, e noi abbiamo deciso spontaneamente di agire come abbiamo agito”
“Gally ha ragione” disse Banjo carezzandole una guancia “non è colpa tua”
“Banjo, Ded, c’è una domanda che vorrei farvi….so che non dovrei…….vostro padre……”
“Sì” fece Banjo stringendo i pugni.
Aiza lo abbracciò forte, in silenzio.
“Io non ti lascerò mai, su di me potrei contare, sempre…..”
Banjo le diede un bacio sulla fronte, casto e pieno di venerazione. Non era il momento di un bacio appassionato. Quella ragazza gli avrebbe dato la forza di affrontare tutto. Valeva la pena di affrontare qualsiasi cosa per lei.
“Questa è la situazione, adesso i ruoli!”
La voce del Colonnello Garrison era calma, ma ferma.
“009. Lei, 003 e 001 formerete una famiglia. Lei sarà ufficialmente un poliziotto di Hobertown, trasferitosi insieme a moglie e figlia. Anche 004 sarà un poliziotto, però abiterà da solo. Devo avvertirvi che non si tratterà di un ambiente facile. Parte dei lavoratori delle miniere sono dei forzati. Le bettole che tengono aperto tutta la notte sono posti poco raccomandabili ed è probabile che vi tocchi fare il vostro lavoro di poliziotti, ma sono anche luoghi dove è possibile raccogliere molte voci”
“Tutto chiaro” replicò Joe.
“005 e 008, voi vi infiltrerete come minatori. Cercate di rendervi conto della presenza di eventuali passaggi interdetti al personale ordinario. Dovrete adattarvi alla vita nelle miniere”
Geronimo si limitò ad un cenno del capo.
Piunma assunse un’aria allusiva. I suoi occhi guardarono in direzione del passato.
“Per me sarà facile” disse con voce piana.
Gli altri cyborg sapevano a cosa alludeva.
Reika no, il che le fece memorizzare il dettaglio e la rese curiosa.
“002, lei e l’agente Sanyo accompagnerete invece la signorina Tachibana”
“Ah, bene!” si lasciò sfuggire Jet, un po’ troppo entusiasticamente.
Reika sogghignò un poco.
Beauty fece un sorriso al miele.
Françoise scosse il capo con rassegnazione, coprendosi il viso con la mano.
“Sarete voi ad entrare in contatto diretto con Koros” proseguì Garrison.
“Insieme al Professore, 006 e 007 raggiungeranno lo spazioporto di Hoertown con il Dolphin camuffato da cargo. Il Professore si fingerà il comandante. 006 e 007 saranno l’equipaggio, e potranno confondersi con gli altri equipaggi dei cargo. Ufficialmente, la vostra soste si prolungherà per riparazioni. I due agenti che abbiamo già sul posto vi aiuteranno a rendere credibile il tutto. Appartengono all’Accademia Spaziale ed agiscono su diretto incarico del Comandante Minamoto. Mi spiace dover apparire cinico ma, vedete, si tratta dei figli del Dottor Haran……..”
L’uditorio rimase di sasso.
“Ma, come……..” disse Françoise esterrefatta.
“Pare che il Dottor Haran abbia lasciato moglie e figli per avviare una relazione con un’altra donna”
“Non mi dica che il Dottor Haran e quella smorfiosa rossa……” fece Beauty.
“Proprio così, signorina Tachibana” confermò il professor Gilmoure “immagino che lei muoia dalla voglia di disilludere suo padre in merito a Koros ma, come ha già precisato il Colonnello Garrison, abbiamo bisogno di assoluta segretezza, quindi…….”
“E’ bene lasciargli la sua illusione ancora per un po’, in modo da non fare nulla che dia nell’occhio………capisco….. ”
Reika rimase colpita dalla perspicacia di Beauty. Aveva intùito, la bionda.
“Ciò rende i nostri due alleati, come dire……..ben motivati. Non è per cinismo che faccio queste considerazioni……..la scelta è stata fatta dal Comandante Minamoto e i due ragazzi hanno accettato senza esitare. Anche loro svolgeranno compiti di polizia. Nei dossier che vi ho distribuito, oltre ai vostri documenti ci sono codici e procedure per tenervi in contatto. Ci sono domande?”
Tutti tacquero.
“Bene. Avete quarantotto ore di tempo per memorizzare i dossier e preparavi, dopodichè partirete”
Reika era in piedi sulla sommità della scogliera a strapiombo.
Il disco rosso del sole era ormai basso sull’orizzonte, e la sua luce cremisi incoronava le onde e le rade nubi. La ragazza lasciò che il vento le entrasse nei capelli, facendoli ondeggiare verso occidente, ed inspirò profondamente l’aria di mare. Alle sue spalle, il riverbero del tramonto sulle finestre della villa rendeva i vetri color oro. Tutti i colori del paesaggio si facevano via via più vividi e cupi.
“E’ bello il tramonto sul mare, specie nei momenti di silenzio interiore, vero?”
Reika si voltò, e vide il volto grave di un giovane di colore.
Era l’africano…..Piunma.
“Sì, è vero………” rispose Reika, con tono vagamente sognante.
Piunma si unì a lei nella contemplazione.
Fu Reika a rompere il silenzio.
“Posso darti del tu?”
“Sì”
“Perché hai detto che per te sarà facile adattarti alla vita del minatore? Sei stato minatore, prima di diventare cyborg?”
A quella domanda, gli occhi di Piunma si misero a guardare verso il passato.
La sua risposta lasciò Reika senza fiato
“”No, sono stato un schiavo”
Piunma fece per allontanarsi.
Lei si mosse rapida e gli afferrò un polso.
“Perdonami, ti prego, non volevo…….”
“Non preoccuparti, è acqua passata ormai”
L’indice di Piunma indicò un punto dietro le spalle di Reika.
“Credo che qualcuno debba parlarti”
Reika vide Albert. Era così bello guardarlo nella luce del tramonto. I suoi capelli parevano ancora più biondi.
Albert si avvicinò.
“Ciao, Reika”
“Ciao….” Fece lei, incapace di muoversi come se fosse inchiodata al suolo.
“Reika, tu hai letto il mio fascicolo, non è vero?”
Lei annuì, emozionata.
“Quindi hai letto anche di Hilda”
“Sì!” rispose schermendosi.
Albert le afferrò un gomito facendola sobbalzare.
Reika lo guardò trepidante, in silenzio, spaventata da ciò che provava e dal gesto di passione di Albert.
La voce di Albert suonò dolcissima.
Albert le parlò nello stesso modo in cui aveva parlato alla ragazza che era morta anni prima fra le sue braccia.
“Reika, in te io rivedo la sua forza”
Reika sentì un tuffo al cuore. Non riusciva a capacitarsi del torrente di passione improvviso che parve incendiarle le membra.
La sua risposta fu frenetica ed incoerente.
“No! Non dirmi così , ti prego……..perché sei venuto a sconvolgere la mia vita?……è un bene che io e te non saremo assieme su Marte perché non sarei stata efficiente a causa di……..a causa tua……oh, perdonami! Quello che dico non ha senso……..”
Non resse all’emozione e si divincolò.
Albert la guardò fuggire, poi si portò la mano metallica davanti agli occhi e disse dentro di sé: “Grazie, Reika”
Atto terzo– Sul pianeta rosso
Il lungo staffile lacerò la veste di Koros facendole sanguinare la schiena eburnea. Poi una seconda frusta le fece zampillare il sangue dal seno strappandole un urlo atroce.
Indietreggiava strisciando, lacera e terrorizzata. La tenebra era assoluta, ma il suo corpo percepiva il terreno pietroso.
Non avrebbe dovuto vedere nulla, ma le fruste che mordevano la sua pelle delicata erano visibili, come i suoi carnefici.
Tre uomini calvi in abito talare, tre inquisitori dal volto parzialmente artificiale, brandivano quegli staffili colpendola sempre nei punti più delicati, beffandosi dei suoi miseri tentativi di coprirsi con le braccia. Il dolore era tanto forte da trasformarsi quasi in piacere. Uno dei tre uomini aveva la parte destra del volto identica a quella di un’androide. Un altro la parte centrale. Il terzo, la parte sinistra. Tutte e tre brulicavano di cangianti puntini luminosi.
Quello con la parte artificiale destra la sferzò su una coscia seminuda, apostrofandola.
Koros gridò e si coricò su un fianco, stringendosi la coscia con entrambe le mani.
“Ti piacciono le nostre carezze, sgualdrina? O quelle del tuo amante umano ti paiono pìù tenere?”
“M-maestro Shiva, ti prego………”
I tre risero con ferocia.
“Prega anche me!” disse quello con la parte artificiale al centro, facendo schioccare il lungo nervo di bue sulle sue natiche.
Koros emise un altro grido e pianse.
Poi si sollevò su un braccio, tremante, coprendosi il seno con un brandello di stoffa.
“B-Brahman………m-maestro, io……perché mi fate questo……”
“Ah, chiede perché, la meretrice!” gridò il terzo dei suoi aguzzini, infliggendole un altro colpo di frusta.
Koros raggiunse la disperazione.
“Perchè, perché??!!”
Fu Shiva a parlare.
“Eccoti a strisciare nuda, come la miserabile schiava che sei! Dimmi, ti abbiamo creato per prostituirti? Quell’umano ci serviva solo per il tuo progetto, e quel tuo bel corpicino doveva servire solo come esca, ma tu…….tu! Tu ci preso gusto a portartelo a letto, poi hai creduto di avere libero arbitrio ed ora…..osi provare sentimenti per lui?”
Poi Brahma proseguì.
“Credi di aver scoperto quanto sia bello l’amore? Ti sei fatta indebolire da un’umano! Tu, la nostra creazione più perfetta, hai creduto di poterci essere superiore? Sei debole e stupida……..lui aveva una moglie, un’altra stupida con dei sentimenti, ed hai visto come è stata usata? Come l’ha gettata via? Anche sua moglie Eyla lo amava, ed ora soffre insieme ai suoi figli. Ci pensi, a quaesto, ogni volta che te lo porti a letto?”
Infine Vishnu concluse.
“Saper provare amore significa anche provare rimorso, ed imparare ad espiare”
I tre si misero in fila indiana, formando una figura sola.
Sul capo di essa si illuminò un cervello coperto da una calotta trasparente. La figura si ingigantì mentre avanzava facendo ondeggiare il manto nero.
Koros tese una mano verso di lui.
“Don Zaucker” disse con voce implorante.
Il cervello del cyborg dal volto di bronzo si illuminò tre volte di una luce nebbiosa accompagnata da rumori sfrigolanti. La sua gigantesca mano da robot afferrò Koros per un braccio sollevandola come un fuscello. L’altra le strappò di dosso ciò che restava dei suoi vestiti, lasciandole solo gli stivali. Poi la linea della bocca divenne un rettangolo dalle dimensioni cangianti mentre parlava.
“Mi hai tradito, mia diletta”
“N-no….io………ti amo……..io….”
“Non pensi che a me?”
“S-sì……..i tre gemelli sbagliano……..non capiscono”
“Non mentirmi, mia prediletta…...“
“Ascolta, è vero…..ho pensato di poter amare ma……ora ho capito….”
“Se hai capito, ora celebreremo le nostre nozze, mia cara, ma, se hai conosciuto l’amore, devi imparare anche a soffrire….io ti insegnerò”
“Oh, sì….salvami, ti prego…..”
“Vieni, sdraiati sul tuo letto nuziale…”
Don Zaucker la sdraiò su un’altare. Le membra di Koros vennero bloccate da quattro anelli di ferro. Il sangue che usciva dal suo corpo martoriato prese a tracciare rivoli sulla fredda roccià dell’ara sacrificale.
Don Zaucker era assiso su un trono.
“Ecco chi celebrerà il rito”.
Koros sollevò la testa e gridò inorridita. Eyla Haran era in piedi vicino all’altare.
“No, noooo, nooooooo!!!”
Eyla Haran salì sull’altare e si mise cavalcioni sul suo ventre.
Koros la guardò negli occhi.
“Soffri?” le chiese Eyla.
“Tu…….tu……” riuscì a dire Koros.
Eyla sollevò un pugnale sacrificale, tenendolo sospeso sopra il petto di Koros.
Non badò alla vittima. Si rivolse a Don Zaucker.
“Vuoi tu prendere questa donna come tua legittima sposa?”
“Lo voglio!” tuonò il colosso Nero.
Koros sentì le voci dei tre gemelli parlare all’unisono.
“Ora ci mostrerai davvero il tuo cuore”
Il pugnale si abbassò di scatto sul petto di Koros che si contorceva invano.
La povera Koros chiuse gli occhi ed urlò.
Riuscì ad abbracciarsi il petto e rotolò a terra. Poi una luce intensa le ferì gli occhi e due braccia robuste la alzarono da terra.
Era nella sua stanza da letto. Haran Sozo la scuoteva, gridandole di svegliarsi.
Koros si guardò intorno e riconobbe la loro stanza da letto.
Era nuda, tremante, sconvolta e fradicia di sudore al punto da avere i capelli attaccati alla schiena.
“Koros, controllati, calma, è solo un’incubo”
“Sozo, oh! Sozo.Abbracciamni, tienimi……….tienimi stretta…io…..maledizione a me!”
“Maledizione a te? Cosa stai dicendo?”
“Sozo, maledizione, tu……..mi sono innamorata davvero di te, maledizione, maledizione!!”
“Ma come? Prima fingevi?”
“S-sì” lei lo abbracciò più forte “D-dovevo solo servirmi di te, ma poi i tuoi sogni mi hanno contagiato, le nostre notti d’amore, anche se di un’amore maledetto, sono penetrate nel mio animo….nemmeno sapevo di averlo………io……io sono nata adulta….”
“Sei totalmente artificiale! Mi hai mentito!”
“Sozo, Sozo, ti prego! Hai fatto di me una puttana agli occhi del Fantasma Nero, almeno ascoltami! Non puoi respingermi ora……..i nostri sogni………il nostro ideale faranno sì che tutto ciò non abbia importanza, lo sai…..”
“E’ vero che ora mi ami?” Haran Sozo provò una fitta allo stomaco pensando ad Eyla.
“Sì, anche se questo fa di me una puttana, non mi interessa…..al diavolo gli scrupoli, Sozo! Ti voglio!”
“Anch’io…..io……ormai non possiamo più tornare indietro………o trionfiamo entrambi, o siamo persi tutti e due……dobbiamo cambiare l’umanità. Io stesso dovrò divenire cyborg…….i Meganoidi, null’altro conta…..”
Koros lo guardò, sempre scossa, ma rinfrancata.
“Maledizione, sudata come sono, ho bisogno di una doccia”
“Sì, rimettiti in forma, domattina arriverà la figlia di Tachibana”
“Ah sì, il paio di tette senza cervello!”
Koros riuscì persino a ridere, poi lanciò ad Haran Sozo uno sguardo ammiccante.
“Spogliati anche tu…..ho bisogno di qualcuno che mi insaponi la schiena…….”
Reika era pensierosa. Era seduta nella sua stanza d’albergo. Avrebbe dovuto coricarsi per essere in forma al suo risveglio. Il confronto con Koros li attendeva. L’ampia finestra avrebbe permesso alla sua vista di spaziare su Von Braun City, ma Reika teneva il capo chino. Durante il viaggio aveva parlato poco. Pensava ad Albert. Non avrebbe mai creduto di poter cedere ai propri sentimenti così facilmente. Si sentiva vulnerabile, ma nello stesso tempo felice di soffrire. Quell’uomo aveva una strano carisma, quello di una persona sincera, volitiva, uno che sapeva chi era perché aveva conosciuto la sofferenza. Reika aveva letto il suo fascicolo, aveva letto di Hilda. Si immaginò la scena, gli spari, il camion rovesciato, lei esanime fra le sue braccia, lui che gridava il suo nome…….Reika sentiva una fitta al petto mentre ci pensava, consapevole che nel cuore di Albert ci sarebbe stato sempre uno spazio per Hilda, e sentiva anche che questa consapevolezza non la rendeva minimamente gelosa. Sapeva anche che Albert era un cyborg. Faceva fatica ad accettare quel corpo metallico, e di questo si vergognava. Si diede della debole, della stupida, della ragazzina sognatrice, ma sapeva di non esserla. Tutto quel travaglio interiore la rendeva più adulta, più donna, ma al prezzo di un profondo disagio. Prima di incontrarre Albert la sua vita era perfetta. Era sicura di sé, decisa, preparata, senza tentennamenti, aveva tempo per pensare ad una relazione, ma quella certezza era stata illusoria.
“Ti senti forte e d’improvviso Amore colpisce al cuore col silenziatore” pensò, parafrasando una canzonetta italiana…….dii una certa Rosa…….Ambra? Non ricordava.
La sua tensione crebbe al punto da far sì che le unghie delle mani le pungessero le palme. Si lamentò per il dolore, si alzò di scatto e prese una decisione improvvisa.
Si diresse verso la stanza di Jet attraversando il corridoio silenzioso. Bussò con decisione, Jet aprì con il chiavistello, la riconobbe e la fece entrare. Reika si chiuse rapidamente la porta alle spalle. Vide che Jet aveva impugnato la sua pistola laser.
“Cosa succede, Reika?”
“Devo parlarti, Jet”
Jet la fissò, preoccupato.
“E’ successo qualcosa?”
“No, niente?”
“E allora?” sbottò Jet spazientito “Cerchi un flirt?”
“Non con te!!” scattò Reika.
“Allora con chi, con Beauty? Sei una rappresentante del terzo sesso che ha sbagliato porta?”
“Non fare lo scemo……….ti prego”
Il tono accorato delle ultime due parole di Reika rese Jet serio.
Reika proseguì.
“Jet, si tratta di qualcosa di personale, riguarda anche una nostra comune conoscenza”
“Quale?”
“Jet io…..mi assicuri che questa conversazione non uscirà da queste quattro mura?”
“Sì, certamente”
“Voglio parlare di Albert”
“004?”
“Sì, lui, io…..ti prego, possiamo andare sul balcone, ho bisogno di aria”!
Reia uscì insieme a Jet e si appoggiò al parapetto. Erano al centesimo piano. Era possibile ammirare Von Braun City come dall’abitacolo di un velivolo. La brezza tiepida fece ondeggiare i lunghi capelli castani di Reika rendendola così bella da lasciare Jet senza parole.
“Reika, sei davvero……”
“Grazie” rispose lei, lo sguardo vellutato di malinconia.
Jet capì che stava soffrendo.
“Gran bella cosa l’amore, vero?” le disse, senza alcuna ironia.
“Oh, sì….” Fece lei con un debole sorriso.
“Finchè non ci prende a calci” completò Jet.
“Hai fatto centro, 002”
“Ah, non intendo certo vantarmene! Quanto a sfortuna in amore ho un talento straordinario” rispose Jet, alleggerendo la tensione “Volevi parlare di Albert?”
“Sì, e credo che tu abbia capito perché”
“Tu e lui…..”
“Calma, non è ancora successo nulla….io……Jet, tu lo conosci bene, hai vissuto per anni con lui, vi siete salvati la vita a vicenda, avete condiviso tutto…..dimmi la verità, pensi che lui ed io……lui è un cyborg…”
Sul viso di Jet comparve un’espressione dolorosa.
Reika si bloccò.
“Oh….perdonami Jet….non volevo….io…..”
Jet vide una lacrima argentea scendere su quel viso.
Reika non si trattenne più
“Jet, io lo amo….”
Jet rimase di sasso.
Reika arrossì e si coprì la bocca con la mano. Ebbe la sensazione che il pavimento le si aprisse sotto i piedi. Quella confessione fu come un salto nell’abisso. Reika fece per andarsene. Jet la afferrò per un braccio.
“Eh no, bella! Non puoi andartene così, non in un momento simile. Hai detto di voler parlare. Ora lo facciamo, maledizione!”
Reika recuperò la sua tempra. Un lampo le illuminò lo sguardo quando fissò Jet divincolandosi dalla sua presa.
“E va bene, americano!”
Jet traboccò di ammirazione. Reika aveva la stessa espressione delle ragazze della sua banda nel West Side. Da una ragazza di buona famiglia come Reika non se lo aspettava. Non era scena, quella era un pupa d’acciaio! Gli parve per un’istante di trovarsi a New York.
“Albert è fortunato…..” rispose Jet ”….e lo sei anche tu”
Reika parve calmarsi. Pendeva dalle labbra di Jet.
“Hai ragione, Albert per me è come un fratello, e, fra tutti gli altri membri del gruppo, è stato quello che ha subito le sofferenze peggiori. Esteriormente è silenzioso, pragmatico nelle osservazioni, sarcastico nell’umorismo, ma lo fa solo per mantenere un suo equilibrio. Anche io so cosa vuol dire tacere, tenersi tutto dentro, essere soli e dover essere forti……..però lui fa più fatica solo perché, come dice 003….”
“Françoise Arnould?”
“Sì, lei, il nostro angelo……ecco, come dice Françoise, perché Albert è dolce…..”
A Reika tremarono le gambe. Chinò il capo e si mise le mani sulle tempie.
“Oh Dio! Jet……”
“Reika, tu saresti la donna che ci vuole per lui, ma devo avvertirti che è dura amare un cyborg…….è già difficile tra cyborg, basta vedere Joe e Françoise”
Reika guardò Jet con gratitudine. Fare un discorso del genere doveva essere una sofferenza per chi è un cyborg a propria volta.
“Reika, tu avresti il coraggio per farlo…..devi parlarne con lui……sai, Albert meriterebbe il tuo amore dopo tanta solitudine, lo meriterebbe più di chiunque altro”
“Sai, americano, ho letto che sei un duro, che usavi il coltello per batterti con le bande rivali……….beh, sicuramente sei cambiato……sei più profondo di quanto vuoi ammettere”
“Non scherzare, bimba, tu non mi conosci davvero!”
“Dimmi, come ti ringraziavano le donne nel West Side?”
“Con un bacio!”
“Che scemo!” rispose Reika, e lo baciò sulla guancia. Quando aprì la porta per tornare nella sua stanza, gli fece un cenno di saluto. La sua espressione non era più turbata.
Jet ricambiò il cenno sorridendo, ma quando lei uscì e chiuse la porta, si lasciò cadere su una poltrona. L’emozione di quel dialogo lo aveva toccato in profondità, ma la fedeltà al suo personaggio non volle mancare.
“Ringrazia bene, la ragazza!” esclamò nel silenzio della stanza.
Jet Link guardò Beauty mettersi il rossetto nella hall dell’albergo.
Dalla disinvoltura con cui lo applicava, si capiva come per lei fosse naturale.
Beauty, bellezza…….una bellezza in carne, ossa, sangue, cuore….una bellezza interamente umana, mentre lui cos’era? Un uomo? No….Una macchina? Neppure…..Ed anche quando era stato un uomo, che razza di uomo era stato? Un delinquentello convinto che i pugni o un coltello avrebbero potuto risolvere qualsiasi problema……..che stupido! Un uomo che non avrebbe potuto certo sperare di avere vicino una donna come Beauty, ricca, raffinata, colta e perbene, intelligente...
Da quando la ferita del suo sentimento senza speranza per Françoise si era lentamemte rimarginata, Jet aveva riacquistato il suo equilibrio, ammesso che ne avesse davvero uno. La vita si era fatta di nuovo sopportabile ed il futuro interessante, ma la chiamata di Gilmoure lo aveva riportato nel passato e lo aveva messo di fronte a quella bellezza bionda……….inarrivabile……, ed apparentemente ben disposta nei suoi riguardi.
“Perché ti chiamano Jet?”
“Perché ti chiamano Beauty?”
Un’esca per un flirt? In realtà, non la conosceva abbastanza per poterlo affermare. Jet si rese conto di voler vedere in quell’episodio solo ciò che gli sarebbe piaciuto, mentre lei, magari, lo aveva già dimenticato.
Beauty si strofinò le labbra l’una contro l’altra ed esaminò il risultato con lo specchietto, poi si rivolse a Jet.
“Cosa stai guardando, Jet?”
Jet accennò un sorriso.
“Te” le rispose in maniera diretta, come sempre “Ti dà fastidio?”
“No, affatto!” replicò lei, divertita.
Françoise sarebbe leggermente arrossita, non per timidezza, ma per la sua naturale compostezza. Jet notò che Beauty invece non arrossiva mai a nessun complimento, ma neppure se ne inorgogliva. Notò anche che la stava idealizzando, che stava sostituendo Françoise con un nuovo oggetto di desiderio………..di sentimento…..oh, al diavolo! Non era fatto per arrovellarsi come Joe! Lui doveva agire.
Reika, seduta accanto Jet, mantenne un’espressione sorniona, poi si rivolse a Jet.
“Ci siamo quasi, Jet. Gli uomini della Neurobyte verranno a prenderci. Io sono la segretaria di Beauty, e tu la sua guardia del corpo”
Jet tentò un’azzardo.
“Ok! Le guarderò il corpo!”
“Scemo” gli bisbigliò graziosamente Reika all’orecchio.
Beauty rise, a suo agio come sempre.
Quando scesero, rimasero sopresi vedendo Koros in persona ad attenderli. Elegantissima ed algida come sempre, la dark lady della Neurobyte stava fumando una sigaretta con un lungo bocchino. Dietro di lei, una fila di men in black con gli occhiali a specchio, impeccabili ed inespressivi, attendeva in silenzio insieme a due berline nere.
“Oh, mio Dio” fece Beauty esasperata, ma a voce bassa “Possibile che la prima cosa che devo vedere su un altro pianeta debba essere quella specie di gatta morta?”
Jet guardò Koros, incuriosito. Un Fantasma Nero in gonnella? Per istinto, Jet la trovò pericolosamente adatta al ruolo, soprattutto a causa de tetro carisma che emanava dalla sua figura snella e pallida.
Reika si avvicinò a Beauty e le parlò. Sapeva che Jet li stava schermando contro eventuali apparecchiature d’ascolto.
“Rimani calma e rispondile per le rime solo se sarà insolente. Non insospettirla e parlale di sciocchezze”
“Ok” fece Beauty.
Eyla Haran guardò la vetta del missile di classe Daytarn. Bianca e scintillante, l’astronave era puntata verso l’uscita del silos, che si trovava quasi un chilometro più in alto. I due portelli si aprivano al centro di un cratere della superficie. Eyla era una degli artefici di quel capolavoro, realizzato nei laboratori dell’Accademia Spaziale. Dopo la sua dolorosa separazione dal marito e l’assenza dei suoi figli, Eyla si era tuffata nel lavoro. Alloggiava presso i laboratori, perché l’appartamento vuoto dove aveva vissuto la sua famiglia le ridestava troppi ricordi. Cercava un po’ di pace, ma lo spettro di quell’uomo irriconoscibile che era stato suo marito non doveva cessare di perseguitarla. Il missile di classe Daytarn conteneva un robot trasformabile destinato ad operare nello spazio. Si trattava di un gigantesco esoscheletro che poteva assumere tre configurazioni: velivolo, cingolato ed androide. Nella sua configurazione antropomorfa, ricordava un’armatura del giappone medievale. Era stato Haran Sozo a progettarlo, ed ora la Neurobyte lo reclamava.
Eyla si volse verso il comandante Minamoto.
“Comandante, non devono averlo!”
Minamoto annuì, semplice e deciso.
“Non lo avranno, anche a costo di……”
Un lampo di comprensione fece dilatare per un’istante gli occhi di Eyla. Stavano pensando la stessa cosa. Distruggerlo di proposito insieme ai progetti. Eyla ebbe quasi paura. Intuì di non essere la sola ad avere sospetti su suo marito, e che forse le cose erano peggiori di quanto sembrasse.
“Solo in caso di emergenza estrema, naturalmente”
Eyla si avvicinò guardandolo negli occhi.
“Comandante” gli disse con voce bassa, ma accorata “la prego, se può dirmi qualcosa, me la dica….mio marito…….cosa sta facendo davvero, cos’è realmente la Neurobyte?”
“Un’azienda insospettabile, ed al contempo un stato dentro allo stato……..non posso dirle di più, ho solo dei sospetti ma………ho giurato di tacere”
“Non fatemi morire di ansia, vi prego….”
“Lo farò a condizione che giurerete di tacere, o dovrò farvi arrestare”
Eyla deglutì per la tensione.
“Non parlerò”
“Per ora posso dirvi solo che ci sono accertamenti in corso. Posso dirvi solo due parole, che naturalmente lei dimenticherà subito: Fantasma Nero”
“Oh, no……non può essere……..la squadra speciale creata da quel cibernetico, Gilmoure, li aveva distrutti”
“E’ quello che credevamo, sulla Terra non sono più operativi, ma forse qui….”
“E mio marito….”
“Basta!” le intimò Minamoto “Forse ci stiamo sbagliando. Ad ogni modo, ditemi: posso contare su di voi qualora dovessimo prendere una decisione estrema?”
Eyla sentì i suoi polsi tremare. Le girava la testa. Minamoto le stava proponendo di diventare parte di un complotto.
“Mi avete detto troppo poco, comandante, per convincermi a fare una cosa del genere…..diventare una traditrice”
“Avete ragione. Venite nel mio ufficio, domani, e capirete. Se preferite non sapere, questa conversazione non avrà mai avuto luogo. Sappiate, comunque, che sto agendo legalmente.”
Eyla conosceva Minamoto. Sapeva di potersi fidare di lui. Ripensò anche alle deliranti parole di suo marito. Pensò al Fantasma Nero.
“Comandante, perché non agisce scopertamente? Perché non agisce tramite le istituzioni?”
“Perché i normali metodi di investigazione non hanno portato a nulla. La Neurobyte non ha nulla da nascondere, e forse è così, ma se ci sbagliamo l’intera colonia di Marte sarebbe in pericolo.”
“Comandante, io non so se crederle”
“Gliel’ho spiegato: posso svelarle tutto, ma dopo non potrà tornare indietro”
Eyla esitò, poi, con una fitta allo stomaco, rispose.
“Accetto”
Banjo e Ded erano in centrale, seduti di fronte alla gigantesca mappa elettronica che rappresentava tutta Hobertown. Era un sabato sera, il giorno in cui i minatori si dedicavano alle loro attività di ricreazione, e spesso non si trattava di padri di famiglia. Seduti sulle poltrone, Ded e Banjo attendevano che il loro coordinatore indicasse loro il giro di pattugliamento. L’ispettore Lombardo, con la sua fondina ascellare e le maniche di camicia candide rimboccate fino al gomito, si avvicinò fissando il grande schermo con occhio critico. Aveva come sempre la sua inseparabile fondina ascellare ed il suo sigaro.
Si rivolse ai Ded e Banjo.
“Okay, ragazzi. Questa è la vostra prima vera missione. Mi raccomando, occhi aperti e nervi saldi. Se la situazione si fa troppo critica, chiamate rinforzi. Se saranno disponibili, li avrete, altrimenti…..”
Ded e Banjo annuirono.
Un agente diede loro un foglio di ordini. Salutarono l’ispettore e presero lì’ascensore per scendere all’autorimessa.
L’auto della Polizia li lasciò di fronte ad uno degli ingressi di Eldorado, il grande “parco di divertimenti” che incrementava in maniera rassicurante i profitti della Neurobyte Corporation. Case da gioco, divertimenti a luci rosse, alcolici…….uno spettacolo hi-tech sgargiante e disgustoso. La Neurobyte sapeva come prendersi cura dei propri dipendenti facendosi restituire parte della loro paga, se non tutta. Le offerte di quel supermercato dello stordimento edonistico erano proposte ai clienti tramite una rete di gallerie di vetro articolate su più livelli. Tutto pareva tranquillo, almeno secondo gli standard del luogo, ma i due ragazzi tenevano gli occhi aperti ed erano bene armati. L’ispettore Lombardo aveva fatto visionare loro i rapporti relativi alle morti di tre minatori. I tre erano stati colti da improvvise crisi di follia il cui fattore scatenante non era stato chiarito. Uno di loro risultava caduto all’interno di un pozzo dopo aver tentato di sfuggire a coloro che avevano cercato invano di immobilizzarlo durante le sue escandescenze. L’autopsia non aveva evidenziato nulla di anormale. Un secondo operaio aveva cercato di uccidere la moglie. La poveretta era riuscita a sfuggirgli correndo in strada. Un poliziotto fu costretto a fare fuoco sull’uomo. Seconda autopsia, e per la seconda volta nulla da segnalare. Il terzo caso fu una morte durante una rissa in un bar, pare a causa di una donna. L’assassino era a piede libero. I testimoni affermarono di avere visto la vittima dare improvvisi segni di follia. Terza autopsia, nessuna anomalia evidente. L’ispettore Lombardo però era di un altro avviso. Quelle tre morti non avevano connessioni apparenti, tranne il fatto che i tre lavorassero per la stessa struttura, ma a Hobertown tutti lavoravano per la stessa struttura. Tre casi di follia possono essere una coincidenza, ma era strano il fatto che nessuno dei tre risultasse aver mai avuto problemi psichici in precedenza e neppure risultasse sotto l’azione di qualche allucinogeno. Il medico legale che aveva svolto le autopsie si era dimesso poco dopo ed era stato sostituito. L’ispettore ne aveva chiesto le ragioni, ricevendo risposte di circostanza. Il suo successore era un tipo efficiente, ma taciturno.
“Se notate un caso del genere, prendetelo vivo. Sento odore di droga, e di qualche nuovo tipo estremamente pericoloso. Hobertown ne sarebbe il mercato ideale”
Droga.
Un brutta parola.
Banjo e suo fratello si erano preparati psicologicamente a tirare il grilletto.
Avanzavano lanciando rapide occhiate ai bar, alle sale giochi e agli ingressi dei locali, via via che procedevano verso il centro della struttura.
All’improvviso i loro comunicatori trillarono.
Codice rosso, livello tre, terza strada, esplosione in un locale. Bloccare fuggiasca sospetta, Doyle Kristen, anni 24, castana, minatrice, nessun precedente. Ded e banjo videro la sua foto sugli schermi dei comunicatori. Ded confermò la ricezione. Attivarono gli auricolari
“Livello tre, scendiamo con l’ascensore!” esclamò Banjo.
Usciti dall’ascensore, corsero nella direzione segnalata dalla centrale, che seguiva la fuga di Kristen Doyle con i monitor. La ragazza era in gamba. Fredda, veloce, instancabile, non fuggiva a caso. Mirava ad uscire dal complesso. Banjo intuì che si stava muovendo in modo da essere sempre vicina agli ascensori. Era scesa di un altro livello. L’intrico delle vie affollate del secondo livello aveva un vantaggio: la maggior parte erano senza sbocco. Era prevedibile che la ragazza avrebbe tentato di avvicinarsi ad un’ascensore per risalire. Banjo ebbe un’idea.
“Ded, la ragazza e’ nella strada principale. Se scende ancora, è in trappola. Al livello inferiore non ci sono uscite, cercherà di risalire ed ha solo il quattro a disposizione”
“Ok” fece Ded “Io la seguo, tu aspettala all’ascensore quattro”
Ded scese al piano due, Banjo raggiungeva l’ascensore dopo una lunga corsa attraverso le vie affollate.
Al livello inferiore Ded, seguendo le indicazioni della centrale, l’aveva vista. La ragazza, snella ed alta, era fuggita terrorizzata.
Ded mostrò il distintivo e spianò l’arma, regolata a potenza di stordimento.
“Polizia! Allontanatevi!”
La folla si scostò precipitosamente.
“Alt, Polizia!”
La ragazza continuò a correre.
“Ferma, Polizia!”
La ragazza si voltò spianando un fulminatore.
Ded fece fuoco, sfiorandole il braccio armato. La scarica lettrica strappò un grido alla fuggiasca che lasciò cadere l’arma e continuò a fuggire.
Ded la raccolse. Era regolata sullo stordimento. Non voleva uccidere.
Lo comunicò a Banjo.
Banjo premette il pulsante di chiamata ed attese.
Quando la ragazza uscì, Banjo la stordì, ma al contempo colse un movimento con la coda dell’occhio. Il suo istinto lo fece balzare al riparo. Un colpo di laser, mortale, bucò la parete. Banjo regolò il laser al massimo e rispose. Un secondo colpo sfiorò la ragazza. Stavano cercando di ucciderla. Banjo fece fuoco all’impazzata obbligando il suo avverasrio a rintanarsi. Avvisò Ded, che chiamò subito rinforzi, e si precipitò ad aiutare Banjo, ma non poteva ricorrere all’ascensore. Se lo avesse fatto, lo avvertì Banjo, lo avrebbero ucciso non appena le porte si fossero aperte.
Banjo continuò a sparare, ma il suo fuoco di copertura non avrebbe inchidato il suo avversario in eterno.
Chiese ancora rinforzi.
L’agente Heinrich e l’agente Shimamura stavano arrivando, confermò la centrale. Banjo non poteva saperlo, ma il loro intervento non era una caso. L’ispettore Lombardo era in contatto con il colonnello Garrison tramite il comandante Minamoto.
Banjo si accorse che i suoi avversari si stavano moltiplicando. Una seconda sagoma nera si era aggiunta alla prima. Banjo la vide scomparire. Subito dopo un avversario in uniforme nera si materializzò di fronte e lui dal nulla. Un cyborg accelerato! I riflessi di Banjo furono tanto rapidi da stupèire il suo avversario artificiale, che ne evitò a stento il colpo. Banjo lo colpì alla mandibola con un calcio circolare, ma quello si rialzò fulmineo e fece per sparare. Non ci riuscì.. Si abbattè al suolo come se avesse ricevuto un colpo di taglio sul collo. Joe si materializzo davanti all’esterefatto Banjo, raccolse la ragazza svenuta, poi i due scomparvero e si rimaterializzarono al riparo.
Il complice si sporse dal suo riparo. Banjo e Joe si gettarono a terra e spianarono le armi. Banjo lo fece con una tale rapidità da spingere Joe a chiedersi se anche il figlio del Dottor Haran fosse un cyborg. Il secondo aggressore puntò un lanciagranate, ma non fece intempo ad usarlo. Il soffitto sopra di lui crollò ed Albert Heinrich piombò su di lui stordendolo. Ded arrivò di corsa con l’arma spianata. Banjo lo avvertì che era tutto finito.
Albert tastò il polso all’uomo che aveva stordito. Era morto.
Anche il cyborg colpito da Joe era morto.
Rimasero tutti esterrefatti. Non era possibile.
La ragazza era viva, invece.
Quando raccolsero le armi dei loro aggressori, queste si dissolsero nelle loro mani.
Albert li perquisì. Non avevano documenti. Le mani di entrambi erano artificiali, quindi prive di impronte digitali.
Uno di loro aveva una strana catenina al collo.
Albert ne esaminò il ciondolo.
“E’ una Hakenkreuz” commentò asciutto.
Joe, Banjo e Ded la guardarono.
Una svastica
Atto quarto - Don Zaucker
Koros fece a Beauty un sorriso dolcissimo e, con voce intrisa di armoniche profondamente sensuali, le rivolse la parola.
“Signorina Tachibana, che piacere rivederla! Come sta vostro padre?”
Per un'istante il viso di Beauty parve infiammarsi, poi la sua espressione si distese e la sua voce da soprano replicò altrettanto amabilmente.
“Molto bene, grazie! Mio padre, gode di ottima salute. Sapete, non parla che di voi, siete come una figlia per lui....in effetti ne avreste l'età!”
“Voi mi adulate, signorina Tachibana” replicò Koros, senza scomporsi esteriormente, ma lievemente irritata da quell'ironia.
“Oh, chiamatemi pure Beauty.....mi dicono tutti che è un nome carino.....ah! Quasi dimenticavo........posso presentarvi la signorina Sanyo, mia segretaria personale, e Jet Link, la mia guardia del corpo?.”
Reika strinse la mano di Koros. Ebbe un'impressione strana, quella di stringere una forma astratta.....era come stringere la mano ad una scultura greca che si fosse improvvisamente animata per presentarsi.
Poi toccò a Jet. Gli occhi azzurri di Koros si fecero penetranti mentre incontravano quelli chiari di Jet. Provò un fremito, simile a quella strana empatia che le aveva comunicato Haran Banjo, ma anche una certa affinità che era mancata con il figlio del suo amante. Era dovuta al fatto che anche Jet fosse stato creato dal Fantasma Nero. Koros tentò di inviare a Jet un segnale di riconoscimento attraverso il gioiello che portava sulla fronte, ma non ebbe la risposta automatica prevista. Il Professor Gilmoure aveva disattivato da tempo quel dispositivo. Koros rimase un'istante perplessa, poi li fece accomodare in macchina e partirono con tutta la loro scorta.
Reika notò che le macchine erano blindate.
Fingendo di sistemarsi il braccialetto, ne armò il dispostivo sfondavetro a risonanza. Il medaglione del bracciale, posto a contatto con la superficie di un cristallo non superiore ad un certo spessore, ne provocava la frantumazione grazie ad una vibrazione ad altissima frequenza. Un gioiellino spionistico in dotazione all'Interpol. Anche se Beauty non era preoccupata e Jet era sicuro di sé, Reika temeva un possibile attentato alle loro vite. Non le piaceva restare rinchiusa in quella macchina blindata. Voleva essere certa di poter uscire.
“Allora, Beauty” disse Koros spegnendo la sigaretta “Inizieremo con una visita al nostro centro ricerche avanzate ed alla sede amministrativa. Faremo una pausa per il pranzo. Alle venti ora locale avremo terminato. Procederemo con calma, abbiamo diversi giorni a disposizione. Potrete rendervi conto di come il vostro denaro sia bene investito con noi. Essere ricchi è bene, perché ci si può togliere la soddisfazione di diventare ricchissimi”
“Già” aggiunse Beauty, fingendosi scema al punto giusto “e per una donna non c'è forma di emancipazione migliore”
“Perdonatemi, Koros” chiese Reika “ Per quale ragione giriamo sotto scorta?”
“Beh, è solo una precauzione, quasi certamente eccessiva ma, sapete, pare che un non ben identificato gruppo terroristico neonazista abbia iniziato a svolgere la propria attività su Marte.......ieri c'è stata una sparatoria con alcuni agenti di polizia al nostro centro divertimenti di Rigoberto.....spesso gruppi di quel genere si finanziano con i rapimenti ed un'ospite come la signorina Tachibana, figlia di un magnate, potrebbe essere una preda interessante”
“Per questo, ci sono io!” intervenne Jet.
Koros tornò a guardarlo, con una strana simpatia che mise Jet leggermente e disagio. Seduzione.
“Sono convinta che Beauty sia in ottime mani, signor Link” Koros impreziosì la frase con un'ammiccamento da entraineuse.
“Quella la sa lunga, Jet” disse a se stesso “Non cascarci”
Certo, se fosse stata Beauty a guardarlo in quel modo..........Beauty..........ma perché doveva sempre finire a sospirare come il giovane Werther? Lui aveva bisogno dell'azione, anche avventata, all'occorrenza........doveva provarci con Beauty...........che non pareva affatto gelosa di Koros.....avrebbe cambiato idea.
Beauty........
“Aiza!”
Udendo il proprio nome, Aiza si era girata. La sorpresa le dilatò gli occhi per lo stupore.
“Lisa....”
“Già, sorellina”
Ad Aiza non piacque l'inflessione di quel diminutivo.
“Perché lo dici con quel tono, Lisa? ” replicò lei, offesa “Io sono contenta di vederti.....perché deve essere sempre tutto difficile, tra noi?”
“Sei tu a renderlo difficile........”
“Lisa, non iniziamo! Vieni, facciamo due passi con calma e parliamo, se vuoi parlarmi”
Aiza si mise a tracolla la borsa con i pattini e le fece cenno di seguirla. Lisa lo fece, ma senza addolcirsi.
“Sono qui per farti ragionare, Aiza! Quell'Haran Banjo è solo un teppista!”
“Non parlare così del mio fidanzato! E va bene, ti ha fatto quello scherzo, ma si è scusato e lo sta anche scontando.......dovresti ridere dell'accaduto anziché stizzirti!”
“Non si tratta solo di questo, Aiza..........ma di suo padre”
“Ascolta, i suoi si sono separati, ma lui è un ragazzo a posto, è onesto ed un brillante allievo dell'Accademia....questo lo sai anche tu!”
“Aiza, io ci tengo a te.....devo farti un discorso molto complesso........se ti chiedessi di tenere un segreto, un segreto pericoloso.....”
“Lisa, ma cosa......” Aiza impallidì.
“Un segreto capace di superare tutti i tuoi sogni.........”
Aiza vide il fanatismo dilagare sui lineamenti del volto di sua sorella.
“Lisa, per amor del cielo..........smettila di farmi paura! Non prenderti gioco di me! Parla chiaro!”
“Aiza........ho deciso di sfruttare le mie potenzialità oltre ogni mio sogno.....voglio diventare un cyborg”
Aiza divenne terrea.
“Lisa, perché? Hai un male incurabile?”
“No! Io.....io non voglio invecchiare e rimbecillire, diventare brutta e ingobbirmi e poi servire da cibo ai vermi.........io voglio restare giovane per sempre.......Aiza, tu ci hai mai pensato?”
“Neanche per sogno! E a te come è venuto in mente?”
“Parlandone con il padre del tuo grande amore”
“Con il Dottor Haran? E sarà lui a...........allora è pazzo per davvero.........e quella Koros maledetta.......immagino che tu abbia parlato anche con lei!”
“Sì, e se solo tu immaginassi.........Aiza, lascia quello stupido ragazzo e fai come me, scegli di restare vicino a tua sorella e diventa membro della nuova razza che dominerà il sistema solare”
“Lisa, sei diventata pazza?!”
“Aiza, non posso dirti troppo ora ma.....”
“Come sarebbe? Vuoi spiegarti una buona volta?!”
“Tu non sai che cosa sto rischiando avvertendoti, ma io ti voglio ancora bene......diventa dei nostri, affidati a me”
“Lisa, io non lascerò Banjo e non diventerò una mezza macchina....in quanto a te, maledizione, in che razza di giro ti stai mettendo? Nostro padre lo sa?”
“E' uno dei finanziatori del progetto”
“Fantastico.....ed io, come sempre, sono la pecora nera della famiglia.........Lisa, mi dispiace, non ti seguirò.”
“Rimarrai sola, Aiza”
“No. Ho Banjo!”
Lisa la guardò un'ultima volta prima di andarsene.
“Addio, sorella........rimpiangerai la tua scelta”
Aiza la guardò allontanarsi, addolorata ed al contempo scossa da quelle parole. L'espressione fanatica di Lisa l'aveva shoccata. Il riferimento al dottor Haran le aveva provocato un tuffo al cuore. Decise che ne avrebbe parlato con Banjo.
Koros si avvicinò ad Haran Sozo.
Lo fece con lo sguardo di un'amante appassionata.
“Eccomi” gli disse “La mente superiore di Don Zaucker ti ha finalmente indicato la via?”
“Sì.......grazie a Don Zaucker, completeremo fra pochi giorni la prima Macchina della Morte”
“Hai già creato i Comandanti?”
“Sì.....i primi esseri superiori sono pronti. Ora infonderemo loro la vita......il mondo intero sarà finalmente libero dalla schiavitù della carne........i giorni della fragilità umana sono finiti..........un nuovo ordine di intelligenza regnerà sul sistema solare e poi sulla galassia e l'universo.......sei pronta per diventare una dea?”
“Sozo, ti prego” fece lei, tremando per l'emozione “Portami da Don Zaucker”
“Vieni.”
Le porte scorrevoli si ritirarono.
La sfinge bronzea ammantata di nero era assisa sul suo scranno. La luce emanata dal suo encefalo sottovetro prese a pulsare, accompagnata da un rumore sfrigolate che variava di intensità. Il gioiello sulla fronte di Koros si illuminò.
Koros rimase a bocca aperta.
Le fibre ottiche multicolori che collegavano il trono di quella funebre cariatide ai computer che ricoprivano le pareti si illuminarono di colpo, ed i pannelli dei calcolatori presero ad animare i loro mosaici luminosi. Koros vide sette cilindri di cristallo. Dentro di essi, sette figure umane. Alcuni erano cyborg in uniforme corazzata, dagli ampi mantelli e dalle teste mitriate.
Un fascio di fulmini avvolse i sette corpi immobili, poi il liquido trasparente scese di livello fino a sparire. Le teche di cristallo si abbassarono a loro volta, ed i sette sfilarono davanti a Koros, disponendosi di fronte al trono. Sembrava incredibile, ma su di loro non c'era alcuna traccia di quel liquido.
Haran Sozo li chiamò per nome, uno ad uno.
“Comandante Neros!”
“Heil, Don Zaucker!” replicò il cyborg maschile, facendo il saluto romano. La sua armatura aveva una foggia decisamente egizia. Sotto di essa portava una calzamaglia nera.
“Comandante Matsony!”
“Heil, Don Zaucker!” Snella e vigorosa, lo sguardo fiero, le labbra taglienti, la donna cyborg pareva davvero un'amazzone. La sua armatura aveva una foggia neoclassica.
“Comandante Radick!”
“Heil, Don Zaucker!”. Radick indossava un'impeccabile smoking, ed aveva un'aria ispirata. Pareva un direttore d'orchestra, ma lo sguardo era quello di un serpente che fosse riuscito ad acquisire l'intelligenza di un grande filosofo. Un fuoco malsano e remoto bruciava nel profondo delle sue iridi azzurre come acque insidiose.
“Comandante Milena!”
“Heil, Don Zaucker!” replicò un'incarnazione della più celestiale e pericolosa bellezza femminile che si possa immaginare. Di fronte a lei, persino Beauty sarebbe parsa sgraziata; ma in tutta la sua persona vi era qualcosa di languido e lascivo che faceva presagire un crudeltà affilata e morbosa. Era bella, ma della stessa bellezza delle fiamme dell'inferno.
“Comandante Freud!”
“Heil, Don Zaucker!”. Piccolo, magro ed occhialuto, ma dalla fronte spaziosa che indicava un genio fuori dal comune, Freud indossava un'armatura di plastica bianca che faceva pensare ad un sanitario. Aveva un'aria ruffiana ed infida, quella di chi ama infliggere sofferenza con metodi ricercati.
“Comandante Zhenoya!”
“Heil, Don Zaucker!” replicò una potente voce da soprano che pareva sgorgare direttamente dal seno florido della donna formosa e sforntata che fece battere i tacchi mentre salutava. Aveva l'espressione ardente e determinata della fanatica. Era un giovane e splendido animale, formosa, alta , snella come solo un corpo artificiale può esserlo, ma la sua espressione da monomaniaca era genuina. I suoi modi da maschiaccio contrastavano vivamente con la mielosa arte femminile di Milena.
“Comandante Lisa!”
“Heil, Don Zaucker!” La sorella di Aiza fece scattare il braccio nel saluto romano. Era in abiti civili. Il suo sguardo tradiva l'emozione luciferina di chi ha osato ribellarsi a Dio per diventare come lui. Era decisa a fare di sua sorella Aiza un altro comandante. In cambio, avrebbe tradito i suoi compagni di accademia al momento giusto. Tutto era per la causa del Nuovo Ordine.
“Comandanti! Questa è la voce di Don Zaucker, Koros!!!” tuonò Haran Sozo
“Heil Koros!!” tuonarono all'unisono.
Koros ricambiò il loro saluto ed indicò con un gesto il Dottor Haran.
“E questo è il creatore del nuovo Spettro Nero”
“Heil Haran Sozo!” tuonarono all'unisono, ma il messaggio telepatico che Koros ricevette da Don Zaucker le strinse il cuore come una mano gelata.
Immersa nel sonno, sotto le coperte, Françoise percepì un suono ovattato, simile ad una leggera turbolenza d'aria ed aprì gli occhi. Avrebbe voluto stringersi a Joe e sentirsi carezzare i capelli, ma era sola. Da quando era giunta su Marte insieme a Joe, dormiva sempre azionando la modalità di massima sorveglianza dei suoi fono sensori. La parte artificiale del suo cervello l'avrebbe automaticamente svegliata se il suo udito potenziato avesse percepito onde sonore o radio con le giuste caratteristiche di ampiezza, frequenza e fase. Chiudendo gli occhi, poteva visualizzare una vera e propria schermata e selezionare con l'aiuto di grafici le diverse tipologie di rumore. Questo però comportava un dispendio di energie maggiore, in altre parole stanchezza ed un sonno meno profondo. Era stancante servirsene di frequente, ma su Marte aveva deciso di farlo. Ivan non si era più svegliato, ma Françoise sapeva che lo avrebbe fatto presto, e ciò che il piccolo ma formidabile telepatie avrebbe potuto svelarle le faceva paura.........ma perché non poteva lavorare, dormire, mangiare, fare l'amore, dedicarsi alla danza.......sempre in guerra, sempre impaurita, sempre a soffrire per chi, a volte, è pure ingrato e la considera una diversa? Perché......perché in fondo abbandonare i valori che univano la loro squadra significava arrendersi ed illudersi di poter vivere come gli altri dopo aver “tradito” gli Spettri Neri. Françoise sentiva istintivamente che la loro distruzione non era definitiva. Il male non si sconfigge con un semplice combattimento, anche se non si era affatto trattato di qualcosa di semplice, ed i tre gemelli non erano umani e neppure cyborg.........c'era qualcos'altro dietro di loro, e non erano mai riusciti a comprendere realmente cosa. Françoise ripensò a Gandaru, alle sue lacrime, al suo sorriso dolce.....non era un sogno, era un messaggio. Gandaru era vivo, la sua anima era viva ed immortale ed aveva voluto metterli in guardia, ma da cosa? La loro indagine su Marte avrebbe potuto non portare a nulla, o magari limitarsi smascherare qualche traffico illecito, ma Françoise non ci credeva. Aveva regolato i sensori in modo da essere svegliata non appena Ivan avesse ripreso coscienza emettendo i suoni caratteristici di un neonato, oppure nel caso che, in preda ad incubi, mettesse la stanza a soqquadro con la telecinesi. Il rumore che percepì era ovattato, soffice, e veniva dalla cucina. La frequenza era quella di oggetti minuscoli e leggeri che fluttuano nell'aria, la fase costante, il volume bassissimo. La fonte era la cucina, non la stanza del bambino. Françoise si rese conto di essere sola. Se ne rese conto con la paura. Infilò la mano sotto il guanciale e ne trasse la pistola. Azionò la sua supervista amplificando al massimo la poca luce dell'ambiente e mosse silenziosamente il selettore dell'arma alla massima potenza.
“Stà calma” disse a se stessa “Passa ai raggi X”
Mosse la testa a periscopio effettuando una radiografia dell'ambiente. In cucina distinse un vago alone ectoplasmatico, dapprima informe, ma sempre più definito via via che lo osservava. Françoise sentì il suo respiro bloccarsi. Guardò la culla di Ivan accanto al suo letto. Dormiva ancora, ignaro, i piccoli pugnetti chiusi. Lo avrebbe difeso a costo della vita. Inorridita, Françoise vide che quella figura aveva un cranio dalle dimensioni abnormi ed un lungo mantello. Non emetteva alcun rumore, salvo quello della polvere nell'aria. Françoise vide che si stava muovendo, ma senza rumore di passi. Veniva verso di lei, senza sfiorare il pavimento. Un terrore irrazionale, cieco, come quello che avrebbe potuto provare nei riguardi del fantasma di una persona morta, si impadronì di lei. Ormai la figura aveva percorso il corridoio, era di fronte alla porta, ed infine entrò. Françoise ebbe la percezione diafana di una figura gigantesca coperta da capo a piedi da un'ampio mantello funebre. Il volto era una maschera a forma di teschio. La bocca era una linea. Il cranio era sormontato da una sorta di cupola. Quella di un potentissimo cervello artificiale. Françoise strinse spasmodicamente la pistola e fece fuoco. Il lampo illuminò la stanza come un flash fotografico. La parete dietro la figura esplose, ed il fantasma ricadde al suolo trasformandosi in polvere scura. Françoise si alzò. Sentì il freddo del pavimento sotto i piedi e si avvicinò spianando l'arma sulla polvere, tremando leggermente. Accese la luce per tranquillizzarsi. Era un gesto rassicurante, anche se per lei superfluo. Dall'odore non poteva sbagliare.........era polvere di caffè. Polvere di caffè animata dalla telecinesi in modo da formare un'immagine. In quel momento Ivan mosse i pugnetti e si svegliò.
Françoise ne percepì la voce direttamente nella sua mente.
“003, non avere paura. Non c'è pericolo......non immediato almeno. Metti la sicura alla tua arma”
“Ivan, sei stato tu a creare quell'immagine?”
“Sì, Françoise”
Françoise non riuscì a reprimere un moto di irritazione.
“Ma perché?! Mi hai fatto morire di spavento!!”
003 si lasciò cadere su una sedia e si copri il volto. Si sfogò con un breve singhiozzo.
“Non ne posso più.....ma ti sembra il modo di.....”
Improvvisamente sentì suonare alla porta.
“Polizia! Aprite!”
“A-arrivo!” gridò “E' tutto a posto....sto bene!”
Françoise si rese conto che era la conseguenza del suo colpo di pistola.
Corse ad aprire.
Un robusto poliziotto in divisa le si rivolse gentilmente. Dietro di lui, Françoise riconobbe il portiere dello stabile.
“Buonasera, signora. Sono l'agente Larrigan. Molte persone hanno udito uno sparo provenire dal suo appartamento”
“Sì, perdonatemi, io.........ho avuto l'impressione di vedere un ladro, mi sono spaventata e....”
“Dunque lei detiene un'arma”
“Sì, sono autorizzata, sono la moglie di un poliziotto ed ho un bambino piccolo”
“Siete la moglie di Shimamura, allora. Questo è il suo indirizzo. Perdonatemi, ma devo ispezionare l'appartamento. Può comunque mostrarmi i documenti ed il porto d'armi?”
“Prego”
Françoise li prese dalla borsetta e glieli porse.
Improvvisamente si udì il vagito di Ivan.
“Il bambino!” esclamò Françoise, e corse in camera da letto.
Quando Larrigan entrò a sua volta, la vide cullare Ivan.
“Su, su piccino! Su! Bravo! Bravooo....”
L'agente Larrigan verificò la matricola dell'arma, esaminò con occhio critico il foro lasciato dal laser sulla parete e si soffermò sul caffè sparso sul pavimento.
“Oh, quello......l'ho rovesciato io”
“Cosa l'ha indotta a sparare, signora?”
“Ho avuto la certezza che vi fosse un uomo, credo di avere avuto un'incubo, io.........ho avuto paura per me e per il bimbo. Mio marito è rimasto coinvolto proprio ieri in una sparatoria e sembra c'entri un gruppo neonazista, ho temuto fosse una vendetta trasversale........”
Larrigan vide gli occhi azzurri della ragazza riempirsi di lacrime.
“Signora, dovrò fare rapporto sull'accaduto. Ritengo sia meglio informarne prima suo marito. So che in questo momento è in centrale”
“Oh sì! Il telefono è lì, può farmi il numero?”
Larrigan obbedì, compose un'interno della centrale e parlò con l'ispettore Lombardo, poi passò la cornetta a Françoise che rimise Ivan nella culla.
“Pronto, Joe!”
“Sono io, cosa succede?!”
“Stiamo bene Joe.....ascolta, c'è qui un tuo collega, l'agente Larrigan. Ho creduto che qualcuno si fosse introdotto nel nostro appartamento ed ho sparato per intimidirlo, ma mi sono sbagliata, non c'era nessuno. Ora il tuo collega sta solo facendo un sopralluogo......te lo passo”
“Shimamura, ciao! Sono Larry”
“Ciao! E' tutto ok?”
“Sì, sì, i tuoi stanno bene. Il muro ha un bel buco invece!”
“Beh, poteva andare peggio. Attendi in linea.”
Joe spiegò in un lampo l'accaduto all'ispettore Lombardo, che gli diede il permesso di assentarsi.
“Adesso vi raggiungo. Larry, puoi aspettarmi cinque minuti? Il tempo di arrivare.
“Sì, certo!”
“Puoi passarmi mi moglie?”
“Subito! Ciao!”
“Pronto, Joe!”
“Aspettami cara, sto arrivando. Larry rimarrà finché non arrivo”
“Va bene! Ti aspetto.”
Le pale del ventilatore sul soffitto ruotavano silenziose tagliando la luce delle plafoniere al neon. L'ispettore Lombardo era seduto alla scrivania degli interrogatori. La ragazza, pallida e sparuta, sedeva di fronte all'ispettore. Aveva una lampada puntata sul viso.
Dietro l'ispettore, in piedi, i quattro agenti che l'avevano arrestata ed al contempo salvata.
Joe avrebbe voluto parlarle con dolcezza. Non le piaceva l'idea di tormentarla. Banjo non aveva mai assistito ad un'interrogatorio. Si era immaginato di dover aggredire e minacciare energumeni che lo avrebbero meritato, ed ora quella bambina impaurita gli stringeva il cuore. Ded ed Albert la guardavano in silenzio.
L'ispettore le offrì un bicchiere d'acqua.
Lei rifiutò con un rapido cenno del capo, mantenendo la sua espressione terrorizzata.
“Si calmi, signorina. Ci racconti la sua storia senza paura. Penseremo noi a proteggerla. Abbiamo più di quaranta uomini armati, ed è necessario attraversare sei porte blindate e sorvegliate per arrivare a lei. Mi dispiace dover essere franco ma le sue possibilità di sopravvivenza dipendono dal fatto che lei collabori. In questo modo lei sarà sotto la giurisdizione del programma protezione testimoni”
La ragazza lo guardò, un poco assente, ma fece cenno di aver compreso.
“Nome!”
“D.Doyle.........Doyle.....Kristen”
“Professione”
“Io.......appartengo al Nuovo Ordine.....”
“Non divaghiamo. Quale lavoro svolge?”
“Io....io non lavoro!” esclamò, iniziando a piangere.
“Signorina, andiamo, ci dica la verità. Lei è implicata in un'attentato, ha fatto fuoco su un poliziotto ed aveva alle calcagna due neonazisti. Non può cavarsela raccontandoci sciocchezze...”
“Cosa volete da me......”
“Le domande le faccio io.”
“S-sì....”
“Allora, ci dica dove abita e che lavoro svolge...”
“Io....io sono stata portata qui, dovevo compiere una missione per riavere mio figlio, rapito da loro....non so chi siano....”
“Signorina, lei vive qui da quattro anni, risulta essere dipendente dell'ente minerario di Hobertown, è nubile e senza figli. Siamo anche stati nel suo alloggio. Lei mente!”
“No....io.....no....voi non sapete, moriremo tutti, lui....loro.....invincibili........la nuova generazione ci soppianterà, basta con il corpo umano, basta, la gioia suprema dell'annientamento.......”
Il suo corpo era scosso da convulsioni brevi ed innaturali, impossibili da simulare.
Banjo si avvicinò.
“Ispettore, la prego, è solo una ragazzina”
“Proseguiamo. Signorina, lei era armata, non è così”
“Sì, io.........dovevo scappare da loro....”
“Da chi?!”
“Non so chi siano, io ho visto un gigante, la testa era un grosso cervello.......”
“Come hai detto?” scattò Joe.
“L-la testa era un cervello....enorme.........che risplendeva.....”
La ragazza sobbalzò dalla paura, deglutì e proseguì.
“Loro mi avevano offerto denaro, tantissimo............ed io dovevo solo dormire, lasciar fare, sarei stata giovane per sempre e l'ideale supremo...........il Nuovo Ordine”
“Che cosa le hanno fatto?”
“Non lo so, dormivo....io ho visto un luogo di rocce e tenebra ed un'altare di sacrificio ed il Signore Supremo sul trono, io......vi prego, basta!” implorò con voce rotta dal pianto.
Ded intervenne a sua volta.
“Ispettore, forse......”
“Silenzio, Haran! Signorina, temo che lei non comprenda. Perchè si sta inventando questa sciocchezza del rapimento? Lei non ha figli.”
“Non è vero.....”
“Se è vero allora ci dica quando e dove è nato suo figlio, in quale ospedale, in quale anagrafe è stato registrato e chi è il padre!”
“Il padre è morto.......”
“Chi era e quando e dove è deceduto?”
Lei non rispose. Di nuovo quelle strane microconvulsioni.
L'ispettore la guardò. Stava diventando sempre più assente. La sua bocca articolò suoni senza senso.
“Va bene. Riportatela in cella e sorvegliatela a vista”
Albert si fece avanti.
“Posso farlo io, ispettore”
“Va bene”
Albert spense la lampada, liberò i polsi della ragazza e la condusse via, stringendole saldamente il braccio. La poverina non oppose resistenza. Un telefono squillò. Banjo rispose e passò la cornetta a Joe.
“E' per te, Shimamura. E' Larrigan”
Joe seppe di Françoise, spiegò rapidamente ad Albert la situazione e chiese il permesso di andare. L'ispettore glielo accordò. Albert avrebbe voluto accompagnarlo, ma non voleva dare nell'occhio. Attraverso la trasmittente interna, Joe gli disse di aspettarlo pure in centrale e sorvegliare la ragazza arrestata. Avevano tentato di ucciderla e ci avrebbero riprovato. D'altronde Françoise era insieme ad Ivan, ed era solo un falso allarme. Non c'era da preoccuparsi per lei, per Kristen invece sì, gli disse Joe. Albert acconsentì, ma avrebbe preferito seguirlo. Anche lui teneva a Françoise, era impossibile non tenere ad una ragazza come lei. Accompagnò Kristen in una stanza blindata e le permise di dormire. Sarebbe rimasto a piantonarla, riflettendo sulle sue parole. Un gigante con la testa a forma di cervello. Una farneticazione, ma anche un dettaglio familiare per che aveva avuto a che fare con gli Spettri Neri. La mente di questa ragazza era stata alterata. Poteva trattarsi di una demente, di una tossicomane, oppure avevano tentato di riprogrammarle la mente.......le ipotesi possibili erano molte....per vagliarle occorreva il professor Gilmoure con il suo laboratorio. Il quarto caso di follia inspiegata, solo che ora la vittima era sopravvissuta, e proprio per questa ragione era necessario sorvegliarla a vista. Era anche certo che avrebbero tentato di ucciderla di nuovo. Stavolta avevano una vera pista. Se la peggiore delle ipotesi si fosse verificata, tutta la colonia di Marte avrebbe potuto trasformarsi in un campo di battaglia.
L'ispettore Lombardo stava pensando alle stesse cose, e al fatto che occorrevano prove, o la storia del complotto cibernetico avrebbe fatto solo ridere.
“Haran Banjo!”
“Sì, ispettore?”
“Credo che ci siamo imbattuti in qualcosa di estremamente pericoloso”
“Cosa glielo dice?”
“Il mio istinto......tu e tuo fratello rimanete qui, stanotte. Diamo a tutti gli agenti lo stato di massima all'erta...venite, distribuiamo i fucili. Haran Ded, quando avremo finito, contatta il colonnello Garrison e passami in modalità criptata sul canale di sicurezza la comunicazione......ragazzi, non so ancora bene di che si tratti, ma forse è peggio di quello che crediamo”
Il primo giorno da donna manager di Beauty si era concluso senza rivelare nulla di anormale, ma d'altronde, avevano ancora visitato poco. Koros aveva mostrato loro la sede centrale, ma non li aveva fatti incontrare con il Dottor Haran. La scorta di Koros era stata discreta e cortese, ma la loro sorveglianza strettissima. Beauty non poteva notarlo, ma Reika, con la sua esperienza di agente dell'Interpol, se ne era resa conto. Nascondevano qualcosa, il suo istinto glielo diceva, ma il suo istinto non era una prova legale. Jet, da parte sua, aveva memorizzato bene la pianta dell'edificio, nel caso dovessero tornare a visitarlo di notte. Le sue capacità di cyborg gli permettevano di serbarne una pianta tridimensionale. Era però convinto che quell'edificio fosse solo di rappresentanza. Hobertown, ecco dove bisognava cercare.......ma per il momento dovevano stare al gioco. Beauty aveva posto numerose domande sulle attività della Neurobyte. Praticamente potevano soddisfare qualsiasi consumatore. Gli investimenti crescevano, il fatturato era da boom economico, però, come osservò Beauty, buona parte dei ricavi veniva reinvestita in ricerche sui cyborg ed i laboratori erano nel bel mezzo del deserto. Koros giustificò tutto sostenendo che stavano creando una nuova generazione di automi cibernetici e che le ricerche dovessero procedere in segretezza per la necessità di proteggersi da forme di spionaggio industriale.
“La segretezza è necessaria, quando si è in procinto di dare vita ad una nuova frontiera tecnologica”
“Certo” aveva insistito Beauty “ma, ditemi, la segretezza si spinge fino al nome di chi dirige quei laboratori?”
Koros aveva fatto una pausa, ed aveva fissato Beauty.
Reika avrebbe preferito evitare una domanda tanto diretta.
Beauty non aveva battuto ciglio ed aveva atteso la risposta di Koros.
“Vede, signorina Tachibana, per motivi familiari quell'uomo ha richiesto di mantenere l'anonimato....si tratta di una questione delicata”
Motivi familiari.
“Già, ne sai qualcosa....” aveva pensato Reika.
“Mi piacerebbe parlargli, sapere a chi vengono riaffidati i proventi della nostra compagnia.....si potrebbe fare?” chiese Beauty con candore.
“Certo” fece Koros “vedremo di combinare un'appuntamento”
Mentre ripensava a quella conversazione, Beauty, sola in riva ad un lago artificiale, alzò lo sguardo alle stelle e sospirò. Quella situazione non le piaceva.
Reika aveva salutato Jet prima di salire in camera, consigliandogli in tono allusivo di fare compagnia a Beauty. Jet le aveva sorriso e, con un cenno di saluto alla cow-boy, si era avvicinato alla ragazza bionda assorta nei suoi pensieri.
“Oh” fece lei trasalendo un poco “Sei tu, Jet!”
“Già.......come mai così pensierosa?”
“Ecco Jet, io...........tutto questo sta iniziando a farmi paura........in cosa mi sono messa davvero? Dimmi la verità, ti prego....” disse lei, stringendogli l'avambraccio...s
“Beauty, non devi avere paura!”
“Sì, non devo far questo, non devo far quello.....di cosa credi che sia fatta, di ferro?”
Sul volto di Jet comparve un'espressione di disappunto.
Beauty si ricordò che stava parlando con un cyborg.
Si portò la mano alla bocca.
“Oh Jet, perdonami, è solo un modo di dire, te lo giuro, scusa!” fece lei, abbracciandolo di slancio.
Jet ricambiò il suo abbraccio, delicatamente.
“Non è nulla, calmati, adesso.....”
Sentì il corpo di Beauty rilassarsi.
“Non me ne vuoi...”
“Figurati, non potrei mai con te.......”
Beauty si separò da Jet, che se ne dispiacque.
“Scusami ancora, a volte agisco come una bambina....forse perché in certi momenti vorrei ritornarla....sai Jet, da piccola avrei voluto avere la capacità di volare....dimmi..........com'è volare, che sensazione si prova?”
“Di libertà infinita......è uno dei poche aspetti positivi della mia condizione”
“Libertà infinita........mi piacerebbe provare....oh, ma che fai?”
“Si può fare ragazza, si può fare..........sei pronta?” le disse lui stringendola.
“Oh mio Dio....” fece lei, con il cuore che le batteva per l'emozione “Non vorrai.......”
“Vuoi che ti lasci andare?”
“N-no” replicò lei “Maledizione, no!”
“E allora tieniti forte”
Beauty gli gettò le braccia al collo e chiuse gli occhi.
Sentì i suoi piedi perdere il contatto con il terreno. Sentì il vento nei capelli. Sentì la forte stretta delle braccia di Jet. Sentì il sibilo ed il calore dei reattori. Aprì gli occhi. Vide la facciata di un palazzo scorrere rapida verso il basso, poi il grande rettangolo del tetto, e poi l'intera città illuminata come un mantello ingioiellato sotto le stelle. Jet sciolse il suo abbraccio e la tenne stretta al suo fianco.
Lei era senza parole, la bocca spalancata, lo sguardo ammaliato, i capelli risplendenti nel vento. Jet la lasciò andare trattenendola solo con la mano, sostenendola quel tanto che bastava per poter galleggiare nell'aria. Beauty visse il momento più euforico della sua vita.
“Jet!” gridò “Jet, volo! Io volo! E' bellissimo, io..........Waaaaaaaaaah!”
Jet la guardò. Era l'immagine della bellezza e della gioia. Pareva davvero una bambina.
Nessuno dei sue seppe quanto tempo rimasero in aria. Forse pochi istanti, forse mille anni.
Jet vide avvicinarsi la torre di un ripetitore.
Prese in braccio Beauty e discese sulla sommità.
Lei non gli chiese di essere messa giù. Jet si sedette e lei non smise di stringerlo.
“Grazie, Jet, grazie..........” gli disse, e lo baciò sulla guancia.
Jet prese le mani di Beauty nelle sue.
Le disse soltanto “Come sono delicate le tue mani......”
Lei sorrise debolmente, gli appoggiò il capo sul petto e chiuse gli occhi.
Jet avrebbe voluto fermare il tempo per sempre.
“Françoise! State bene?”
“Si Joe.....ho solo avuto paura”
Larrigan salutò Joe.
“Ok Shimamura, io vado a stendere il mio rapporto. Signora!”
“Arrivederci” lo salutarono.
Joe richiuse la porta, incurante degli sguardi dei condomini che si erano assiepati nel corridoio.
“Cosa è successo, Françoise”
“E' successo che la piccola peste mi ha fatto prendere un colpo!”
“Non è colpa mia, 003” disse il piccolo.
“Raccontami tutto, Ivan!”
“Ho avuto una percezione, 009. Lo Spettro Nero è qui, ma in una forma diversa da come lo conoscevamo. I tre gemelli, sono una mente sola adesso. Hanno dato vita a d un'essere capace di pensare in modo diverso da come siamo abituati a farlo noi............stavolta il nostro nemico sarà una differente scienza.......”
“Non parlare per enigmi 001!”
Françoise intervenne.
“Ha creato un'immagine tridimensionale di una creatura, un uomo con un grande mantello nero, il cervello enorme e visibile ed una maschera di teschio sul volto”
“Che cos'era, Ivan?”
“E' un'immagine che ho ricevuto nel sonno, è la nuova forma del nemico. Riesco a percepirlo, ma nulla di più.....è un nuovo tipo di intelligenza”
“Perché non riesci ad individuarlo, Ivan?”
“Sembra non avere una collocazione precisa, è come se quel corpo gli servisse solo per comunicare. Ho percepito schemi di pensiero esigentemente perfetti, ma privi di ogni metro umano di giudizio........questa volta abbiamo contro qualcosa di trascendente.........il Fantasma Nero è vivo Joe”
Joe cercò di mantenersi calmo.
Françoise si strinse a lui.
“Ivan, mettici sulla giusta strada”
“Mi dispiace, 009. Mi occorrerebbe tempo per leggere quei pensieri, sono troppo anomali.........e tempo non ne abbiamo.......ma forse un modo c'è, qualcuno potrebbe aiutarci”
“Chi?” chiesero all'unisono Joe e Françoise.
“Gandaru.....ecco.......ho sondato tutta la zona ed ho fatto una scoperta interessante. A ventitré miglia da qui, direzione Nord-Ovest, si trova un monastero dell'Ordine del Messia d'Oriente. Sono confratelli di Gandaru. A turno, non cessano mai di salmodiare una litania che parla di un nuovo scontro fra bene e male, di una nuova forma per il Messia Nero e dell'attesa di un piccolo prescelto per svelare la minaccia. Parlano delle lacrime di Gandaru”
Françoise sbiancò.
“Joe, io l'ho visto piangere nel sogno. Ivan, cosa sono quelle lacrime?”
“La lotta contro il male porterà molto dolore, 003.......mi dispiace.......ti prego, portami al tempio....secondo i Monaci, si tratta di profezie fatte da Gandaru molti anni addietro........devo assolutamente andare là”
“Vengo con voi, mi procurerò una Jeep”
“No 009.....dobbiamo andare a piedi, come pellegrini, e preparaci alla preghiera....lo so, è assurdo, ho una mente da scienziato, ma dopo ciò che ho percepito, sono disposto ad accettare tutto ciò per fede”
“Dimmi, Ivan” disse Joe “Tutto ciò si è verificato durante il tuo sonno?”
“Solo nelle fasi di sonno leggero, non anche in quelle di sonno profondo”
“Sapresti disegnare quell'immagine!”
“Credo di sì, 009”
Un foglio bianco ed una matita arrivarono fluttuando. Il foglio si posò sul tavolo e la matita, azionata da una mano invisibile, prese a tracciare il ritratto di una figura minacciosa. Dalla sua culla sospesa nell'aria Ivan controllava il suo lavoro.
“E' la stessa figura che ho visto io” confermò Françoise.
Joe prese il foglio in mano. Ripensò alle parole di Kristen Doyle ed ebbe un'idea.
“Forse ho anch'io una pista”
Corse al telefono.
Françoise lo seguì.
“Joe, cosa....”
“Ti spiegherò, Françoise....abbi fiducia in me, amore mio.......pronto, centrale? Parla Shimamura, potreste passarmi Heinrich?..........grazie....Albert, ciao, la Doyle come sta?”
“Apparentemente calma, ma senpre alienata”
“Capisco......ricordi le sue farneticazioni su una figura ammantata di nero?”
“Sì, certo......”
“Beh, forse ho un'identikit”
“Cosa??!!”
“Sì, non scherzo, me lo ha fornito Ivan, che ha anche spaventato 003 creando un'immagine 3D con il caffè in polvere......sai, era quella, non i ladri, ad aver fatto sparare 003. Ascolta, forse è una sciocchezza, ma la figura che mi ha disegnato Ivan pare corrispondere sommariamente alla descrizione di Kristen Doyle. Se ti invio una copia via fax, potresti sottoporgliela?”
“Sì, certo. Chiedo all'ispettore, attendi”
Joe rimase in attesa.
“Ok Joe, invialo pure”
Françoise strinse il braccio di Joe.
“Aspetta, Joe. Sarà meglio che siamo presenti anche noi, io, te ed Ivan. Voglio vedere con i miei occhi quella ragazza.......ti prego.......il male è qui, voglio vedere di cosa sia capace.....e poi sarà bene che la esamini con i miei sensori, potrebbe avere addosso qualche nanomacchina o qualche microkit da suicidio. Temo che i normali metodi di perquisizione non servano”
Joe la guardò.
“Hai ragione. Albert...aspetta.....veniamo noi in centrale”
“Tutti e tre?”
“Sì, spiegalo all'ispettore Lombardo. Porto con me il disegno di Ivan Proveremo a mostrarlo alla Doyle”
“009” disse Ivan
“Sì, 001?”
“Terminato l'interrogatorio, lascia che 003 mi porti al monastero”
“Okay, preparatevi e andiamo”
Geronimo si sedette al bancone del bar vicino a Piunma. Avevano terminato una giornata di lavoro in miniera. Erano scesi fino al quarto livello delle gallerie. In particolare, avevano notato una diramazione non illuminata ed avevano provato a fare qualche domanda ai colleghi. Nessuno di loro vi era mai stato. Sapevano che veniva utilizzata come deposito di macchinari guasti e di rottami, e che e era chiusa da una paratia di acciaio. Doveva trattarsi di un tentativo di scavo che si era allontanato dalla vena di minerale principale ed era stato abbandonato. I due si erano annotati mentalmente la posizione di quel tunnel. Il Colonnello Garrison aveva parlato di una qualche struttura sotterranea segreta ricavata dalla rete di gallerie del complesso minerario, e, a quanto avevano potuto verificare, quello poteva essere il solo indizio plausibile. Piunma si era chiesto se, in effetti, non stessero prendendo un colossale granchio. Geronimo era di un altro avviso. Si fidava delle percezioni di Ivan, ed anche del suo istinto. Il gigantesco pellerossa era sempre in sintonia con la natura ed aveva imparato a percepirne le sofferenze. Lui stesso si era chiesto se sarebbe accaduta la stessa cosa su Marte. Inizialmente era rimasto colpito dal silenzio di Marte, dal sussurro del suo vento che pareva soffiare dall'inizio del tempo, dalla sabbia rossa e fina, dal disco del sole nel cielo sempre terso, dalle rocce e dai canyon simili a quelli che aveva visto negli Stati Uniti, ma più profondi, brulli e tutti dello stesso colore rosso ocra. La natura era differente si Marte, eppure al contempo era la stessa, e Geronimo sentiva istintivamente che la quiete preumana di quel mondo deserto era stata turbata. Non si trattava della colonia terrestre, ma di qualcosa di più pervasivo, tenebroso e remoto. Aveva comunque fatto notare a Piunma quanto la Neurobyte avrebbe potuto adattarsi ad una macchinazione da Spettri Neri, quanto fosse misteriosa Koros ed altrettanto fanatico il Dottor Haran. 008 e 005 avevano deciso di ispezionare di nascosto quella galleria, rimanendo in miniera dopo l'orario di lavoro. Mentre mettevano a punto i necessari stratagemmi, avevano preso a frequentare i locali della terza strada, livello tre di Eldorado, il parco di divertimenti eccessivi della Neurobyte, in modo da raccogliere voci sull'esplosione nel Tek-bar, quello che aveva provocato l'arresto di Kristen Doyle. Era stato Joe a proporre all'ispettore Lombardo di raccogliere voci tramite 005 e 008. Erano due insospettabili immigrati in un popolo di immigrati. Dovevano inserirsi nell'ambiente dei frequentatori della notte. Per Piunma non era una grossa difficoltà. Sapeva essere mondano e playboy, se la situazione lo richiedeva. Non altrettanto Geronimo, taciturno, sincero e fiero delle sue origini, che tuttavia incuriosivano tutti, le minatrici in particolare.
Mentre parlavano seduti sugli sgabelli davanti ad un whisky, una ragazza di colore si avvicinò a Piunma e gli sorrise mostrandogli tutto il bianco smagliante dei denti perfetti.
“Ciao, cow-boy! Io mi chiamo Mace. E tu?”
“Piunma” replicò lui, guardandola con un po' di malinconia, come se stesse ripensando a qualche vecchia e dolorosa rinuncia.
“Sei solo, Piunma?”
“Sono con lui!” rispose accennando a Geronimo.
Mace si voltò verso Geronimo.
“Wow, sei un'indiano?”
“Un uomo rosso” replicò Geronimo con dignità.
Mace si affrettò a scusarsi.
“Hai ragione, io......”
“Non preoccuparti, Mace” rispose Geronimo.
“Sentite, io e la mia amica Mei-Ling siamo sole ed abbiamo voglia di divertirci, se volete offrirci da bere....”
“Ok, falla venire!” replicò Piunma spigliato.
“008” fece Geronimo con la trasmittente interna “Sei sicuro che sia una buona idea?”
“Certo, dobbiamo inserirci nell'ambiente, e questo è il modo più piacevole ed efficace e poi......che male ci sarebbe se io e te trovassimo una ragazza, cyborg o meno? Magari quella Mei-Ling è il tuo tipo”
“Mmmh!” fu la risposta di Geronimo.
“Bene ragazzi!” li interruppe Mace “questa è Mei Ling”
Geronimo si era aspettato una ragazza volgare, ed invece vide di fronte a sé una ragazza dai delicati lineamenti orientali, snella e vestita in modo giovanile, ma sobrio. I suoi capelli neri risplendevano sotto le luci colorate del locale e la sua voce era dolce, un poco sommessa.
Piunma le strinse calorosamente la mano, con la spontaneità degli uomini di colore. Geronimo si alzò dallo sgabello e le strinse la mano da vero gentiluomo, con la solennità di un capo indiano. Mei Ling mise la sua mano delicata in quella enorme di Geronimo, e fu sorpresa di quanto la stretta del gigante fosse delicata.
“Sembra che il tuo amico abbia fatto colpo” disse Mace a Piunma in un sussurro, accostandogli le labbra all'orecchio.
Piunma guardò Mace. Era in missione, avrebbe dovuto respingerla, rinunciare, pensare alla salvezza del mondo, dirle che era un cyborg, che non poteva avvicinare le ragazze.......e quindi soffrire, soffrire, soffrire.....
Lei gli fece un sorriso piccante e gli tastò il bicipite.
“Hai dei bei muscoli, Piunma. Ti va di ballare, magari stretto stretto?”
008 pensò che in fondo non vi era nulla di male......e che tutto questo non entrava in conflitto con i loro ordini.
Rispose di sì e liberò lo sgabello.
Mei Ling si sedette e sorrise a Geronimo. Lo fece con garbo, perchè quello strano uomo dal corpo gigantesco e dal volto colorato glielo ispirava con la sua dignità e la sua delicatezza.
“Geronimo, parlami di te” gli disse semplicemente “e dammi del tu”
L'urlo di Kristen Doyle fu agghiacciante. Il suo volto era una maschera di terrore febbrile.
“No! No! Basta!!! Non voglio più vivere! E'........diventeremo tutti mostri! No! Io non voglio....essere una morta che cammina!........Ammazzamiiiyyyyyyaaaaah! Ti prego!”
Albert cessò di mostrarle il disegno di Ivan.
Kristen si avventò su di lui, ma 004 la bloccò e la respinse.
Françoise intervenne.
“Non farle del male.......è morta di paura”
“E' impossibile leggere a fondo il suo pensiero, ispettore” disse Ivan “non c'è traccia di condizionamento e neppure di malattie mentali.........solo un terrore senza controllo”
L'ispettore Lombardo guardò il bambino. Faticava a credere che un infante come quello potesse servirgli da consulente, ma quell'identikit era una prova che il piccolo non scherzava.
“E' inutile insistere” concluse l'ispettore Lombardo “finché non avrà superato questa crisi, non potrà aiutarci. Ded, chiama il medico e lo psicologo”
“Si ispettore. Volevo avvertirla che è arrivata la risposta del Colonnello Garrison. ”
“Ok! Heinrich, sorvegliala. O abbiamo preso una pazza, o dice il vero. Se fosse semplicemente pazza, avrebbe azzeccato per caso la descrizione del vostro disegno, il che sarebbe impossibile. Shimamura, tu mi assicuri che questo viene da casa tua ed è il piccolo ad averlo fatto?”
“Sì, ispettore”
“Ed io ho visto ne ho visto con i miei occhi un'immagine tridimensionale” confermò Françoise.
“Quindi avete tracciato questa figura indipendentemente dalla descrizione della Doyle”
“Sì” confermò Françoise.
“E se fosse semplicemente pazza” proseguì l'ispettore “Perchè un fantomatico gruppo neonazista vorrebbe eliminarla? Ma se non la è, se dice almeno in parte la verità, cosa potrebbe essere quella figura?”
“Un cyborg” replicò Joe “Ed un modello estremamente avanzato”
“Shimamura, Gilmoure è qui?”
“Sì, sotto copertura”
“Fammici parlare”
Françoise era un piccolo punto ammantato di nero nel rosso deserto di Marte. Come una Tuareg, indossava un'aba scuro che la copriva da capo a piedi. Solo le caviglie degli stivali neri erano visibili. Camminava da quattro ore, paziente, perseverante. Il suo era un strano pellegrinaggio, eppure aveva sentito con forza la necessità di affrontarlo. Portava in braccio Ivan, in una piccola culla sostenuta da una cinghia a tracolla. Aveva uno zaino in spalla, con l'acqua necessaria per poter raggiungere a piedi il tempio del culto del Messia D'Oriente. Era rimasta esterrefatta quando Ivan le aveva rivelato che l'ordine reato da Gandaru avesse un monastero anche su Marte. Il piccolo riposava nel suo grembo, sotto l'aba, protetto dalla luce solare. I passi di Françoise gli trasmettevano una lenta sensazione di rollio. Era come navigare. Françoise permise all'anima millenaria di Marte di parlarle. Non era un'esper, ma la sua vicinanza ad Ivan ed il loro costante contatto telepatico avevano risvegliato in lei qualcosa di quelle latenti facoltà extrasensoriali che, secondo alcune teorie, sarebbero proprie di qualsiasi essere umano. Le sue sensazioni presero ad espandersi. Al contempo i suoi sensori ampliarono le sue percezioni senza richiederle alcuno sforzo di concentrazione, e la misteriosa anima di quel pianeta deserto da milioni di anni le parlò. Non le disse alcuna frase, ma le fece comprendere confusamente che l'anima che aveva bisogno di rispetto, e che qualcosa di abominevole la stava calpestando........e non erano certo i coloni.
Joe era con lei. Non aveva voluto che andasse da sola. Aveva chiesto all'ispettore il permesso di scortarli in un luogo sicuro, per timore che i persecutori di Kristen Doyle tentassero una vendetta trasversale. Anche lui non parlava. Il silenzio di Marte era penetrato anche nella sua anima. Guardò gli occhi azzurri di Françoise. Erano tutto ciò che poteva vedere delle fattezze di quel volto amato. L'aba celava tutto il resto. Joe era vestito con una tenuta sahariana. Biondo, abbronzato, con un kepì munito di una veletta per proteggere il collo dai colpi di sole, faceva pensare ad un legionario.
La trasmittente interna gli portò la voce di Françoise.
“Sembri Beau Geste, lo sai?”
“Grazie, giannizzera. Era proprio necessario farsi a piedi il deserto?”
“Ivan è sicuro che lui voglia così”
“Chi?”
“Gandaru”
A Joe pareva improbabile che un contatto con Gandaru fosse possibile. Certo, non lo si poteva escludere del tutto.....in fin dei conti anche il Fantasma Nero era stato dato per distrutto, ed anche un contatto con esso non era del tutto da scartare, anzi........
Joe scorse all'orizzonte un punto scuro che risaltava sulla sabbia rossa di Marte. Era il tempio. Françoise lo mise a fuoco e fece un zoom. Lo vide come se fosse di fronte alla facciata.
“Ci siamo, Françoise”
Lei si scoprì il volto, lo guardò intensamente rendendo l'azzurro dei suoi occhi profondo come il cielo di Marte e gli disse con commozione “Ti amo Joe, qualunque cosa succeda, ti amerò per sempre”.
Koros rientrò nel suo appartamento. Chiuse la porta d'ingresso e vi si appoggiò, ansimante. Il suo autocontrollo l'aveva sostenuta fin lì, esaurendo la sua funzione. Ora poteva dare libero sfogo alla sola cosa che poteva terrorizzarla: i suoi sentimenti.
Maledizione, il messaggio di Don Zaucker.......o dei tre gemelli....era chiaro.
“Terminato il suo lavoro, il tuo amante non servirà più”
Significava ucciderlo. Lo temevano, in qualche modo. Sapeva troppo su Don Zaucker.
“No! No!! Bastardi” pensò lei ansimando “E va bene, frustatemi, fatemi a pezzi, non m'interessa, faccio schifo, sono una meretrice, mi sono venduta, sono debole, ma lo voglio, lo........lo..........amo”
Quell'ultima breve parola le provocò una convulsione allo stomaco.
Una goccia le cadde sul palmo della mano.
Una lacrima.
Rimase seduta sul divano, sconvolta dal conflitto fra la sua cieca obbedienza allo Spettro Nero e quel sentimento divampante, incontrollato, terribile. Era nata adulta, ma di fronte ai sentimenti era come una bambina. Si rendeva confusamente conto che il Progetto Meganoide non era perfetto........
Quel pensiero la fece inorridire.
“Sei una puttana e basta!” disse a se stessa. Non capiva perché, ma quel termine le dava una strana soddisfazione.
Rimase sveglia ad attendere il suo amante.
Quando Haran Sozo rientrò, fu sorpreso dalla foga con cui lei gli gettò le braccia al collo e lo baciò. Il suo corpo pareva una fiamma. Quando i denti di lei gli morsero delicatamente il mento, Haran Sozo ebbe la sensazione che fossero quelli di una vampira.
“Koros.....” le disse.
“Sozo......io.....”
“Perchè sei così tesa. Il grande giorno si avvicina........”
Lei non ebbe il coraggio di dirglielo. Non voleva tradirlo, e non volva tradire il Fantasma Nero. Si lasciò completamente andare.
“Al diavolo, Sozo.........prendimi, spogliami.......io......”
Lui la prese per le spalle facendole male.
“Insomma, che cosa succede?” fece lui, duro.
“Ahi!”
Sozo la lasciò, ma lei gli si avvinghiò di nuovo.
“No, continua, rifallo! Fammi anche male, se vuoi, ma amami, maledetto bastardo!”
Lo baciò ancora. Lui arretrò verso la camera da letto. Caddero sul letto abbracciati. Koros divenne fuoco puro, e mostrò il vero significato della parola passione.
Dentro la mente di Don Zaucker, i tre gemelli si limitarono a sorridere.
L'esperimento era interessante.
Albert stava ancora vegliando su Kristen. La ragazza pareva catatonica. Rimaneva seduta, fissando il nulla. Il telefono cellulare di Albert trillò. Il messaggio era in frequenza codificata. Premette il pulsante di ricezione ed accostò all'orecchio il minuscolo telefono.
“Agente Heinrich” disse con tono efficiente.
“Albert, sono Reika!”
“Reika? Perchè mi hai telefonato qui?”
Reika percepì una certa durezza nella voce di Albert, ma il solo fatto di sentirlo le fece mancare le ginocchia. Si lasciò cadere su una poltrona.
“Perdonami, io.......lo so che non avrei dovuto, ma ho letto della sparatoria e....stai bene?”
“Sì....non ho riportato né ferite né danni...”
“Oh, Dio! Ti ringrazio!”
Albert udì un singhiozzo subito dopo quelle parole. Reika stava piangendo per il sollievo.
“Reika, non devi cedere così ai sentimenti”
“Ah, no? Hai permesso ad Hilda di rischiare la vita insieme a te, ed io per te non posso neppure versare una lacrima?”
“Reika......” Albert rimase senza parole. La voce straziata di quella ragazza vibrava di una passione che lui stesso non avrebbe creduto possibile.
“Sì?” rispose lei “Parlami!”
“Reika, io....non devi piangere per me, io non ho fatto nulla per meritare che tu soffra”
“Non devo ma lo voglio, accidenti a te! Meglio soffrire che il vuoto, a questo punto...........perchè mi dici così, hai paura?”
“Reika, amare un cyborg significa rinunciare ad una vita normale, questo lo sai?”
“Lo so, ma non mi allevia la sofferenza......una sofferenza di cui non posso più fare a meno........non mi importa di cosa sei fatto......sai, io e Jet abbiamo parlato di te.....è davvero una persona fantastica, il tuo amico americano, ed ha saputo fare i conti sul suo passato fino in fondo......ebbene, mi ha detto ciò che la vostra francesina pensa di te, ti interessa?”
“Altrochè!” replicò Albert.
“Ebbene, Albert Heinrich, 003 ha detto che sei dolce”
Albert fece una pausa.
“Françoise ha detto questo?”
“Lo ha detto e lo pensa, e lo pensa anche Jet, lo sai?”
“Anche Jet?” Albert rimase di sasso.
“Sì, anche Jet, e lo penso anch'io! Ascolta. io.....non provare più a dirmi che non devo soffrire per te, hai capito?”
“Reika, tu stai piangendo per me......”
“S-sì!”
“Amore mio!” le disse Albert, con tutta la semplicità del mondo.
“Oh, no! Non dirmelo di colpo..........dovresti preparami....sei spietato......oh, al diavolo! Dimmelo ancora!”
“Amore mio!” replicò Albert.
“C-ci siamo messi in un bel guaio, eh cyborg?”
“E' un guaio bellissimo se devo passarlo assieme a te, ragazza”
“Ti amo, non so perchè e non mi interessa, ti amo....”
“Anche io, è inutile spiegare”
“Albert, il Fantasma Nero.........secondo te è sopravvissuto?”
“Temo di sì, Reika”
“Ed è il tu nemico di sempre?”
“Sì Reika”
“Adesso è anche il mio, per sempre!”
Eyla Haran uscì dall'ufficio del comandante Minamoto.
Adesso sapeva.
Non era un sogno.
Avevano il sospetto che suo marito fosse il responsabile delle ricerche volte a ricostituire la più tremenda organizzazione di nazisti dei tempi moderni. Eyla aveva la cultura scientifica per capire cosa fossero davvero i loro atroci esperimenti. Non c'erano ancora prove, solo sospetti, la Neurobyte sembrava uno stato dentro allo stato e per giunta proprio Koros ne era la leader. Quella sgualdrina infida aveva rovinato la sua famiglia anche se, a dire il vero, suo marito non si era fatto pregare troppo per seguirla abbandonandoli, ma evidentemente questo non era sufficiente......quei due dovevano anche trovare il modo di fare del male a tutta l'umanità. Era per questo che volevano il Daytarn. Non lo avrebbero avuto.
Mentre camminava immersa in questi pensieri, sentì una gentile voce femminile parlarle.
“Signora Eyla.....”
Eyla si voltò.
“Aiza!”
“S-sì....buonasera, signora........la prego, potrei chiederle una cortesia?”
“Certo cara, dimmi”
“Ecco, io........potrebbe farmi incontrare con Banjo? L'ho già sentito per telefono....ha rischiato, con quel conflitto a fuoco, ma sta bene...........ho bisogno di vederlo di persona, la prego......”
Eyla vide una lacrima scendere sul volto di Aiza.
“Non piangere, piccola” le disse Eyla abbracciandola affettuosamente.
Aiza la lasciò fare e le appoggiò la guancia sul seno. Com'era bello, l'abbraccio di una madre. Lei non aveva mai potuto abbracciare la sua. Rinfrancata, Aiza si separò da Eyla. Il suo volto si fece deciso.
“Signora, devo parlare con Banjo, devo avvertirlo di un possibile pericolo.....si tratta di mia sorella, mi ha fatto un discorso strano oggi, sono preoccupata”
“Che genere di discorso?”
“Beh, ecco.........mi ha detto che intende diventare un cyborg, e che dovrei fare altrettanto per salvarmi..........ha accennato ad una nuova razza che dominerà il sisitema solare, aveva un'espressione fanatica sul volto.....”
Eyla ripensò a quella che aveva visto sul volto di suo marito. Provò l'impulso di dirle tutto, ma non voleva coinvolgerla.....doveva prendere tempo e riflettere. Per prima cosa, doveva studiare insieme a Minamoto un piano per impedire che il Daytarn potesse cadere nelle mani sbagliate, e doveva farlo segretamente. Doveva tenere conto del fatto che i suoi figli stessero indagando proprio sulla Neurobyte insieme alla squadra di Gilmoure mettendosi contro il loro padre.......l'uomo che lei stessa aveva amato..........ed ora la sorella di Aiza sembrava seguire le orme di suo marito.
“E non ho prove di nulla” pensò.
Poi si rivolse ad Aiza.
“Va bene, Aiza.......ti metterò in contatto con Banjo, ma prima vieni nel mio alloggio e raccontami tutto per bene.......ci sono cose di cui forse io e te dobbiamo parlare”
Aiza, visibilmente emozionata, acconsentì.
Beauty aprì la porta della sua stanza e si voltò verso Jet.
Jet fece per stringerla a sé, ma lei gli appoggiò la mano sul petto e volse lo sguardo in modo da mostrargli la guancia per evitare il suo bacio.
“Perchè non vuoi?”
Beauty lo guardò con occhi profondi e supplichevoli.
“Jet....ti prego........ho paura.....”
“Di me? Del mio passato?”
“Jet.......so che ora sei un altro uomo........mi hai appena fatto provare una gioia immensa, sei dolce e forte...........ma, ti prego, non rovesciarmi tutto addosso in questo modo...mi confondi.........io non sono irruente come te”
Jet la sentì tremare, sentì di aver toccato un punto debole del cuore di quella ragazza apparentemente vanesia, ma in realtà profonda ed assennata. Beauty era sincera, gioiva e soffriva per lui al contempo, e Jet si rese conto di non voler approfittare di quella sua incantevole debolezza. Sarebbe stato come calpestare un fiore.
“Che ti succede, Link! La tua vecchia banda ti riderebbe dietro!” disse a se stesso, sicuro che, se anche il mondo intero avesse riso di quella sua consapevolezza, non gliene sarebbe importato nulla.
“Hai ragione” le disse “Perdonami. Beauty, io.......anche tu mi hai donato una gioia immensa”
“No.....io...non ho fatto nulla”
“Il tuo sorriso, la tua gioia, sono tutto”
Beauty arrossì.
“Dammi tempo, Jet Link”
“Ho speranze?”
“Oh......ti prego, non chiedermi nulla, per adesso...Buonanotte, Jet”
Jet la baciò sulla guancia.
“Buonanotte, Beauty”
Jet si allontanò. Aveva un'espressione intensa sul volto.
Nel corridoio comparve Reika. Non riusciva a dormire, dopo la dichiarazione di Albert.
Uno sguardo di intesa fra donne bastò.
“Ciao, Beauty”
“Ciao” replicò Beauty, guardandola come se attendesse la sua risposta.
“Il cuore fa scherzi anche a te?”
“Reika, dimmi la verità........sono scema ad innamorarmi di un cyborg quando, diciamolo senza falsa modestia, potrei trovare senza difficoltà un uomo normale?”
“Allora sono scema anche io” replicò Reika.
“Anche tu? Con chi?”
“Con Albert Heinrich”
“Quello con la mano....oh, scusa!”
“Non fa nulla, dovrò farci l'abitudine, a queste gaffe.......Beauty, se fossi davvero una stupida non ti sentiresti come ti senti....e come mi sento anch'io. Io ho fatto una scelta difficile, mi tremano le gambe se ci penso ma, credimi, avrei finito per impazzire se non l'avessi fatta......e poi....lui è fantastico, unico.............tu, sei decisa ad andare fino in fondo?”
“Non lo so, Reika, non lo so ancora......se lui fosse umano......ho il cuore che è un'inferno”
Beauty fu sul punto di piangere.
Reika le strinse le mani.
“Solo tu hai la risposta, dentro di te. Non è bellissima, oltre che terribile, questa sofferenza?”
“E' assurdo, ma hai ragione........l'amore è una cosa meravigliosa finchè...”
“Finchè non ci prende a calci” completò Reika “Sai, questa frase me l'ha detta Jet quando gli ho parlato di Albert”
Beauty sorrise, commossa.
“Un vero duro del West Side.........ma l'amore sta prendendo a calci anche lui”
Geronimo e Mei-Ling erano usciti dal locale. Mace e Piunma li avevano lasciati andare, intuendo che dovevano restare soli. Piunma si rese conto di aver visto per la prima volta in vita sua il gigantesco pellerossa interessato ad una ragazza. Avevano passeggiato a lungo, raccontandosi le loro vite. Mei Ling gli aveva narrato la storia della sua famiglia, la sua infanzia in un villaggio di contadini ed i suoi studi di ingegneria. Il suo paese non aveva offerto molto al suo spirito libero, ed aveva deciso di tentare una nuova vita in un mondo nuovo. Grazie alla sua laurea in ingegneria mineraria, era stata assunta alla Neurobyte ed aveva iniziato a lavorare negli scavi delle gallerie del complesso di Hobertown.
Mei Ling era incantata dai racconti di Geronimo. Rimase colpita dal modo in cui decise di lasciare la riserva.
“E' stata una scelta onorevole, Geronimo. La cultura del tuo popolo, il suo profondo significato, non vanno messi in vendita per divertire sciocchi che pagano. Hai agito da vero guerriero”
“Il mio popolo non ha più una strada”
“Deve trovarne una nuova......ma probabilmente sono sciocca a fare una predica....perdona questa ingenua fanciulla”
“No, non devi scusarti. Non sei una sciocca, lo leggo sul tuo viso, nei tuoi modi, nella tua delicatezza”
“Non farmi arrossire, ti prego” replicò lei, con verecondia tutta cinese.
“Io sono già rosso” replicò Geronimo.
Mei Ling rise come un'usignolo.
“Perdona la mia audacia, Geronimo, ma ho l'impressione che qualcosa ti metta a disagio”
Era vero. Geronimo aveva iniziato quel dialogo per cercare informazioni, il che lo faceva sentire colpevole di mentire a Mei Ling. Avrebbe voluto dirle tutta la verità. Fingere con lei ripugnava al suo senso dell'onore e della lealtà. Un pellerossa dice sempre la verità, o tace.
“Oh, no, non è nulla....”
“Andiamo, dimmelo!”
“Ecco, hai letto di quell'attentato a qual locale, il Technoblack, e del conseguente arresto di una certa Kristen Doyle?”
“Sì, la comunità cinese di Marte ha seguito la vicenda. Pare che l'attentato abbia una matrice neonazista, e ciò è preoccupante per noi, che qui siamo una minoranza,........che cosa triste, portarci dietro l'odio anche su altri mondi.....”
“Hai ragione, Squaw. L'uomo non può fuggire da ciò che ha dentro di sè”
“Perchè ti interessi a quella vicenda?”
“Ecco...la Doyle, vedi, io.......ho conosciuto lei e la sua famiglia in passato, e l'accaduto mi ha lasciato senza parole.......so che lavorava anche lei nel complesso minerario come noi due, e la stavo cercando quando ho appreso l'accaduto. Alle centrale di Polizia non permettono visite per il momento, è una sorvegliata speciale. Dimmi, tu l'hai conosciuta?”
“Sì, per un breve periodo fece parte della mia squadra”
Un colpo di fortuna insperato.
“Che impressione ti ha fatto?”
“Era sempre silenziosa, un po' assente.....faceva la programmatrice, era brava, venne improvvisamente trasferita ad un progetto di ricerca su cui venne mantenuto il massimo riserbo........hai sentito parlare anche tu di progetti di ricerca sui cyborg da parte della Neurobyte? Credo che l'abbiano mandata lavorare a qualche progetto militare, però......ecco......”
Mei Ling esitò.
Geronimo si fece attento.
“Si tratta della ”soluzione diecimila”....ne hai mai sentito parlare?”
Geronimo ammise di no.
“Beh, probabilmente è solo una leggenda, ma si parla di un progetto segreto all'interno del complesso minerario che continua ad inghiottire persone e materiali senza lasciare traccia.....apparentemente solo una diceria....ma la compagna di stanza di Kristen ci disse che ne avevano parlato. Kristen aveva firmato per prestarsi ad un'esperimento e, pur essendosene pentita, aveva paura a sottrarsi. Quando partì, tre tipi taciturni in doppiopetto nero vennero a prelevarla.......non so altro, e non chiedermi altro di quella brutta storia, non voglio vivere con la paura”
“Ti prometto che quanto mi hai detto rimarrà tra noi”
“Geronimo, dimmi, come sono le donne della tua tribù?”
“Sono avvedute, sagge, forti e resistenti alla fatica ed alla fame”
“Ce n'era una speciale, per te?”
Geronimo esitò.
“No, io.....non riuscivo a pensare ad una compagna, allora, ero troppo colmo di risentimento per quello che accadeva nella riserva”
“Ed ora ci pensi? Non ti senti solo?”
“A volte sì” replicò il pellerossa, perdendo la sua solita espressione granitica e mostrandosi addirittura un poco timido.
Mei Ling provò per lui una tenerezza improvvisa, e gli si avvicinò fino ad appoggiargli il capo sulla spalla.
“Com'è forte il tuo braccio, guerriero Sioux”
“Com'è dolce il tuo profumo, ragazza dell'oriente”
“Sai, nessun uomo, qui, mi ha mai trattato con il tuo rispetto, la tua sincerità e la tua dolcezza.........ed io mi sento sola, Geronimo”
“Anche io......Marte mi fa questo effetto. Tu mi piaci, Mei Ling” le disse con franchezza.
Lei distolse lo sguardo.
“Sei audace........ma è colpa mia”
“Non hai colpa di nulla.....stammi pure vicino se vuoi”
L'ispettore Lombardo era nel suo ufficio. Aveva letto il rapporto del Colonnello Garrison. Le informazioni tecniche relative ai cyborg morti nel conflitto a fuoco avevano consentito il collegamento con un furto di materiale cibenetico perpetrato a Philadelphia da un gruppo neonazista noto come “Legione per la Rispettabilità Ariana”. Il gruppo stava creando una cellula su Marte. Uno dei membri, arrestato, sostiene di essere l'ex fidanzato di Kristen Doyle. Tutto spiegato, tutto perfetto. Appunto per questo l'ispettore Lombardo non credeva a quelle conclusioni, ed il colonnello Garrison ci credeva quanto lui. Quella storia del disegno tracciato dal piccolo telepate era la tessera del mosaico che non quadrava. Il ciondolo a svastica trovato su uno dei cyborg morti al termine della sparatoria era non era che tentativo di depistaggio volutamente stupido, ma realizzato con mezzi degni di una grande organizzazione. Un'organizzazione che sembrava aver agito di fretta, come sotto qualche pressione.
Sentì bussare alla porta ed invitò il visitatore ad entrare.
Era il professor Gilmoure.
“Complimenti, 007” disse l'ispettore
Bretagna riprese la sua forma.
“Grazie, ispettore. Immagino abbia un fascicolo per il Professor Gilmoure”
“Certo, 007” replicò l'ispettore, porgendo a Bretagna una copia del rapporto “Vorrei anche che il professore venisse qui ed esaminasse personalmente l'arrestata ed i corpi dei due cyborg deceduti nel conflitto a fuoco. So che potrebbe essere pericoloso, ma, da quanto potrete leggere, capirete che ho buone ragioni per temere che il tempo stringa”
“Va bene, ispettore, ci penseremo io e 006”
“Oh Banjo!”
Aiza gli corse incontro e gli gettò le braccia al collo.
“Aiza, piccina” le disse dolcemente, carezzandole i capelli “Mamma, anche tu!”
“Ciao, figliolo!”
“Sono felice di vedervi ma....come mai siete qui, è successo qualcosa?”
“Banjo” disse Eyla “possiamo parlare con l'ispettore?”
“Dite prima a me”
“Si tratta di mia sorella Liza, Banjo........dice che vuole diventare un cyborg, mi ha fatto discorsi da fanatica....”
“Come quelli che tuo padre.....”
“Cielo........signora.........” le disse Aiza con le lacrime agli occhi.
Banjo la sorresse. Aiza era tanto emozionata da non riuscire quasi a reggersi in piedi.
“Stai calma, Aiza!”
Mentre Banjo la stringeva a sé, sopraggiunse Ded
“Mamma, Aiza! Ciao!”
“Ded! Caro!”
“Mamma, come stai?”
“Bene...”
“E Gally?”
“Le manchi tantissimo, non fa che dirmelo”
“Aiza” Ded si avvicinò “Non stai bene?”
“Oh, no.....” fece lei “No.....è tutto ok”
“Veramente non mi pare” replicò Ded.
“Ecco, Ded, mia sorella.......ha detto che vuole diventare un cyborg...”
Eyla intervenne.
“Pare che Lisa Rell sia divenuta una seguace di Koros.......”
“...e di chi sappiamo noi.....” concluse Banjo con dispiacere.
Ded e Banjo si scambiarono uno sguardo d'intesa.
Fu Banjo a parlare.
“Mamma, Aiza, ascoltate. Questa faccenda è delicata. Aiza, raccontaci tutto con calma.....ci sono cose che non possiamo dire neppure a voi, per ora, ma forse l'ispettore ce ne parlerà. E' meglio che non veniate coinvolte.
“Banjo, si tratta di mia sorella.....sono coinvolta”
“Ed io ho parlato con il comandante Minamoto del Daytarn” aggiunse Eyla “ Anche io devo fare a te e a Ded qualche rivelzione confidenziale”
Banjo la guardò intensamente.
“Ok, seguiteci”
Quando Joe e Françoise si avvicinarono al tempio, si resero conto che il basamento della struttura era stato ricavavto lavorando e scavando internamente un blocco di roccia color ocra. Il mare increspato di sabbia rossa finiva di fronte ad un'apertura ovale senza infissi. Joe ebbe l'impressione di udire un diffuso accordo musicale insieme al soffio del vento limpido. Nel clima secco di Marte non esistono foschie. La linea dell'orizzonte di sabbia rossa era visibile con chiarezza soprendente. Françoise udì le note a sua volta, e le analizzò con il suo udito potenziato.
“Queste armonie.....sono arpe eolie, Joe........o qualche strumento simile”
Françoise non svegliò Ivan. Non occorreva. Quando il piccolo aprì gli occhi vide solo il mantello che lo copriva e la sua culla, illuminati da quel poco di luce solare che poteva filtrare. Gli piaceva stare in braccio a Françoise nascosto sotto l'aba, gli dava un senso di protezione, mentre il silenzio di Marte e la vastità del deserto gli davano un senso di pace.
Joe e Françoise varcarono la soglia del tempio.
La luce del sole si smorzò.
Le pareti del tunnel ovale erano lisce e nude.
Due file di fiaccole lo illuminavano, dando ai colori una sfumatura più scura.
Il pavimento era ricoperto della sabbia rossa di Marte, che rendeva i loro passi ovattati.
Joe e Françoise ebbero la sensazione di allontanarsi da Marte.
Giunsero ad un portale bronzeo istoriato, con raffigurazioni mitologiche di origine chiaramente buddhista, o così parve a Joe, che non era ferratissimo in materia.
Joe notò una leva alla sua destra. Sporgeva da una feritoia nella parete. Il pomello raffigurava una sorta di drago o serpente mitologico. Françoise gli fece un cenno di assenso, facendo capire a Joe che avevano avuto la stessa idea.
Quando Joe abbassò la leva, un vasto rintocco di Gong si diffuse maestoso mentre i battento del portale si aprirono verso l'interno. Tre uomini in abito talare indentico a quello di Gandaru li accolsero in un vasto atrio che immetteva in un'ampia scalinata. La penombra era rischiarata da pochi bracieri e da un lucernaio sul soffitto, dalla cui lontana grata era possibile vedere l'azzurro del cielo. Le porte si richiusero lentamente e si sigillarono con un sommesso rombo metallico che ne sottolineò la pesantezza.
Di fronte al silenzioso inchino dei tre, Françoise si scoprì il capo e fece altretatnto con Ivan. In quella penombra, il rosso della sua uniforme e l'oro dei suoi capelli nella colonna di luce solare che entrava dal soffitto erano straordinariamente intensi. I suoi grandi occhi azzurri erano bellissimi e profondi. Joe, guardandola, ripensò alla Madonna con il bambino della cappella dell'orfanotrofio, di fronte alla quale lui ed il sacerdote che lo aveva cresciuto da bambino fino alla terribile notte in cui fu trovato morto avevano pregato insieme. In quell'istante, Françoise pareva anche lei una prescelta.
I tre videro Ivan e sorrisero.
“Ci hai portato il bambino” le dissero soltanto.
“Ci attendevate?” chiese Joe.
“Sì” fu la pacata risposta di uno di loro.
Atto quinto
I tre monaci fecero loro cenno di seguirli.
Joe e Françoise salirono i gradini della scala, lunga, interminabile. Ai lati della scala, profonde nicchie in penombra lasciavano intravedere le sagome di figure umane a sei braccia. Sculture legate a culti orientali.
In cima alla scala, un corridoio in blocchi di pietra li immise in una sala circolare. La sala aveva sei ingressi privi di porte.
I tre si fermarono. Uno di loro parlò.
“Entrate nel labirinto. Sarà il labirinto della vostra stessa mente. Sarà bello, doloroso, terribile, fantastico.......dovrete trovare l'uscita da soli, con i vostri ricordi e la vostra saggezza. Allora incontrerete Lui”
“E' solo un labirinto di pietra” disse Joe.
“E' ciò che vedi, nostro giovane amico, ma, percorrendolo, grazie al bambino, rivedrai molte cose, e lo farai con occhi più attenti, che ti sveleranno quanto, allora, non avevi motivo di notare”
Françoise fece una leggera carezza ad Ivan e lasciò che l'aba le cadesse fino alle caviglie svelando la sua scintillante uniforme rossa. Guardò dolcemente Joe.
“Andiamo, amore mio” gli disse.
Joe fece un breve inchino ai tre e la seguì.
Varcarono la soglia ed osservarono l'ambiente.
Il pavimento era di mattonelle di pietra grezza, ma incastrate con perfezione assoluta. Parevano una superficie compatta. Lampade ad olio, silenziose, proiettavano ad intervalli regolari i loro globi di luce sulla pietra ocra delle pareti, dando origine a lunghe ombre.
Avanzarono con calma. Il corridoio faceva continue svolte. Imboccarono a caso tre diramazioni e persero l'orientamento. Joe guardò la bussola. L'ago ruotava. Erano in un campo magnetico, probabilmente generato dalle rocce stesse. Françoise aveva i sensori al massimo. Tentò di utilizzare i raggi x, ma riceveva solo forme indistinte. Qualcosa impediva la loro normale propagazione.
Dialogavano fra loro solo con le trasmittenti interne.
“Ivan, percepisci qualcosa?” chiese Joe.
“Sì, 009. Qualcosa di remoto, ma familiare”
“Cosa, esattamente?”
“Io......vedo l'immagine di una giungla....una foresta pluviale, e di un soldato vestito di nero”
“Cosa? Ivan.....”
Joe sentì una folata di vento investirlo.
“Ivan, cosa succede?”
“Siamo in un campo psionico potentissimo, Joe, ma sento che ci è amico” replicò Ivan.
“Ma.....questo vento è reale?” esclamò Françoise.
“In un certo senso, 003........perchè ciò che noi ricordiamo come passato non cessa di esistere, ma resta inciso nello spazio tempo. Io in quel momento non ero con voi, volavo sul Dolphin ed ero addormentato”
Françoise vide Ivan dissolversi.
“Oh mio dio! No! Joe, ma cosa!”
“Hey, voi due!”
Joe e Françoise si voltarono di scatto.
Videro di fronte a loro un uomo snello e robusto. Indossava un'uniforme nera ed aveva capelli neri e arruffati.
“Megaro!!” esclamarono entrambi.
“Beh, sì! Cos'è quello stupore?”
“Oh....n-niente” replicò Françoise semisbigottita.
“M-ma...come puoi essere qui?!” gli chiese Joe.
“Che vi prende ragazzi? Vi sentite bene? Se permettete a ciò che vi è accaduto di prendere il sopravvento sulla vostra volontà andrete fuori di testa e non sopravviverete. La giungla è un groviglio di trappole mortali, là fuori! Allora, avete fatto pace, voi due?”
“Sì” rispose Françoise.
“Come vi invidio.......al diavolo, voi dovete vivere.....io potrei non farcela, ma voi dovete. Françoise, tu sai davvero amare”
“Io....io ho sparato a Joe.......ma solo perchè non sapevo che il suo acceleratore era guasto.......il comandante degli Spettri Neri mi aveva offerto in cambio le vite dei passeggeri dell'aereo, io sparai ma ero certa che Joe avrebbe evitato il colpo!” rispose lei.
“Io ti credo Françoise” le disse Joe, stupito di parlare senza riuscire a rendersi conto fino in fondo che quella scena non fosse reale.
“Forza, dobbiamo uscire dalla giungla!”
Lo seguirono dietro una svolta e si ritrovarono nella penombra di una fitta giungla tropicale.
Un coccodrillo meccanico balzò all'improvviso da una pozza d'acqua fangosa ed incontrò il taglio della mano di Megaro che lo fece esplodere.
Il superudito di Françoise percepì i passi veloci di una muta di cani cyborg.
Era tutto come allora, erano di nuovo in quella maledetta giungla in cui avevano perso il loro amico e si erano dichiarati il loro amore sotto lo sguardo ghignante della morte.
La vegetazione si squarciò all'improvviso ed un cane cyborg di acciaio scintillante si avventò su Joe artigliandogli un braccio. Il laser di Joe lo trapassò e lo respinse nella vegetazione dove esplose. Le fiamme, il calore e le schegge erano reali.
Françoise, allertata dai sensori acustici, si voltò di scatto e fece fuoco contro un altro di quei mostri. L'esplosione la scaraventò a terra. Joe fece per accelerarsi, ma il meccanismo non rispondeva. Megaro assestò un colpo a due mani sulla schiena di un terzo assalitore, spezzandolo in due.
Si misero a correre.
“Megaro, tutto questo è già accaduto!” esclamò Joe.
“Joe, che ti prende?”
“Megaro, ascolta......tu sai nulla di un progetto per far risorgere lo Spettro Nero in caso di sconfitta?”
“Io....no”
Joe ebbe un'idea.
“Ciò in cui siamo coinvolti fa parte di un'esperimento per selezionare cavie da utilizzare come cyborg, vero? E' per questo che hanno voluto far precipitare qui quell'aerobus carico di atleti, no?”
“E' così, Joe”
“Perchè non collaudare direttamente dei cyborg già pronti?”
“Si tratta di un progetto segreto....non ne so molto ma....ecco....occorrevano cavie che avessero dimostrato spontaneamente di poter affrontare un ambiente ostile a loro sconosciuto in modo da sfruttare i relativi schemi mentali per la creazione di una nuova generazione di cyborg....una cavia con la mente cancellata non basta, ne occorre una caratterizzata da un certo imprinting mentale”
“Nuova generazione di cyborg.........il nome del progetto lo sai?”
“Progetto Meganoide”
“Meganoide.......si trattava di cyborg destinati ad operare sulla Terra?”
“Non soltanto sulla Terra”
“Anche su Marte?”
“Sì...come fai a saperlo?”
“Abbiamo raccolto informazioni in una delle vostre basi, ma molto frammentarie” replicò Joe, mentendo “Sai per quale motivo volevano adattare i nuovi cyborg all'ambiente di Marte?”
“No, Joe” replicò Megaro.
“Attenti!” gridò Françoise.
I cani meccanici attaccarono ancora.
I loro laser fecero fuoco. Due cani esplosero in aria.
Joe cadde nuovamente a terra.
Sentì il duro pavimento del corridoio sotto di sé. Françoise cadde su di lui.
“Ivan!” esclamò la giovane francese “Ivan, dove sei?”
“Eccomi” rispose il piccino. La sua culla fluttuava nella penombra.
“Perchè ti sei separato da noi?”
“Avrei potuto alterare il passato, interferendo”
“E' stata solo un'illusione, vero? Non era Megaro!” Esclamò Joe.
“Guardati il braccio sinistro, 009”
Joe lo fece. Vide quattro tagli paralleli sulla manica dell'uniforme kaki, nel punto in cui uno dei cani lo aveva colpito con il suo artiglio.
Eyla Haran guardò il comandante Minamoto, in preda ad un'emozione straordinariamente intensa. Il suo fisico statuario, nella tuta da laboratorio attillata, mostrava tutte le sue curve, e la tensione che la animava le faceva sembrare più belle. Il suo volto mostrava decisione ed intelligenza. Gli occhi, però, erano cerchiati dalla stanchezza.
“Comandante, il Daytarn è stato ultimato”
“Dottoressa, ho dato ordine di sigillare il suo laboratorio ed il silos di assemblaggio con il pretesto di misure di sicurezza eccezionali dovute ad attività terroristiche neonaziste. L'ispettore Lombardo mi ha fornito a tale scopo una sua relazione autenticata, il che rende la mia mossa credibile e legale. Mi occuperò personalmente della sorveglianza della struttura. Lei si riposi un giorno o due. Vedo che è distrutta”
“Comandante, vorrei farle una domanda”
“Credo di sapere quale. Le riserve auree dell'Accademia e del centro ricerche, vero?”
“Sì”
“Le caricheremo sul missile di classe Daytarn. Non devono cadere nelle mani sbagliate”
“Comandante, se io comprassi dell'oro, potrei caricarlo sul missile?”
“Vedo che pensa a salvarsi”
“Penso ai miei figli, ed al fatto che ora sono sola. Tutti dietro ai soldi della Neurobyte, a costruire armi, a non darci ascolto........tutti a fare i ruffiani con quella sguald........Al diavolo, i miei figli sono stati già abbandonati dal padre, è giusto che almeno io pensi a loro.....non lo faccio certo per arricchirmi, e non voglio chiedere aiuto a mio marito e a quella.....beh, mi sono spiegata”
“Ha ragione, e d'altra parte si è guadagnata la mia riconoscenza. Il piano per stivare l'oro rapidamente è pronto. Ora glielo mostrerò, e le dirò anche come convertire in oro il suo denaro”
Joe, Françoise e Ivan continuarono ad avanzare. Non avevano più idea della loro direzione. Quel dedalo pareva infinito. Françoise percepì un forte odore di disinfettante.
“Joe, odore di disinfettante, lo senti?”
“Io non sento nulla”
“I-io si, Joe.....ho sonno”
“Françoise!”
Joe corse a sorreggerla.
“Ivan, cosa succede”
“Lascia che si addormenti” la voce di Ivan era calma e sicura “Non corre pericoli, è Gandaru a volerlo”
“Come lo sai?”
“E' lui a trasportarvi nel tempo”
Françoise aprì gli occhi. Non era nel tunnel. Era sdraiata su un lettino bianco, in un laboratorio ipertecnologico. Si alzò, esterrefatta. Non aveva idea di cosa fosse quel luogo, e quell'uniforme rossa, o meglio, l'aveva ed al contempo riviveva in maniera del tutto genuina lo stupore di indossarla senza saperne il motivo. Vide cinque teche cilindriche colme di un liquido azzurrino. C'erano sagome umane all'interno. Françoise le guardò e ne riconobbe una. Una donna longilinea dalla pelle marmorea e dai lunghi capelli rossi, con un gioiello in fronte. L'aveva guardata di sfuggita, la prima volta, ma ora aveva un ottimo motivo per imprimersela in mente.
Era Koros.
“Cyborg 003!” tuonò una voce metallica dietro di lei.
Françoise si voltò di scatto con il cuore in gola.
Vide due minacciosi soldati dalla corazza nera che la fecero fuggire terrorizzata. Fissandoli intensamente, si rese conto con orrore di poterne vedere lo scheletro, come in una radiografia.
“Dove sono, chi siete! Che posto è questo!”
“Finiscila, 003! Obbedisci o verrai punita con l'elettroshock”
“Chi è 003? Perchè mi chiamate così? Io mi chiamo Françoise Arnoux” gridò furente.
Uno dei due la afferrò per un braccio, ma lei si liberò con una forza che non aveva mai immaginato di avere.
L'altro la colpì con uno staffile elettrico.
Il dolore la paralizzò e la fece cadere a terra stordita.
Riaprì gli occhi dopo un tempo che avrebbe potuto essere infinito.
Era fra le braccia di Joe. Ivan era nella sua mente, e la stava aiutando a riprendere i sensi.
“Françoise, stai bene”
“Sì Joe......ho scoperto anch'io qualcosa sul Progetto Meganoide.....quando mi risvegliai coem cyborg 003, vidi il corpo di Koros nel laboratorio, in un cilindro di conservazione......è una creatura degli Spettri Neri, Joe”
“Come immaginavamo. Te la senti di camminare?”
“Sì, Joe.....andiamo.....ci stiamo avvicinando alla verità”
“Cavoli, che storia la tua.....hai passato un'inferno”
Mace fece scorrere la mano sul petto muscoloso di Piunma, mosse il suo corpo sotto le lenzuola e lo baciò sulla guancia. Lui la strinse delicatamente a sé. Lei gli tastò il polso. Le sue dita percepivano i segni delle catene. Erano orribili. Facevano male anche a lei.
“Mace, credevo che la tenerezza non esistesse più, ma grazie a te ho capito che la vita non è solo lotta, sofferenza e rivalsa...”
“Accidenti” fece lei baciandolo ancora e facendogli sentire quanto il suo seno fosse caldo “E pensare che volevo solo divertirmi, invece......dannazione, chi vive qui deve essere forte e tu mi ricordi che ho dei sentimenti........ma non posso farci niente, con un uomo come te non si può scopare e basta....c'è qualcosa che ti rende diverso....non so cosa”
Piunma avrebbe voluto abbracciarla gridandole tutta la sua gioia per averlo chiamato “uomo”.......non cyborg. Non le aveva detto tutto....d'altronde anche lui voleva solo divertirsi, sesso in cambio di sesso fra adulti consenzienti, che male c'era? C'era di male che Mace aveva un cuore, dei sentimenti sotto quella scorza cinica.........che non era un giocattolo, e neppure lui. Per qualche strana alchimia lo avevano capito entrambi.
“Neanche con te si può fare solo sesso.......sei forte e dolce, Mace, dura e tenera”
“Ascolta, tu non sei un comune minatore...lo sento, sei diverso dagli uomini che vivono qui, sei qui per qualche motivo”
“Non ti si può nascondere nulla, eh, donna vissuta?”
“Neanch'io ti ho nascosto un granchè, mi pare” fece lei, sovrapponendo il suo corpo nudo al suo.
“Già....devo dire che l'ho apprezzato!”
“Oooooh! Grazie.....beh, la notte è ancora lunga”
“E' vero, anche se con te passa presto”
“Domattina ti farò una bella colazione, e parleremo di noi....nel frattempo...”
“Nel frattempo.....”replicò Piunma
E ricominciarono, ma dolcemente.
Haran Sozo si alzò dalla sua console olografica e si volse verso Koros.
“Ci siamo.....la mente di Don Zaucker ha sviluppato il mio progetto......la Macchina della Morte è pronta. I Comandanti diverranno Megaborg. Le nanomacchine si stanno diffondendo, sono già negli organismi dei loro portatori e grazie alla droga creeranno i nostri soldati. Marte sarà nostro, poi la terra e poi......”
“Sozo, ascolta.....”
“Cosa c'è...non sei felice? Questo sarà l'anno zero di una nuova era.....”
“Sozo, ti prego......io......”
“C'è qualcosa che ti preoccupa?”
“Io...non voglio perderti...io.....Sozo....sei sicuro di Don Zaucker?”
“In che senso?”
“Io e te non ci siamo mai chiesti quale sia il nostro vero ruolo nei suoi riguardi......siamo noi a usare lui o cosa? Cos'è veramente quel cyborg che hai creato? Ora noi facciamo i nostri progetti, ma i suoi quali sono?”
“Anche tu inizi a darmi del pazzo? A dirmi che il mio lavoro sia pericoloso? Non vuoi diventare un'essere superiore? Hai paura di cambiare?”
“Da quando ti amo.......forse”
Haran Sozo la guardò.
“Stai ragionando come Gilmoure e come la mia ex moglie, che ti prende?”
Koros fece per aprire bocca, ma il suo condizionamento le congelò la lingua. Poco per volta riuscì a parlare di nuovo. Non poteva tradire il fantasma Nero direttamente.
“Sozo, se fossimo io e te a controllare Don Zaucker? Saremmo noi gli esseri supremi, ed io rimarrei con te, per sempre”
Haran Sozo la guardò. Le poggiò le mani sulle spalle sottili stringendole, facendola soffrire.
“Vedo che non sei avida solo di sesso.....non fai che tentarmi, che spingermi in un'abisso sempre più profondo, ed io ti seguo......ma ora esageri......credi di poter controllare i tre gemelli? Non sono menti umane”
“Sozo, io....ho paura per te.....”
Koros prese ad ansimare. Il suo condizionamento prese a torturarla, ma non riusciva ad uccidere quel misto di passione, lussuria e persino vero amore che si faceva strada nella sua mente e nelle sue viscere.
“Paura per me? Nel momento del nostro assoluto trionfo? Saranno gli altri ad averne”
Koros lo baciò.
Non ce la faceva. Non riusciva a salvarlo, e non voleva perderlo. Sentì di preoccuparsi più di lui che di se stessa, e si sentì finita a sua volta. Altruismo, sentimento.......il Fantasma Nero non li perdona.
L'ispettore Lombardo guardò Aiza, poi Banjo.
“Haran Banjo, tu che ne dici?”
“Abbiamo una pista”
“Già” replicò l'ispettore “Vuoi occupartene tu?”
“Certamente”
“Sai, credo di sapere chi affiancarti. Ti farebbe comodo un tale capace di assumere l'aspetto di chiunque, uomo o donna?”
“Altrochè. Un cyborg, immagino”
“Immagini bene. Si dà il caso che l'uomo di cui parliamo stia per arrivare”
Sulla scrivania, il'nterfono trillò.
“Ispettore, il professore è arrivato”
“Fatelo entrare”
Dopo un rapido bussare, la porta si aprì.
Bretagna ed il Professor Gilmoure fecero il loro ingresso.
“Buonasera, Ispettore!” disse il Professor Gilmoure con la sua voce stentorea.
“Salve” fece Bretagna, con l'aria vagamente maliziosa che assumeva quando diventava serio.
“Parlavamo giusto di voi, Professore ”Oltre alla sua perizia in materia cibernetica avremmo bisogno anche dell'aiuto di uno dei membri della sua squadra, l'agente 007”
“Agente 007?” esclamò Aiza incredula.
“Per servirvi, milady” fece Bretagna “A cosa vi servo?”
“Dovreste collaborare con l'agente Haran nel verificare una possibile pista che la signorina Rell ci ha indicato”
“Agente Haran” replico Bretagna “figlio di quell'Haran che.....”
“Sì” troncò Banjo “Questa ragazza è la mia fidanzata. Pare che sua sorella voglia trasformarsi in Cyborg ricorrendo alla Neurobyte.”
“Fin qui parrebbe tutto legale” osservò il Professor Gilmoure.
“Sì, lo so” disse Aiza “Ma dai discorsi che mi ha fatto ho avuto l'impressione che ci fosse sotto qualcos'altro. Ha detto che avrei dovuto trasformarmi anche io per la mia salvezza, ha accennato ad un “grande giorno” o ad una nuova razza o a qualcosa del genere, pareva un'invasata.........c'era qualcosa che non andava in lei”
“Ho capito” disse Bretagna. Poi si rivolse a Banjo “Prepariamo un piano, agente Haran”
“Chiamami Banjo” replicò lui stringendogli la mano.
“Sentite, io.......credo che un modo ci sia” disse Aiza “però...ho paura”
“Vorresti prendere contatto con Lisa e fingere di accettare.......no! Capirebbe che fingi e, sinceramente, credo che ti esporresti per nulla” replicò Banjo.
Bretagna era pensoso.
“Sai, Banjo, credo che si potrebbe applicare una variante all'idea della signorina. Potresti essere tu a prendere contatto con lei, fingendo di volerti rappacificare e parlandole di Aiza”
“Scusa” replicò Banjo “Ma non mi va di essere subdolo”
“Beh” replicò Bretagna “In effetti ti capisco ma, se scartiamo questo approccio, occorre un'alternativa”
“Ascoltate!” disse Aiza “Se le volessi semplicemente parlare, chiederle cosa stia accadendo....in fin dei conti sarei anche sincera. Io tengo a Lisa, anche se non andiamo d'accordo, e sono davvero preoccupata per lei. Ma a quel punto cosa faremmo?”
“Potresti fare in modo di incontrarla a casa sua?” chiese Banjo.
“Beh, sì!”
“Cerca di convincerla a scendere nei dettagli, ed a metterti in contatto con chi dovrebbe procedere alla sua trasformazione” le suggerì Banjo.
Bretagna si reggeva il mento, pensoso.
“Se permette, miss Aiza, credo che potrei assistere al colloquio di persona”
“E come?”
“Lei ha un gatto?”
“Ehm....no” replicò Aiza, perplessa.
“Adesso sì!” fece Bretagna alzandosi dalla sedia e toccandosi il centro dello stomaco.
Aiza rimase a bocca spalancata quando vide la trasformazione.
Il gatto bianco le si avvicinò camminando sul piano della scrivania e le saltò in grembo.
Aiza lo tenne in braccio. Non riuciva a parlare per lo stupore.
Il gatto le parlò.
“Il colore le piace?”
“Pronto?”
“Lisa, ciao, sono Aiza”
“Aiza......ciao!” replicò Lisa. Il suo tono era leggermente circospetto.
“Ciao sorella....volevo dirti che ho pensato al nostro ultimo incontro. Lisa, non mi hai detto molto, e mi stai facendo preoccupare. Ho solo te come parente stretta. Mamma è morta e nostro padre non mi parla più.....mi resti solo tu”
“Aiza, tu hai voluto staccarti dalla famiglia”
“Ho solo voluto fare le mie scelte, cosa c'è di male?”
“Già, le tue scelte, tipo quella di metterti con Haran Banjo”
“Lisa, io non riesco a capire perchè tu ce l'abbia tanto con lui. C'è forse qualche altro motivo oltre a quelli che conosco?”
Lisa esitò. Aiza se ne accorse.
“Be', in effetti sì.....riguarda anche suo padre”
“Lisa, cosa sono tutti questi misteri e perchè vuoi diventare un cyborg? La verità!”
“Sono già un cyborg”
Aiza si sentì gelare.
“Come sarebbe?”
“Aiza, se tu mi vedessi ora, capiresti.....sorella mia, ti vorrei al mio fianco in questa rinascita. Anche tu diverresti superiore”
Aiza tacque alcuni istanti prima di parlare.
Poi rispose.
“E va bene, quando sei libera?”
“Per i prossimi tre giorni sono libera, possiamo fare quando e dove vuoi”
“Ok.....ti incontrerò e vorrei che portassi Banjo con te”
“Banjo? E perchè?”
“Visto che in ogni caso verrebbe a conoscenza di ogni parola che ci diremo, preferisco giocare a carte scoperte anche con lui. Portalo con te, non avere paura”
“Va bene Lisa, ma ad una condizione: niente scenate!”
“Non serviranno......stavolta non parleremo di ragazzate, Aiza”
“Dimmi dove e quando, sorella”
“Se per te va bene, domani mi troverò in un'ala in costruzione del nuovo complesso amministrativo della Neurobyte. Vieni al blocco tre, terzo piano. É sufficiente che tu dica il tuo nome. Gli uomini di guardia al cancello vi guideranno. Mi raccomando, voglio anche Haran Banjo”
“Ok, conosco il posto.........ne parlerò e ti farò sapere. Lisa, dimmi.....non fai più parte dell'Accademia Spaziale?”
“Ora lavoro per la Neurobyte. I miei titoli di studio e le mie nuove capacità me lo consentono”
“Come hai fatto a farti assumere subito con quella qualifica?” chiese Aiza, stupefatta.
“Scoprirai anche questo”
Ad Aiza non piacque la sottile malizia di sua sorella.
“E va bene! Lisa.....perchè non possiamo mai comportarci da sorelle....perchè?!”
“Non fare così Aiza. Ti renderai conto che è inutile”
“Ciao, Lisa”
“Ciao”
Aiza si rivolse a Banjo e Bretagna, che, con i loro auricolari, avevano ascoltato tutta la conversazione.
“Ecco, l'ho fatto, maledizione......”
“Mi dispiace, signorina Aiza, ma temo proprio si tratti di una trappola” commentò Bretagna scoccando a Banjo un'occhiata significativa.
Banjo colse l'antifona e si volse verso Aiza, ma parlando a se stesso a voce alta.
I suoi occhi parevano di acciaio.
“E noi faremo finta di cascarci!”
“Oh, Banjo!”
Banjo vide il volto di Aiza rigato di lacrime e le carezzò i capelli.
Aiza lo guardò con occhi intensi.
“Banjo, tu vuoi salvarla se è in pericolo, vero?”
“Si, te lo prometto”
“Lo prometto anche io, signorina Aiza” aggiunse Bretagna “Se permettete, credo che in questa faccenda potrebbe essere utile anche una buona potenza di fuoco. Che ne diresti se chiedessimo la collaborazione di 004?”
“004?” chiese Banjo
“L'Agente Heinrich” puntualizzò Bretagna “Nel caso avessimo a che fare con veicoli blindati”
Banjo parve riflettere.
“Buona idea, Bretagna! Procuriamoci le planimetrie del cantiere.........sarebbe opportuno coordinarci con un'altra squadra”
“Quella di 002....Jet Link”
“004, 002, 007..........in quanti siete?”
“In nove.......a suo tempo saprai tutto su di noi.....per il momento anche io sono vincolato dalla segretezza”
“Chi c'è insieme a....002?”
“L'agente Reika Sanyo dell'Interpol e la signorina Tachibana”
“Beauty Tachibana?”
“Sì, la conosci?”
“E' figlia di uno dei ricconi che inizialmente si erano interessati al lavoro di mio padre, e che adesso investono nella Neurobyte a piene mani. Pensate ci sia da fidarsi di lei?”
“E' grazie a Beauty Tachibana se la nostra squadra si trova qui. Beauty ama Koros quanto te”
Aiza intervenne.
“Ora che ci penso, ho visto la sua foto su una rivista di pettegolezzi......l'hanno fotografata quando è arrivata qui.......è bellissima”
“Ah, bene!” replicò Banjo, ridendo.
“Ehi!” replicò Aiza, piccata
“Ma io non ho occhi che per te......”
“Adulatore” replicò Aiza con il broncio.
“Ehm, io vado a procurarmi le planimetrie....” fece Bretagna uscendo dalla stanza.
Quando la porta si chiuse, Banjo strinse Aiza a sé.
“Ho paura” disse lei con franchezza.
“Aiza, io.........vuoi farlo?”
“Con te vicino, sì”
Banjo la guardò per un'istante.
I suoi occhi erano stupendi. Le sue labbra rosse luccicavano come corallo. I suoi capelli emanavano un profumo intenso.
Quando Banjo la baciò, Aiza si abbandonò al suo abbraccio mentre tutte le sue membra si rilassavano languide dopo la tensione nervosa che le aveva attanagliate fino a quel momento.
Jet tradusse il messaggio in codice e chiamò Beauty e Reika nella sua stanza.
“Allora?” chiese Reika.
“Leggete!”
Beauty lo fece sopra la spalla di Reika.
Reika lesse che anche Albert sarebbe stato della partita.
Le due ragazze guardarono Jet.
“Come avete letto, pare proprio che i nostri avversari abbiano iniziato a scoprire le loro carte. E' evidente che il tutto non sia che una trappola ai danni di haran Banjo e Lisa Rell, e noi fingeremo di cascarci. Bretagna ha proposto di fare sì che noi fungiamo da copertura. Io avrei un'idea da proporre.....”
“Una visita ufficiale al cantiere, per caso?”
“Brava, Beauty!”
Reika la guardò con approvazione.
“Già!” esclamò “potremmo proporla, e, se dovesse rifiutare, potremmo dirle che la faremo per conto nostro. Queto dovrebbe farla vacillare”
Jet si fece pensoso.
“Il Professor Gilmoure è d'accordo, ma la cosa ha il sapore di un'azzardo. In quale situazione potremmo trovarci?”
Reika parve riflettere un poco.
“Ascolta, Jet. Preferirei anch'io avere un piano più dettagliato, ma il tempo è poco e poi, secondo me, se hanon fatto una simile mossa è perchè ritengono di avere poco tempo, ma per cosa? Se non smuoviamo le acque non lo sapremo mai. Sai, ho l'impressione che stavolta non si tratti solo di semplice noenazismo o traffico d'armi........stavolta c'è un salto di qualità”
Beauty prese a tomentarsi le mani.
“Ok, mi tremano le ginocchia ma......va bene”
“Informerò il Colonnello Garrison” disse Reika, ed uscì.
Jet guardò intensamente Beauty.
“N-no, non guardarmi così”
“Beauty, è perchè sono un cyborg, vero?”
Beauty ebbe uno scatto di aggressività.
“No! Non fare la mia vittima......prendimi a schiaffi, piuttosto!” Beauty emise un rapido singhiozzo, le ciglia imperlate di lacrime “E' vero, sei un cyborg......avresti dovuto pensarci prima di farmi provare quelle emozioni, prima di tenermi fra le braccia, di chiedermi un bacio, di farmi sentire speciale........dimmi, è perchè sono umana??!!”
Jet rimase senza parole.
“Allora?!”
“Beauty....io.....ti amo!”
Lei indietreggiò, senza fiato, gli occhi sgranati, la bocca spalancata.
“Ok......ok........sei un duro..........io la ragazza di buona famiglia, ora tocca a me, vero? Io dico di sì o di no......e tu.......o vittima del destino o uomo più felice della terra........lo sai quanto mi stai facendo soffrire? E me lo dici mentre muoio di paura pensando a quella dannata missione? Santo cielo, Jet.......il guaio non è che tu sia un cyborg, il vero guaio è che io ti ricambio!!!”
Stavolta fu Jet a non credere alle sue orecchie.
“Perchè sarebbe un guaio?” le disse con un tono di voce reso piatto dall'emozione.
“Jet, perchè non vuoi darmi tempo? Perchè?! Io non voglio divertirmi con te, ed è per questo che soffro, perchè non so come potrebbe essere una nostra vita insieme, siamo diversi e.......Jet....ecco, piango per te, ti basta?!”
Jet si sentì un mostro.
“Perdonami, io........ho capito” le disse dolcemente.
Beauty affondò il volto nel suo petto ghermendogli la camicia.
Jet sentì il calore delle sue lacrime.
Lui le carezzò i capelli.
“Perdonami, Beauty....hai ragione, sai? Dobbiamo procedere con calma”
Con il bellissimo volto rigato di lacrime, Beauty gli passò l'indice sulle labbra.
“Come fa un uomo a farmi tanto male ed a essere tanto dolce? Forse lo capirò”
Sotto le lenzuola, Koros si rivolse al Dottor Haran.
“Sozo, ascoltami”
“Dimmi pure”
“Sozo, io......io....s-senti.......tu potresti distruggere Don Zaucker se...”
“Che cosa? Sei impazzita?”
“No......sono innamorata.....di te”
“Sì, lo so!”
“Non sai tutto.....sono innamorata e.........ho l'ordine di ucciderti quando non servirai più”
Koros sudava freddo. Stava resistendo al dolore con la forza della disperazione. Il condizionamento le stava straziando i nervi.
Il Dottor Haran la fissò a bocca spalancata.
“Tu.......tu me lo dici solo ora.....brutta....”
“Sì, brutta puttana, dillo pure..........al diavolo, Sozo.......non possiamo che andare fino in fondo......creiamo i Meganoidi e liberiamoci di quel cervello.......io e te guideremo la nuova razza.....tu sai come distruggerlo”
“Ti rendi conto che rischiamo la vita tutti e due? Maledetta, non avrei dovuto darti ascolto!”
“Siamo maledetti tutti e due........hai avuto il mio corpo, ora hai la mia anima......avresti mai pensato di poter vivere tanto intensamente? Spogliami, forza, ti voglio......andiamoci godendo all'inferno......o tutto o niente”
“Hai ragione.......hai ragione.....noi non siamo normali.......se vuoi andare fino in fondo, lo faremo......”
La baciò con foga, tirandole i capelli, le schiacciò le spalle sul materasso e la possedette con rabbia. Lei si lasciò prendere con altrettanta rabbia.
Il loro amplesso fu una convulsione.
Koros si sentì sulla pelle le fiamme dell'inferno.
Ne vide il baratro fiammeggiante, vide i dannati contorcersi e gridare, e su di essi incombeva la massa nera e funebre di Don Zaucker sul trono.......
La mano di Koros era poggiata su quella di Don Zaucker.
Il cervello positronico di Don Zaucker si illuminò sfrigolando, e Koros tradusse per lui.
“Comandanti, l'ora X si avvicina. La Macchine della Morte sono pronte, Comandante Neros?”
“Sono pronte, Koros”
“Comandante Lisa, ti abbiamo concesso di salvare tua sorella: sia chiaro che lei e Banjo dovranno essere trasformati in Meganoidi. Non essere imprudente, e non sottovalutare Haran Banjo”
“Cosa può fare contro di noi, Koros?” chiese Lisa, sicura di sé.
Don Zaucker emise uno dei suoi aloni sfrigolanti.
“Comandante Lisa, Don Zaucker ha motivo di ritenere che il giovane Haran Banjo non debba essere sottovalutato in alcun modo. Ricorda che sarà compito tuo impossessarti dell'Accademia Spaziale. Da lì, attaccherete lo spazioporto.”
“Heil Don Zaucker!” Lisa salutò e non obiettò più nulla.
“Comandante Radick, comandante Matsony. Il Daytarn 3 deve essere nostro, ricordatelo!”
“Heil Koros! Heil Don Zaucker!”
“Avrei una domanda, Koros” disse il comandante Milena.
“Parla, comandante Milena”
“Haran Banjo.......potrei convincerlo io a diventare meganoide spontaneamente? Saprei come fare, sia con lui che con la sua fidanzata”
“Per questo basto io, maniaca sessuale!” tuonò Lisa.
Koros le colpì entrambe al volto con il suo staffile.
“Mantenete la disciplina o vi faccio frustare completamente nude, chiaro?”
Lisa indurì il suo sguardo, ma non replicò.
Milena guardò Koros con una passione così intensa da lasciare la sua fustigatrice senza parole. Koros si sentì spogliata da quello sguardo, e si rese conto che, grazie ai feromoni emessi Milena, la cosa non le dispiaceva. Con Milena avevano sperimentato la possibilità di potenziare le reazioni di un organismo superiore attraverso l'istinto basilare del sesso........il risultato era una donna di energia ed intelligenza straordinarie, ma anche una vera e propria maniaca sessuale, incapace di distinguere fra dolore, paura e piacere ed anche di distinguere fra i sessi. Perversione? Sublimazione delle energie vitali? Ninfomania? Era possibile prevederne le reazioni? E se tutto ciò si fosse combinato con i sentimenti? Koros pensò a se stessa e a ciò che i sentimenti comportavano. Milena......era la rappresentante di una razza superiore? O un burattino schiavo dei suoi impulsi?
“Completamente nude?” chise Milena.
“Zitta, stupida!”
Koros la schiaffeggiò, ma con una certa esitazione.
“Se mi vuoi.......” bisbigliò Milena.
“A me piacciono gli uomini, comunque non preoccuparti. Dopo la vittoria potrai esercitare i tuoi talenti. Per il momento farai il tuo dovere”
“Heil Koros! Heil Don Zaucker!” salutò Milena.
Koros avrebbe voluto mollarle un'altra staffilata, ma si rese conto che per Milena sarebbe stata una sorta di piacere.
“Comandante Zhenoya” disse alla solida e tornita guerriera che la fissava in una posa da piratessa. Le sue forme floride davano un'impressione di bellezza vigorosa. Non aveva nulla dei modi lubrichi e languidi di Milena, e neppure l'aria da donna in carriera di Lisa o quella da scultura neoclassica di Matsony “Tu attaccherai la Centraledi Polizia”
“Sarà fatto! Heil Don Zaucker!”
“Comandante Freud, tu assumerai il controllo dei nostri “morti che camminano”, inclusa Kristen Doyle. In questo modo appoggerai Zhenoya”
Koros aveva fatto riferimento a ciò che il Professor Gilmoure, all'insaputa dei nuovi Spettri Neri, era ormai sul punto di scoprire. Nanomacchine capaci di funzionare in simbiosi con il sistema nervoso umano, create dal supercervello di Don Zaucker. Lo stesso che voleva uccidere il Dottor Haran.
“Certo, grande Koros. Heil Don Zaucker!” replicò l'ometto dall'aria da secchioncello inoffensivo, ma con una mente da burocrate dello sterminio. I regimi autoritari hanno bisogno di personaggi così. Il suo nome era un riferimento alla psicanalisi e le sue competenze riguardavano soprattutto il condizionamneto delle menti. Era l'ideale per applicare la grande invenzione di Don Zaucker.
Don Zaucker. Koros lo odiava con tutte le sue forze......un altro sentimento, ed i sentimenti le facevano paura.
“Felice di rivederti, Haran Banjo! Aiza, grazie di essere venuta”
Lisa Rell voltò lentamente il capo mitriato, facendo emergere i lineamenti del volto dall'alone azzurro della vasta console elettronica. Il suo lungo mantello nero foderato di rosso ondeggiò accompagnandone le movenze languide, mentre gli stivali dal tacco alto trassero rintocchi metallici dal pavimento lucente.
Banjo la guardò sospettoso. Non gli piacque il fatto che la porta metallica della sala di controllo di quel cantiere robotizzato si fosse richiusa. Lisa indossava un'uniforme attillata, simile ad un'armatura. La fibbia della cintura era adorna di una vistosa “K”. Il suo sorriso era incorniciato da luccicanti e sottili labbra vermiglie. I denti erano perfetti, bianchissimi. La pelle marmorea esprimeva una gelida perfezione, contrastante con la sensualità delle sue forme.
Aiza carezzò il gatto bianco che portava in braccio.
L'animale apparentemente dormiva, ma la sua trasmittente interna stava inviando ad Heinrich e Jet ogni parola di quel dialogo.
“Lisa.....”
“Aiza, ascolta. Sei qui perchè sei mia sorella, voglio offrirti una possibilità ed offrirla anche a Banjo. Se accetterete volontariamente, entrerete a far parte di una razza superiore, la sola che sopravviverà”
“Tu sei pazza!” scattò Banjo.
“Non più di tuo padre, Haran Banjo! Lui ha creato la nuova razza”
“Nuova razza? E quale?”
“I Meganoidi, Banjo, i nuovi cyborg........quelli che Gilmoure non ha mai veramente sconfitto........è stato tuo padre a dare un corpo alla triplice intelligenza del Fantasma Nero. Tu sei il figlio del Creatore di Don Zaucker, il cyborg supremo...”
“Mio....mio padre.......” replicò Banjo, sbigottito.
Aiza si fece avanti inorridita.
“Lisa, cosa sei diventata, Dio mio......perchè siamo qui?!”
“Aiza, tra poco Marte sarà nelle nostre mani. Tutti coloro che ne sono degni diverranno Meganoidi. Io voglio offrirvi la possibilità di diventarli spontaneamente”
“Tu......” fece Aiza sbigottita “Tu.......chi sei? Io ho avuto una sorella di nome Lisa....tu....non so chi sei........come hai potuto farmi questo”
“Aiza, aspetta.......lascia che ti mostri cosa diventerai....potresti rimanere bella per secoli, saresti perfetta nel corpo e nella mente, saresti una dea”
Il volto del comandante Lisa assunse l'espressione estatica dei fanatici senza scrupoli.
Banjo fece un passo avanti e la fronteggiò.
“Se rifiutassimo la tua offerta?”
Lisa rovesciò il capo all'indietro e si concesse una risata isterica, poi lo fissò.
“Credi che la volontà di un semplice essere umano possa avere peso, ormai?”
“Chissà!” replicò Banjo.
Un fascio circolare di barre metalliche discese a circondare il punto un cui si trovavano chiudendoli in gabbia.
Aiza era senza parole.
Lisa sorrideva, sicura di sé.
Banjo e Bretagna avevano previsto una trappola del genere.
Il gatto si stiracchiò con noncuranza e passò attraverso le sbarre, poi si strofinò contro la caviglia di Lisa facendo le fusa.
“Sembra che il tuo gatto mi trovi simpatica”
All'improvviso, un uomo apparso dal nulla le torse un braccio dietro la schiena e le puntò una pistola alla tempia.
“Chi....chi sei....come hai fatto...”
“Non sai giudicare i gatti” le disse Bretagna “Ora apri quella gabbia e portaci fuori di qui.
“E se non lo facessi?”
“Sarebbe lo stesso!” esclamò Banjo, e subito dopo frantumò le sbarre con il suo bracciale a vibrazioni.
Con un rapido fruscio, dieci soldati cyborg dagli elmetti con occhiali si disposero a semicerchio spianando le armi.
Lisa Rell mise in mostra le sue abilità di comandante meganoide eseguendo una capriola in aria che la liberò dalla stretta di Bretagna. Banjo lanciò una granata accecante mentre Bretagna fece sdraiare Aiza a terra e le fece scudo con il suo corpo.
Il primo missile di Albert Heinrich sfondò la porta.
Il secondo piombò fra i nuovi Spettri Neri.
Bretagna uscì di corsa portando Aiza in braccio, come una bambina.
Banjo vide il comandante Lisa avventarsi come una tigre.
Era malconcia, ma solo in apparenza.
Fu stupefatta quando Banjo evitò il suo attacco e la colpì al volto strappandole un rivolo di sangue dall'angolo della bocca.
Banjo ne approffittò per raggiungere i suoi compagni, mentre la voce di Lisa lo seguì.
“Vi siete condannati, idioti! Non fuggirete da qui, l'intero cantiere, come l'intero pianeta, è una trappola gigantesca. Resistere sarà inutile. Ora vi mostrerò il mio vero potere!”
“E' giunto il momento della verità” disse Ivan.
Joe e Françoise guardarono la porta di legno a pannelli dalla maniglia di ottone.
Françoise strinse la mano di Joe e parlò.
“Cosa troveremo oltre quella porta?” chiese la ragazza.
“La sofferenza” fu la laconica risposta di Ivan.
“Come lo sai?” chiese Joe.
“Gandaru è qui” disse Ivan “Ci farà comprendere il significato delle sue lacrime”
Joe guardò Françoise.
“Joe, dobbiamo credere in lui”
“Ti amo, Françoise”
009 aprì la porta.
Entrarono in un salotto trasformato in una sala chirurgica di fortuna.
Un uomo atticciato in camice bianco, con i capelli arruffati e baffi ispidi, era febbrilmente al lavoro. I cavi delle sue apparecchiature convergevano verso una culla.
Joe, Françoise ed Ivan lo riconobbero: era il Dottor Gamo.
Un lampo balenò attraverso la finestra seguito da un tuono e da uno scroscio di pioggia.
Il Dottor Gamo accostò la mano tremante ad una pulsantiera e compilò un codice.
Le apparecchiature ronzarono mentre nella culla si poteva scorgere un piccolo movimento. Poi si udì il rumore di un chiave che gira dentro una serratura e la porta d'ingresso si spalancò.
Una donna con un cappello a tesa larga ed un'impermeabile entrò come un ciclone e si tolse il cappello mostrando il volto.
Françoise dovette aggrapparsi a Joe per non accasciarsi al suolo. Joe era impietrito. Ivan rimase immobile in aria.
“No!!!!!” gridò la donna “Maledetto!! Criminale! Mostro! Il mio bambino, nostro figlio....lo hai usato come cavia per i tuoi luridi esperimenti”
Era la moglie del Dottor Gamo, la madre di Ivan.......ed il volto era quello di Koros.
“Zitta, stupida donna.....non capisci? Ne ho fatto un genio, un'essere superiore...”
“Sta' zitto, delinquente! Come puoi fare questo a tuo figlio! Io lo porto via e ti denuncio.....in galera devi finire, maledetto!”
La donna corse alla culla.
“Staccagli quei cavi dalla testa! Hai sentito?! Staccali!”
“Ascolta, ragiona!”
“Molto bene! Tornerò con la polizia!”
La donna si diresse alla porta.
Il Dottor Gamo la fissò, poi, all'improvviso, impugnò una barra metallica e le corse dietro gridando “No!”
Joe scattò in avanti per impedirgli di agire, ma attraversò il Dottor Gamo come uno spettro. Non poteva interferire.
La sbarra si abbattè sulla testa della donna con un'orribile rumore di ossa spezzate.
La madre di Ivan rimase sdraiata sul pavimento con il volto paralizzato in un'espressione di terrore, mentre una chiazza di sangue prese ad estendersi sotto la sua nuca.
Due uomini in nero entrarono aprendo la porta con una chiave universale.
“Il Dottor Gamo?”
“S-sì....c-chi siete” rispose lui tremando.
“Siamo la sua salvezza, dottore......lo Spettro Nero ha bisogno di lei, e lei di noi, adesso che è diventato un'assassino. Preferisce il carcere o lavorare per chi la pagherà bene e le eviterà fastidi? Di questo cadavere ci occuperemo noi......era sua moglie?”
“S-sì....la era”
“Beh, che ne direbbe di replicarla......con qualche modifica? In fond ha già fatto qualcosa del genere con suo figlio”
Il volto laido del Dottor Gamo annuì frenetico.
“Sì! Sì! Verrò con voi!”
La scena si dissolse.
Françoise corse a prendere in braccio Ivan.
“Ivan, piccino, Ivan....”
La voce del piccolo si formò direttamnte nella sua mente.
“Françoise.......ho visto il volto di mia madre, finalmente...l'avevo sempre desiderato......era necessario perchè capissimo......e poi, sei tu la mia seconda mamma”
Françoise lo strinse a sé delicatamente e prese a cullarlo.
“Piangi se vuoi, piccino......io lo farò insieme a te”
Joe attese fino a quando gli riuscì di rimettersi dall'emozione, poi si avvicinò.
“Françoise......congediamoci dai monaci e....001, ce la fai a teletrasportarci alla centrale di polizia?”
“Posso farlo, 009”
Beauty e Reika guardarono la porta dell'ufficio di Koros.
“Aspettami qui, Reika”
“Ok”
Reika si avvicinò alla macchinetta del caffè e se ne servì una tazzina, che prese a sorseggiare distrattamente. In realtà era fin troppo attenta. La trasmittente nascosta nel suo orecchino le permetteva di ascoltare ogni conversazione di Beauty, ed era collegata a quella di Jet, che si trovava su un vicino caseggiato.
Entrambi erano pronti ad intervenire nel caso la loro mossa avesse avuto conseguenze imprevedibili.
Jet aveva imprecato contro la necessità di scoprirsi in quel modo, ma il tempo stringeva e non avevano prove.....e stavolta era persino difficile capire chi o cosa fosse il nemico esattamente.
La segretaria di Koros annunciò Beauty, che aprì da sola la porta dell'ufficio e se la richiuse alle spalle.
Koros alzò lo sguardo e la salutò con la sua consueta classe.
Beauty le parlò in maniera leziosa.
“Carissima Koros, oggi è davvero stupenda”
“Anche lei, Miss tachibana. Cosa posso fare per lei?”
“Beh, ci sarebbe un piccolo favore che può farmi......vorrei visitare il cantiere”
“Quello della nuova ala in costruzione?”
“Sì, quello! Se non vado errato, mio padre contribuisce. Volevo dare un'occhiata per avere qualcosa da riferire”
Koros parve leggermente a disagio.
“Beh, quando vorrebbe effettuare la sua visita al cantiere, signorina Tachibana?”
“Oggi pomeriggio alle quindici andrebbe bene. Mi piacerebbe iniziare dalla sala di controllo.”
Koros la fissò.
Lo stesso orario e luogo in cui il Comandante Lisa avrebbe dovuto catturare Banjo e sua sorella. Come diavola faceva quella tettona senza cervello.
“Ha scelto un luogo ed un'orario davvero interessanti, signorina Tachibana e........mi dica, li ha scelti per caso?”
“Sì, certo!”
“Conosce mica un certo Professor Gilmoure, miss Tachibana?”
Beauty la fisso senza paura.
Koros ne rimase sorpresa.
“E lei un certo Dottor Haran? Ho sentito dire che siete in ottimi rapporti”
Jet, che era in ascolto su un tetto poco distante, sorrise.
“Ci sai fare, ragazza!” disse fra sé e sé.
Koros non fece più nulla per dissimulare la sua avversione.
“Credo abbia fatto una mossa molto stupida, signorina Tachibana!”
“Perchè mi guarda così male? Non mi giudichi stupida solo per la misura del reggiseno. Tenga conto del fatto che, se dovesse sposare mio padre, salvo il caso in cui sia già occupata, lei diverrebbe per me una sorta di mamma.....spero che la cosa non la metta in imbarazzo....ed ora mi dica.....perchè oggi alle quindici non va bene?”
“Credo che lei lo sappia già, signorina Tachibana”
“Beh, credo che, con il suo permesso o meno, ci andrò lo stesso”
“Non credo”
Beauty andò alla porta e fece per aprire, ma la trovò bloccata.
Si voltò verso Koros, che con la mano sinistra aveva schiacciato un pulsante sulla scrivania bloccando i battenti. Nella mano destra teneva una pistola automatica.
“Siediti e non fiatare, se ci tieni alla vita. Sarai una meganoide perfetta”
“Mi sta puntando contro una pistola?” disse Beauty, in modo che Reika e Jet udissero.
“Sì, ed è carica. Puoi servirci anche da morta, quindi non esiterei a spararti. E così facevi apposta la tardona, eh?”
Beauty si sedette.
Entrambe udirono il sibilo di un'aviogetto.
Subito dopo la finestra esplose.
Jet entrò in volo nella stanza proprio nello stesso istante in cui la microcarica di Reika fece spalancare i battenti della porta.
Koros si voltò verso Jet. Beauty le tirò in faccia la borsetta e si gettò a terra.
Il laser di Jet la disarmò e Reika entrò di corsa spianando la sua arma.
Koros si toccò la fibbia della cintura.
Un'apertura nel pavimento la inghiottì e si richiuse.
Jet corse da Beauty.
“Stai bene?”
“Sì, Jet. E adesso?”
“E adesso fuggiamo da qui!”
Jet vide che, nell'anticamera, Reika aveva tramortito la segretaria.
“Se non ci volevano lì è chiaro che il cantiere è una trappola” disse Reika.
“Già........dobbiamo andare dal Professor Gilmoure. Aggrappatevi ame, vi porto fuori di qui”
Beauty abbracciò Jet frontalmente, Reika di spalle, e Jet le trasportò sul tetto del palazzo di fronte.
“Ok, state giù, adesso inizieranno a cercarci nell'edificio”
“Non abbiamo più la nostra copertura, ma non l'hanno più neppure loro, ed hanno tentato di sequestrare Beauty”
“Se hanno agito così, è perchè la loro copertura non serve più” disse Beauty.
“Ok, avvertiamo il Professore ed il Colonnello Garrison. Seguitemi, dobbiamo andare alla centrale di Polizia”
Il Professor Gilmoure guardò il volto addormentato di Kristen Doyle. Robuste cinghie assicuravano al letto il corpo della ragazzina. Al Professore spiaceva vederla immobilizzata su quel letto di contenzione, ma era necessario.
Osservò i tabulati dell'elettroencefalogramma. Non c'era traccia degli impulsi cerebrali quantizzati che caratterizzano i cervelli dei cyborg. Lo spettro dei segnali emessi da un cervello ibrido include i segnali binari inviati alle parti cibernetiche del corpo, ed è caratterizzato anche da alterazioni mirate all'emissione degli enzimi neurotrasmettitori differenti rispetto a quelle naturali. Quello della Doyle era alterato solo nelle lunghezze d'onda dei segnali. Normalmente, ad intervalli connessi alle varie fasi del sonno e della veglia, il cervello umano varia le lunghezze d'onda dei suoi segnali. Il cervello della Doyle emetteva solo onde di classe Beta, ossia segnali ad elevata frequenza, anche in stato di incoscienza e tutto questo senza alterazioni dei neurotrasmettitori e senza traccia di sostanze stupefacenti.......a meno che......
Il Professore si passò una mano sul mento e si spinse mentalmente fino ai limiti delle sue conoscenze, in quel territorio di confine nel quale le idee pazzesche possono diventare grandi scoperte. La vera fonte di quei segnali non era il cervello di Kristen Doyle. Il Professor Gilmoure non avrebbe saputo spiegare perchè gli era venuta quell'idea. Vide confusamente nella sua memoria la copertina di una vecchia rivista di scienza e si sforzò di focalizzarla. C'era un nesso, il suo istinto di ricercatore gli disse che in un vecchio articolo c'era una spiegazione........qualche collega aveva già trattato l'argomento, anche se l'ipotesi era stata lasciata cadere. Si ricordò di un piccolo automa, simile ad un'insetto, sofisticatissimo, era un disegno ipotetico, e ricordò l'immagine di un'organismo umano.....era un scienziato russo....D'Mitri......D'Mitri Kolayev, aveva parlato di robot, di interazione simbiotica..........ecco! Di nanomacchine!
Il Professore si impose la calma.
Prima di fare qualsiasi dichiarazione doveva essere sicuro.
Ora sapeva cosa cercare.
Koros era inginocchiata di fronte a Don Zaucker.
La cariatide emise due sibili mentre il cervello divenne incandescente, illuminandosi.
“Sì, ora sanno di noi”
Altri due sibili sfrigolanti, più intensi. L'alone di luce illuminò la vasta sala metallica e le sue strane suppellettili.
“Sì, Don Zaucker, i comandanti sono pronti....non avranno il tempo di organizzarsi........Daytarn 3 sarà nostro”
Ancora una volta il cervello si fece incandescente.
Koros sudò freddo.
“Il Dottor Haran.......sì, lo farò!”
Tre sfrigolii in sequenza, tre bagliori rapidi.
“Kristen Doyle è stata catturata. Abbiamo tentato di eliminarla dopo la sua fuga dal laboratorio sperimentale, ma la polizia è riuscita ad impedirlo. Non potrà rivelare nulla e, se anche dovessero scoprire le nanomacchine nel suo corpo, ciò accrescerebbe la loro confusione”
Un'ultimo segnale sonoro di Don Zaucker.
“Sì, abbiamo sparso le nanomacchine inventate da te, mio signore, negli acquedotti della città. Centinaia di persone si trasformeranno in automi che porteranno caos e distruzione ovunque. Li controlleremo inviando segnali attraverso i ripetitori della rete delle telecomunicazioni”
Don Zaucker tacque.
Koros si alzò e si allontanò.
“Maledetto bastardo!” pensò fra sé e sé “Io e Sozo siamo gli artefici di tutto, anche di te........io....lo amo......io...noi due siamo il vero Fantasma Nero!”
Joe, Françoise ed Ivan si materializzarono dal nulla in un corridoio della Centrale di Polizia, di fronte all'esterrefatto Ispettore Lombardo.
“Ispettore, dov'è il Professor Gilmoure?”
“Ma come......”
“Teletrasporto” spiegò Joe “E' 001!”
“Ah! Il Professore è in laboratorio...”
“Mi ci faccia parlare, venga anche lei e metta tutti in allarme, presto”
“Ok, poi spiegherai!”
“Certo!”
Joe spalancò la porta del laboratorio.
“Professore, ascolti! Gandaru ci ha parlato! Sa chi è la donna che è servita da modello per Koros? E' la moglie del Dottor Gamo!”
“Che cosa?!”
001 intervenne.
“E' la verità Professore. Siamo stati al tempio dedicato a Gandaru. Koros è parte del Progetto Meganoide. Era proprio la struttura stay-behind di cui sospettava il Colonnello Garrison”
Françoise intervenne a sua volta.
“La Neurobyte è il nuovo Fantasma Nero, Professore! Io e Joe abbiamo avuto le stesse visioni telepatiche di Ivan, e quella figura nera con il volto di teschio ed il cervello nella calotta trasparente........contiene la fusione delle tre intelligenze contro cui abbiamo già combattuto”
“Ormai ne ero certo” replicò il Professore “E temo che sia troppo tardi per agire. L'organismo della ragazza che avete arrestato è pieno di nanomacchine, microautomi di nuova concezione.......non ne ho le prove, ma.........credo siano capaci di assumere il totale controllo del sistema nervoso e di alterare la composizione dei tessuti umani metallificandoli.......se li hanno diffusi fra la popolazione, gli abitanti si trasformeranno in automi e loro li controlleranno con impulsi radio”
L'ispettore Lombardo intervenne.
“Comunicherò immediatamente alle autorità il pericolo. Che sia tardi o meno, attueremo il piano antisommossa e quello di evacuazione della colonia. Chiederemo appoggio alla Terra!”
“Professore, forse abbiamo una possibilità!”
La voce di Geronimo risuonò stentorea nel trasmettitore.
“Cosa intendi dire 005?”
“Che forse ho una traccia. Come sapete. ho conosciuto una ragazza che lavora nel complesso minerario e che è stata amica della Doyle. Mi ha parlato di un settore chiuso del complesso che, secondo lei, in realtà viene ancora utilizzato. Vale la pena di tentare! Loro ci hanno colto di sorpresa, e noi faremo altrettanto, con un po' di fortuna. Vi raggiungo subito. Porterò anche Mei Ling!”
“Il tuo contatto?” chiese il professore.
Geronimo esitò un'istante.
“Non soltanto.....”
Il professore capì.
“Mi dispiace che tu debba....”
“C'è troppo in gioco professore.....la porteremo con noi”
“Ok, raggiungici immediatamente, io allerto gli altri”
Piunma alzò su Mace uno sguardo imbarazzato.
“Mace, io.......perdonami”
“Che cosa c'è?”
“Mace, ci sono cose che non sai di me”
“Questo l'avevo intuito, ed immagino che per il mio bene tu debba lasciarmi, vero?”
“Sì, è così”
Lei gli centrò il viso con uno schiaffo.
Lui non vacillò.
Lei divenne improvvisamente calma.
“Non ti ho dato la mia verginità perchè non l'ho più da un pezzo, ma tu mi hai fatto innamorare quindi non fare il furbo..........dovevi scoparmi e basta, non toccarmi tutti i nervi scoperti......se davvero tu sapessi cosa sia meglio per me avresti dovuto divertirti e magari offrirti di pagarmi, così mi avresti fatto meno male, lo sai? Hai fatto innamorare Mace, ed ora divideremo tutto.....forza, parla!”
“Mace, io non sono del tutto umano”
“Che cosa?”
“Sono un cyborg”
Lei rimase di sasso.
“Perchè non me lo hai detto? Temevi che non sarei venuta a letto?”
“No. Volevo solo vivere un momento di felicità, mi sono lasciato trasportare”
“Beh, anche se in parte sei elettronico, la parte umana non è affatto male. Mi piaci anche così, bello!”
Mace lo baciò con una dolcezza che Piunma non si sarebbe mai aspettato, che mai ebbe da nessuno.
Mace gli sorrise.
“Avanti, cyborg......dimmi il resto, non è tutto qui il problema”
“Mace, ascolta, io sono qui in missione insieme ad una squadra. L'intera colonia corre un pericolo mortale e tu con essa. Parti, vattene subito!”
“Non vuoi dirmi altro, eh? Ascolta, anche io ho i miei segreti.....sono una ex guerrigliera, lo sai? Ho combattuto anche contro i trafficanti d'armi, ho perso tutta la mia famiglia e sono fuggita qui sperando di trovare pace ma la guerra mi ha inseguito fin qui.....ora ho te e devo lasciarti, e scappare ancora? Basta, non ne posso più”
“Mace, io non voglio che ti succeda nulla”
“Grazie! Dovrei salvarmi io sola mentre tutte le altre ragazze, qui, magari crepano solo perchè non te le sei ingroppate? Questa è la mia casa adesso, ed io la difenderò. Io resto con te!”
Piunma la guardò.
“Se dovessimo infiltrarci nella miniera.....”
“Ok, vi aiuterò”
Piunma la portò in strada.
Chang li attendeva in macchina.
Sfrecciarono verso la centrale.
“Lei chi è?” chiese il piccolo cinese, perplesso.
“Un'amica, non preoccuparti, ci aiuterà a penetrare nelle miniere”
“Sì” fece Mace “Sono un'amica molto intima”
“Anche Geronimo ha un contatto del genere”
“Già,!” esclamò Mace “Mei Ling!”
“Come la conosci?” chiese Chang.
“Siamo amiche, oltre che colleghe.......e ci siamo scelte entrambe l'uomo giusto”
004 si voltò verso Banjo.
“Adesso che facciamo?”
“Quello che non si aspettano!” replicò Banjo deciso.
“Ossia?”
“I Meganoidi staranno bloccando tutte le uscite perchè immagineranno che tenteremo di scappare, ma noi faremo il contrario, penetreremo nella loro base e la saboteremo”
Bretagna sorrise.
“Forse ha ragione lui, in fin dei conti non ha senso correre a dare l'allarme perchè di fatto eravamo già in allarme e non ci vedranno tornare. Siamo nella sede della Neurobyte, il loro quartier generale, e questo branco di esaltati si crede tanto superiore a tutto e tutti da pensare di poterci far entrare qui impunemente. Se vogliamo fare qualcosa di buono per noi e per tutti, dobbiamo sfruttare l'occasione di gettare questo posto nel caos.”
“Mi hai tolto le parole di bocca 007!” esclamò Banjo.
“Ed Aiza?” chiese 004.
Aiza guardò 004 negli occhi.
“Mia sorella mi vuole viva, sarò il vostro ostaggio”
004 rimase interdetto “Io non posso permettere.........”
“Aiza!” esclamò Banjo “Come puoi dire una cosa del genere?”
“Banjo” disse lei fissandolo “Io.....non voglio diventare uno di quei robot.....se ci prenderanno tu mi ucciderai”
Banjo la colpì con un schiaffo disperato “SMETTILA!”
Lei si scosse i capelli dal volto.
“Banjo, tu non vuoi perdermi......credi che io voglia perdere te? Se non possiamo scappare da qui, allora scenderemo all'inferno insieme e se ne usciremo io........farò un sacco di bambini con te!”
L'espressione di Banjo si addolcì, rendendo il suo volto bellissimo.
“E sia.......ok amici cyborg, siete con noi?”
“Scommettici pure la testa Haran Banjo” esclamò Bretagna.
“Ok, muoviamoci!” esclamo Heinrich “Avete qualche idea?”
“Sì” replicò Bretagna “ho in testa la pianta dell'edificio.....muoviamoci verso il centro e di lì scenderemo....sfruttando le trombe degli ascensori”
Mei Ling tremava.
Indicò a Geronimo la paratia.
Chang la fuse.
Françoise fissò le tenebre, poi si concentrò.
“Nulla, per ora”
Joe le rispose con un cenno di assenso.
Mace si avvicinò a Joe. Era armata e portava occhiali infrarossi, come tutti, tranne Françoise.
“Andiamo?” gli disse piano,
“Sì. Tu non sei obbligata”
“Io sto con il mio uomo”
Piunma le sorrise. Era felice ogni volta che lei lo chiamava “uomo”.
“Mei Ling?” le disse Joe.
“Io.....se Mace viene con voi anche io devo”
Geronimo la guardò.
“Sai usare un'arma?” le chiese.
“Le donne cinesi fanno addestramento militare”
“Ok, si va”
Françoise sussultò.
“Joe, ricevo Jet. 004, 007 ed Haran Banjo sono sfuggiti ad una trappola e si stanno dirigendo verso i sotterranei della Neurobyte.”
Joe riflettè per un'istante.
“Dobbiamo giocare il tutto per tutto. Ora è il nostro turno di coglierli di sorpresa. Attaccheremo le loro strutture segrete e faremo quanti più danni possibili. Nel frattempo, tramite i tuoi sensori, cercheremo di individuare i nostri amici.”
Percorsero il tunnel fino a quando non videro una rotaia. Un veicolo di tipo ferroviario, simile ad una vettura da ottovolante, era fermo sulla banchina.
Geronimo ebbe un'idea.
“009, ascolta. Questo mezzo serve per scendere nelle viscere del complesso. In fondo alla sua corsa, incontrerà un terminale come questo, sicuramente presidiato. Propongo di lanciare avanti a noi una seconda vettura contenente un grappolo di bombe a mano e farla esplodere, se incontreremo resistenza.”
Il gigantesco pellerossa indicò un'altra vettura su una breve corsia di parcheggio.
Joe fece un cenno di assenso.
Geronimo la sollevò a mani nude e la mise sulle rotaie, poi mise rapidamente fuori uso i freni e liberò le ruote motrici dal motore, facendone un'ariete.
Tutti presero posto sulla vettura.
A Piunma e Françoise erano occorsi pochi minuti per capire come usarla e per violarne i codici di sicurezza.
“Strano che non ci siano guardie.” disse Françoise.
“Non tanto” obiettò Chang “La segretezza diverrebbe inutile se il loro attacco fosse ormai iniziato, no?”
Le due vetture iniziarono a muoversi. I binari, ben presto, iniziarono a procedere in discesa.
Il topo uscì dal condotto tubolare e rimase immobile. Parve sciogliersi e trasformarsi in un globulo pulsante che assunse forma umanoide e si ingrandì condensandosi in Bretagna.
“Ok, questo condotto ci farà saltare diversi livelli e ci porterà fino ad un canale di scarico diretto ad un'impianto di riciclaggio. In quel labirinto di canali faticheranno a trovarci e, nel frattempo, ci avvicineremo alla loro base”
“Ok, ci sto!” esclamò Banjo.
“Io mi butto per primo” disse Albert “Tu, 007, occupati della signorina Aiza”
“Subito!” replicò Bretagna, trasformandosi in una sorta di gommone.
“Prego, salga a bordo!” disse alla titubante Aiza. Un sguardo di Banjo la convinse.
Albert saltò nel condotto, Banjo vi spinse Bretagna ed Aiza e poi saltò a sua volta.
Sdraiato sulla schiena, prese velocità mentre l'inclinazione aumentava, poi sentì una forza tremenda spostarlo lateralmente fino a continuare a farlo scivolare di schiena su quello che prima era il soffitto. Poi un'altra rotazione di 180 gradi. Ebbe la sensazione di salire, poi di scivolare su un tratto pianeggiante, poi di scendere di nuovo ma cambiando direzione e si rese conto che, nel buio e sottoposto com'era ai capricci della forza centrifuga, stava perdendo il suo senso dell'equilibrio e della direzione. I suoi compagni cyborg probabilmente non avevano questo problema, che per lui rappresentava un pericolo. Alla fine del condotto avrebbe dovuto affrontare l'impatto con l'acqua del canale. Doveva svuotare la sua mente. Rilassò tutti i suoi muscoli e lasciò che il suo corpo seguisse il moto assecondandolo. Si impose di pensare. La direzione.....quella non importava....ci avrebbe pensato il condotto ad indicargliela, poco importava che lui l'avesse presente o meno......alto e basso dipendono dalla gravità.......dalla direzione della caduta degli oggetti......le sue gambe erano in direzione della caduta e quindi il basso era sotto i suoi piedi.....la posizione della schiena non era importante....la schiena.....all'improvviso non fu più sottoposta ad alcuna pressione. Il condotto era finito. Banjo aprì gli occhi, con un secco movimento delle spalle fece avvitare il suo corpo e piantò i piedi a terra con le gambe divaricate.
Heinrich lo guardò sorridendo.
“Sicuro di non essere un cyborg?”
“Sì, ne sono sicuro.......anche il corpo umano ha le sue risorse”
Aiza lo abbracciò.
Il canale era fiocamente illuminato da deboli lampade elettriche. La sua acqua sudicia fluiva lentamente. Non c'erano topi, su Marte. Aiza ci pensò e si sentì sollevata. Le facevano una paura terribile. Persino la trasformazione di Bretagna l'aveva impaurita.
Stavolta Bretagna divenne un pipistrello e si allontanò nell'oscurità per trovare un percorso.
“Strano che non li abbiamo ancora addosso” disse Banjo
“Già, probabilmente la maggior parte di loro ha altro da fare in questo momento, il che mi fa pensare che ci abbiano preso con le braghe in mano” convenne Albert.
“A meno che noi, adesso, non riusciamo a fare altrettanto” osservò Banjo
“E' vero.....e, anche se non possiamo contattarli a causa dei loro maledetti apparecchi di disturbo credo che il resto della nostra squadra stia applicando la nostra stessa strategia, forse no tutto è perduto. Sicuramente la polizia sarà in pieno allarme. Si aspetteranno un'attacco.......forse non tutto è perduto”
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